Attualità
Iran: deciso aumento della produzione. Prezzi petrolio in calo?
L’Iran ha annunciato la scorsa settimana i piani per aumentare la produzione di petrolio dal suo giacimento petrolifero supergigante di South Azadegan ad almeno 320.000 barili al giorno (bpd) entro la metà del 2023, dagli attuali 140.000 bpd. Questa produzione dal sud Azadegan e gli aumenti collegati nel nord Azadegan e in altri importanti giacimenti che costituiscono il gruppo di giacimenti ricchi di petrolio nella regione del Karoun occidentale, consentiranno all’Iran di raggiungere il suo obiettivo di lunga data di 1 milione di barili al giorno da questa regione specifica entro il prossimo anno o poco più, secondo i recenti commenti dell’amministratore delegato della National Iranian Oil Company (NIOC), Mohsen Khojastehmehr.
Ovviamente il principale cliente di Teheran non è estraneo alla mossa: il ministro dell’energia ha incontrato di recente rappresentanti di alto livello della China National Petroleum Corporation (CNPC) per discutere lo stato di sviluppo dei giacimenti di West Karoun in generale e dei campi di Azadegan sud e nord in particolare. Queste aree sono parte dell’accordo venticinquennale di fornitura fra Iran e Cina, secondo il quale la Pechino si impegna ad acquistare tutto il petrolio e i prodotti derivati con uno sconto minimo del 12% sui prezzi internazionali più un altro 6-8% a compensazione del rischio di investimento. Dando una bella lezione all’Europa, che punta su contratti “Spot” Pechino si è così assicurata una fornitura stabile con uno sconto medio di 10,95 dollari al barile, a cui aggiungere poi tutti i costi assicurativi e di trasporti, dato che l’Iran garantisce con un servizio CIF gli stessi identici prezzi del FOB.
La Cina in realtà non ha investito tutto quello che avrebbe potuto in Iran: ad esempio lo sviluppo del grande giacimento del Sud Azadegan, essenziale negli obiettivi di produzione iraniani, è stato fortemente rallentato e la CNPC, la società di stato petrolifera cinese (quello che era per l’Italia l’ENI) non si è impegnata direttamente, ma ha inviato delle controllate ad agire sotto contratti limitati. Tutto questo per non irritare ulteriormente gli Stati Uniti, ancora avversari del governo iraniano sino a una conclusione degli accordi del JPCOA, l’accordo di pace sul nucleare. La cosa divertente è che questi giacimenti, ora in mano al governo cinese, avrebbero dovuto originariamente essere sviluppati dalla francese Total prima della conversione verde.
Se parte anche il giacimento di Sud Azadegan, insieme agli altri investimenti collegati, la produzione d’idrocarburi iraniani aumenterebbe dagli attuali 3,9 – 4 milioni di barili al giorno di altri 1,3 – 1,7 milioni di barili al giorno. questo incremento, senza un forte aumento della domanda, potrebbe portare a una riduzione del prezzo individuabile fra il 5% 10% nel 2022. Ad avvantaggiarsi sarebbe soprattutto la Cina.
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