Economia
Inflazione “effettiva” e inflazione “fittizia”
Sul termine “inflazione” c’è parecchia confusione e si mescola quella monetaria con quella reale. In molti fanno l’errore di non discernere le due cose.
Vi sono due forme di inflazione separate e distinte, che definisco una “effettiva” e l’altra “fittizia”.
Quella che chiamo inflazione “effettiva” è causata dall’aumento dei prezzi a causa di alta richiesta di determinati prodotti o di scarsa offerta degli stessi: tanto più una merce diviene marginalmente rara, tanto più il suo prezzo aumenterà. Ciò può accadere per i più disparati motivi (è appena avvenuto con l’olio extravergine d’oliva che a causa di una fastidiosissima mosca ha dimezzato la produzione, facendone di conseguenza raddoppiare il prezzo). A volte accade che queste due componenti si vadano ad abbinare creando una miscela esplosiva. L’esempio più classico ed eclatante è stato l’aumento smisurato del prezzo del petrolio negli anni ‘70 (1973 crisi del Kippur e nel 1979 rivoluzione Komeinista): in entrambi i casi vi fu alta richiesta abbinata a scarsa offerta e trattandosi di merce indispensabile (per i Paesi industrializzati soprattutto) abbiamo assistito ad una dinamica inflattiva reale, in molti casi a doppia cifra, in quasi tutto il globo. In tempi di guerra, data la scarsità di moltissimi prodotti indispensabili, facilmente reperibili prima (tendono tutti a divenire molto più che marginalmente rari), si ha un cospicuo aumento dei prezzi, tanto che i governi in conflitto, per regolare al meglio la situazione e al fine di evitare speculazioni, passano al razionamento coatto (infatti in quei tragici tempi il “mercato nero” è fiorente e viene punito in modo esemplare, non ultima la fucilazione) e si tende a consumare solo ciò che si produce in Patria. Esempio: l’autarchia imposta da Mussolini fu instaurata per evitare un’inflazione eccessiva (l’iper-inflazione di Weimar era appena avvenuta) e si rese necessaria principalmente a causa dell’allineamento alla parità aurea della Sterlina voluta da Churchill nel 1925: il debito pubblico italiano era in buona parte denominato nella divisa inglese e costrinse la Banca d’Italia a rivalutare a sua volta la Lira (vedi quota 90) facendo deflazione interna. In pratica, allo scopo di non appesantire ancor di più il già cospicuo debito estero, tutto ciò che veniva regolarmente importato, tra cui molti beni di largo consumo (caffè, cioccolato, tabacco, zucchero ecc), divenne quasi introvabile e costosissimo. In genere, ammazzando la domanda interna si ottiene una riduzione della inflazione “effettiva” (sino a quando non diventa deflazione come in gran parte di U€). I modi per uccidere la domanda sono molti e in €Z li stiamo sperimentando tutti, ma comunque, come ben sappiamo, la via più comoda resta l’aumento smisurato della tassazione diretta e indiretta.
Quella che definisco inflazione “fittizia” è di origine monetaria, ovvero quando si allarga la base monetaria vi è una “diluizione” della stessa, denominata, appunto, “inflazione monetaria”. Essa non porta necessariamente inflazione effettiva e i nostri grigi tempi sono pieni zeppi di esempi. L’ultimo allargamento della base monetaria USA (QE4 partito nel 2011) ha portato ad una diluizione del Dollaro pari a più di $1000 miliardi l’anno nei soli ultimi 3 anni, eppure all’orizzonte non si vede alcun pericolo di inflazione “effettiva”. Il Giappone, a partire dalla seconda metà del 2013, ha immesso circa $1500 miliardi nel sistema monetario proprio allo scopo di reflazionare una economia asfittica da 20 anni: il loro fine è riportare l’inflazione “effettiva” sopra al 2% ma sino a questo momento i segnali visti sono davvero esigui, tanto che il governo ha deciso di aumentare ancora il QE. Laddove dovesse davvero partire l’€uro-QE che dovrebbe far aumentare la base monetaria di almeno €500 miliardi e che porterà ad uno svalutazione della moneta comune contro tutte le maggiori valute, state pur certi che non produrrà alcun beneficio di inflazione “effettiva” rilevante.
