Politica
IL SIGNIFICATO DELLE ELEZIONI
Le recenti elezioni locali sono state viste da molti come una sconfitta di Matteo Renzi, di cui sono state anche cercate le eventuali colpe, come sempre avviene in questi casi. Non tanto, si direbbe, perché tali colpe siano sicure, quanto perché bisogna comunque trovare qualcuno cui addossare la responsabilità.
L’accusato potrebbe difendersi dicendo d’essere innocente, ma sarebbe inutile: il meccanismo del capro espiatorio rifiuta di girare a vuoto. Dunque ci si può salvare girando la colpa a qualcun altro. Renzi ha pensato all’uso delle “primarie” nella scelta dei candidati, ed ha detto che avrebbe fatto meglio a mettere uomini suo, nei posti chiave. In altri termini, preferisce l’accusa di dittatore a quella di perdente. Poi ha anche detto che l’errore è stato il Renzi 2, e dunque lui dovrà tornare al Renzi 1: il riformatore, quello che travolge tutti, il Cid Campeador. A tutto ciò s’è accompagnata l’esultanza del centro-destra (“uniti si vince!”), l’entusiasmo dei Cinque Stelle per avere ottenuto un paio di sindaci a Vattelappesca e Chissadovestà, e il mare di commenti di chi vive di parole.
Fuffa. I meteorologi ci predicono il clima del giorno dopo studiando gli spostamenti delle masse d’aria: cicloni, anticicloni, fronti freddi e perturbazioni. Ma tutto considerato il risultato finale è sempre che c’è un’alternanza fra stagione fredda e stagione calda. Per l’eccellente ragione che il clima dipende in primo luogo dall’inclinazione dell’asse terrestre.
Analogamente la storia di un Paese è meno influenzata dagli uomini politici di quanto non si creda. Napoleone divenne “imperatore” di una Francia che era stata capace di ghigliottinare il suo re, ma rappresentò soltanto un intermezzo. La forza trainante del momento era talmente l’Illuminismo che, pure se le coalizioni sconfissero l’imperatore, poi a loro volta furono sconfitte dalle istituzioni create dalla Rivoluzione che finirono col prevalere dappertutto.
Il dato fondamentale dell’Italia contemporanea non è una grave crisi congiunturale; è una crisi strutturale, dovuta all’accumularsi degli effetti perversi dei suoi errori. Per mettervi rimedio, bisognerebbe cambiare “i fondamentali”, cose contro le quali Renzi o chi per lui non hanno nessun potere. E infatti vegetiamo aspettando da un lato il miracolo (operato da chi?) e temendo dall’altro il disastro.
L’Italia è una democrazia, e le elezioni si vincono in base al programma che si propone ai cittadini. E ancora oggi, per vincere bisogna proporre di commettere gli stessi errori di prima. I candidati ad esempio si sentono obbligati a promettere la creazione di posti di lavoro (e creazione significa che siamo nel campo del miracolo) o il rilancio dell’economia, quando si sa che è proprio l’intervento eccessivo dello Stato, con conseguente eccessivo prelievo fiscale, la principale palla al piede del Paese. Ma sarebbe eletto un candidato il quale proclamasse di non poter far nulla, al riguardo? O parlasse di tagliare sussidi e provvidenze?
Renzi, in questo campo, ha pesantemente esagerato la dose degli argomenti – rinnovamento, creazione di posti di lavoro, lotta alla corruzione, e riforme, riforme, riforme – usati da tutti per vincere le elezioni. Come se gli altri, per incapacità, avessero promesso senza mantenere, mentre lui avrebbe mantenuto. Insomma, avrebbe raddrizzato l’asse terrestre. Gli italiani, tanto arrabbiati da votare per il M5S e tanto bisognosi d’un miracolo da credere al primo venuto, gli hanno concesso fiducia. Come qualcuno che, andato da un guaritore che promette “una probabile guarigione”, pensa che, se intanto otterrà di non avere mal di schiena per una settimana, avrà ancora speso bene i suoi soldi.
Renzi ha battuto anche il guaritore. La sua guarigione non era probabile, era certa. E non chissà quando, subito. Una epocale riforma strutturale al mese, nei successivi quattro mesi, nientemeno. Le persone di buon senso si sono rassegnate: “È uno sbruffone”. Ma la grande massa ha lo stesso sperato nel sollievo dal mal di schiena.
Anche questa piccola apertura di credito da parte dei più benevoli non poteva non soffrire dell’erosione del tempo. Sono passati i mesi e l’insistenza sull’ottimismo, sulle promesse, sulle autocelebrazioni, si è scontrata con la dura realtà. La gente ha cominciato a non credergli più. La base del Pd ha continuato pervicacemente a credere che, se avesse applicato ricette “più di sinistra”, sarebbe andato meglio, dimostrando così da un lato di non aver capito niente, dall’altro d’essere insoddisfatta di Renzi. Se l’Italia avesse avuto un’imponente ripresa economica non ci sarebbe stato spazio per nessuna critica marxista e Renzi sarebbe stato sugli altari. Ma la ripresa non c’è stata e la popolazione che era sempre stata scettica, lo è stata ancora di più.
Non è Renzi che ha perso, è la realtà che ha vinto. Si perde sempre, prima o poi, contro la realtà.
Soltanto se e quando ci convinceremo a cambiare modello economico-sociale, avremo veramente una speranza. Ma attualmente non se ne parla. Aspettiamo ancora che qualcuno o qualcosa – lo Spirito Santo, lo Stellone, un deus ex machina – vengano a salvarci. Noi – aspettando – la nostra parte l’abbiamo fatta.
Gianni Pardo, [email protected]
18 giugno 2015
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