Attualità
IN GRECIA ORMAI SIAMO A SANGUE E MERDA! (di Paolo Becchi e A.M. Rinaldi)
Tsipras evidentemente, ritornando da Bruxelles, già percorrendo la strada che dall’aeroporto di Atene lo conduceva dritto dritto al Parlamento per riferire sulle ultime “proposte dei creditori”, si deve essere accorto che la situazione in cui versa il suo Paese e i suoi cittadini è al limite della sopportazione, sbottando in un liberatorio “Proposte assurde, ritiratele”.
Non deve essersene ancora accorto invece Martin Schultz, visto che non ha tardato, in pieno stile da bibliotecario ritrovatosi a fare il Presidente del Parlamento Europeo, nello sbraitare “mi sono rotto le scatole”, infastidito dalla marcia indietro del Premier ellenico dopo solo poche ore da sorrisi e strette di mano accomodanti, dimenticando però, che se qualcuno si è veramente “rotto le scatole” di questa situazione, siamo proprio noi cittadini europei che non ne possiamo più di questo andazzo.
Infatti le 5 cartelle che Tsipras ha riportato nella sua borsa con le proposte dei creditori da elencare al Parlamento del suo Paese, contengono richieste che neanche un ultimatum contemplerebbe o che neppure una resa “alla Versailles” si sarebbe mai sognata d’imporre.
D’altronde cosa ci potevamo aspettare dalla governance europea visto che negli ultimi 5 anni ha fatto a gara nel proporre ricette fallimentari alla Grecia e non solo alla Grecia? Se la Troika è esclusivamente programmata per far rispettare il modello economico imposto in Europa dalla Germania per tentare di rendere sostenibile l’euro, è evidente che non può rendersi conto dei danni che sta dispensando in quasi tutti i Paesi che hanno adottato la moneta unica.
Quindi chi se ne frega di Atene! Anche Giavazzi, dall’alto del Corriere della Sera di venerdì 5 giugno scorso, si lamentava del fatto che si stia parlando un po’ troppo di Grecia e poco importa se fino ad ora tutti gli sforzi profusi dalla Troika siano stati indirizzati nel trasferire il rischio “Grecia“a carico del sistema bancario e finanziario europeo sui governi nazionali dei paesi eurodotati grazie ai Fondi Salva Stati e ai finanziamenti diretti degli Stati membri. L’importante è non far rimanere con il cerino in mano gli amici degli amici e poi se alla fine il conto lo pagano i cittadini e le imprese europee e naturalmente la Grecia, per mezzo della fiscalità e per i tagli alla spesa, è un dettaglio che a Bruxelles poco interessa!
In termini militari si tratta solo di “danni collaterali”. L’ unico fine di Bruxelles è quello di tutelare gli interessi dei creditori e quindi non può comprendere come le regole prescritte non siano idonee per garantire ricette di progresso e di miglioramento delle condizioni di vita di Eurolandia. Le sue azioni sono in effetti paragonabili alle devastazioni che solo una guerra può produrre, ma ciò nonostante continuano imperterriti nella loro missione: utilizzare la moneta comune come mezzo coercitivo di governo verso Paesi che hanno invece fondato la propria esistenza sulla rappresentanza democratica e cercano di difenderla con le unghie e con i denti.
L’Europa all’inizio ha cercato di coniugare insieme capitalismo e democrazia e così è nato lo Stato sociale di diritto. Attraverso l’euro si è invece imposto il modello unico del capitalismo finanziario. La lotta del popolo greco è in fondo una lotta per la democrazia contro questa forma selvaggia di capitalismo globalizzato.
Al Parlamento Europeo, alla BCE e al FMI, non passa per la mente che stanno usando violenza nei confronti di Stati come la Grecia, imponendo diktat che nell’interesse del proprio popolo non possono che essere rifiutati? Se il loro intento è quello di “blindare” l’irreversibilità dell’euro, stanno proprio ottenendo il contrario! E in più stanno alimentando l’odio tra i popoli europei.
Putin ha la linea diretta con Atene grazie alla fratellanza della Chiesa Cristiana Ortodossa e alla fine un abbraccio con il popolo greco, in ginocchio e umiliato come mai nella sua Storia plurimillenaria, potrebbe essere il naturale riscatto per un Paese abbandonato dall’Europa al suo destino.
Paolo Becchi e Antonio M. Rinaldi
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