In pratica, qualsiasi allargamento della base monetaria (QE) fatto acquistando titoli di Stato in scadenza non porta MAI inflazione “effettiva” ma solo inflazione “fittizia”.
Adesso qualche esempio di cattiva associazione tra svalutazione ed inflazione “fittizia” ed “effettiva”: la moneta comune ha perso un buon 20% dal suo picco massimo contro il dollaro e come stiamo ampiamente verificando di inflazione –sia fittizia che effettiva- neanche l’ombra, anzi si comincia a parlare apertamente di deflazione. Anche al dollaro accadde e in modo ancor più vistoso: la valuta statunitense, dal picco massimo contro l’€uro (0,87 dollari per un €uro) nei primi anni 2000 scese sino al suo minimo di qualche anno fa (1,57 $ per un €), con uno storno (o svalutazione) pari all’80% (metodo di calcolo incerto per certo): anche in quel caso non si è vista inflazione”effettiva” superiore al 3/3,5% annuo, neanche nel massimo boom USA (prima del crack dei sub-prime).
Vi è un solo modo per far salire l’inflazione “effettiva”: abbassare le tasse e soprattutto METTERE DENARO NELLE TASCHE DELLE FAMIGLIE e per far si che ciò possa accadere è ASSOLUTAMENTE NECESSARIO che il Popolo abbia un LAVORO BEN RETRIBUITO, i cui proventi verranno spesi in beni e servizi, nazionali ed esteri, rendendo marginalmente più rari tutti i prodotti e di conseguenza facendone salire i prezzi. Del resto è un dato di fatto: quando l’economia è florida i prezzi salgono per la semplice verità che vi è maggiore richiesta, costringendo l’offerta a divenire marginalmente più rara.
Non ci credete? Provate a vendere una casa al prezzo di 4/5 anni fa.
L’erronea regola a cui il liberomercato risponde – la legge di “Say” – ha reso tutti ciechi: non si può pensare che sia l’offerta a regolare la richiesta e ogni giorno lo stiamo vedendo e in modo sempre più marcato: in tutti i settori i prezzi scendono costantemente da almeno 3 anni e le aziende licenziano e falliscono e lo Stato non percepisce più tasse e contributi, anzi ne spende altri per la CGI e per gli ammortizzatori sociali, portando ad una salita costante e incontrastabile del debito pubblico: il rincorrersi di queste dinamiche porta ad un’unica meta: il fallimento personale, aziendale e infine statale.
Ora, evitando di bestemmiare se vi riesce, pensate ai 280 miliardi di debito pubblico in più che l’Italia ha accumulato in soli tre anni: se soltanto la metà di quel denaro fosse stato speso in consolidamento territoriale, investimenti strutturali e opere pubbliche, (considerando un moltiplicatore bassissimo di 3 e non di 15 come ci dicono dalla U€) avremmo avuto un aumento di PIL annuo almeno del +3% a botta e un’inflazione “effettiva” oltre il 4% che solo per la sua dinamica avrebbe portato il debito ad abbassarsi. E tutto ciò sarebbe accaduto anche in presenza di tangenti, mafia e malaffare (non che le tolleri ma, è stato,è, e sempre così sarà, almeno sino a quando ci saranno pezzi di Stato e di potere conniventi che non esercitano deliberatamente alcun controllo atto a limitare tutto ciò. La corruzione non potrà mai sparire definitivamente, altrimenti dovrebbe sparire l’uomo, ma può essere –e deve essere- fortemente limitata).
Ma a qualcuno, evidentemente, tutto ciò non garba.
Del resto è risaputo: una bassa inflazione (sia “effettiva” che “fittizia”) fa comodo solo a chi ha prestato denaro o/e a chi ha patrimoni immensi da difendere.
Siamo costretti a fare “PENITENZIAGITE” per risanare i buchi privati di banche ingorde che avrebbero dovuto fallire da molto tempo.
Gli Stati hanno lasciato che fossero questi noti istituti di beneficenza a regolare l’emissione della moneta, CREATA dal nulla tramite il prestito ad interesse ed ora noi ne paghiamo l’enorme scotto.
Roberto Nardella.
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