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Il senso di colpa italiano alimentato dal disfattismo EURISTA ( di Davide Mura)

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In questi giorni di confronto serrato tra la Commissione Europea e il Governo Italiano, in ordine al deficit previsionale e dunque alla manovra “del popolo”, è emersa inequivocabile la dimensione del pasticcio in cui ci siamo cacciati. Abbiamo svenduto la nostra sovranità a un’entità burocratica delegittimata politicamente che ci impone – secondo interessi che non sono gli interessi italiani – austerità e deflazione, i quali incidono negativamente sulla nostra economia e sul nostro benessere sociale. Abbiamo, dunque, cacciato in un angolo la nostra Costituzione e l’abbiamo immolata agli interessi stranieri. Quali si possono immaginare.

 

Ma se questo è il quadro drammatico – un paese che non può nemmeno decidere se dare più soldi ai pensionati o fare una manovra espansiva per dare ossigeno all’economia nazionale (soprattutto ora che siamo in recessione) – è anche vero che questo quadro è sostenuto ed è alimentato da un disfattismo interno che tifa austerità e tifa tecnocrazia, negando anche il più basilare sentimento patriottico e democratico che dovrebbe alimentare il cuore di ogni italiano. Un polo mediatico e politico piuttosto influente che addita l’Italia come la “malata” d’Europa e alimenta negli italiani l’idea falsa che, se siamo in questo stato, con un’economia che non riparte e con la disoccupazione che dilaga, la colpa è solo nostra e non invece di un meccanismo – quello europeo – profondamente sbagliato, iniquo e opprimente che viola tutte le più basilari regole della macroeconomia.

 

E del resto, se qualche autore ha definito questo sistema una Matrix, una ragione c’è. La propaganda martellante ordoliberista, iniziata quasi quarant’anni fa, ha portato lentamente i suoi frutti nella forma mentis delle persone, delle generazioni che si sono succedute in questo lasso di tempo, instillando l’idea balzana e drammaticamente velenosa che siamo noi il problema. Un po’ come capita con il marito che maltratta la moglie, asserendo che lo fa per il suo bene perché non è una buona moglie, là dove la moglie, vessata e avvilita, crede davvero che il marito lo faccia per questa ragione e non perché intende semplicemente dominarla. Lo so, è un paragone forse arduo, ma è un paragone che, nella logica profonda dell’agire umano, rende perfettamente l’idea del “sequestro emozionale” lato sensu nel quale ci hanno imprigionato. Un senso di colpa irrazionale, talmente radicato, che persino le persone più argute e intelligenti oggi fanno fatica a distinguere tra le vere colpe europee e quelle italiane; tra il disfattismo interessato che mira a demolire e neutralizzare i meccanismi democratici costituzionali, sul presupposto che tutto ciò che proviene dal responso democratico sia male, inaffidabile e inadeguato, e l’analisi critica sui mali italiani, che seppure ci sono, non solo tali da giustificare l’abdicazione dai processi democratici, sul presupposto – fallace – che le presunte élite tecnocratiche illuminate, politicamente irresponsabili per i loro agire, sappiano meglio decidere il bene del popolo.

 

La verità è che dobbiamo uscire da questo senso di colpa profondo, ingiusto e ingiustificato. Dobbiamo superare l’idea che i “peccati” siano (solo) italiani. Per quanto le piaghe della corruzione e dell’evasione fiscale siano innegabili (ma è così per qualsiasi nazione del globo), non sono tali da giustificare la depressione dei processi democratici né le politiche di feroce austerità, di polizia fiscale e di denigrazione mediatica a cui il nostro paese viene quotidianamente sottomesso.

 

In un motto d’orgoglio patrio, dobbiamo riprenderci la sovranità nazionale e dobbiamo rimettere al centro dell’agire politico italiano, non l’iniquo, assurdo e pericoloso Fiscal Compact, né il Trattato di Maastricht, ma la Costituzione italiana, il cui obiettivo primario non è la tutela della rendita finanziaria attraverso la depressione salariale, ma è il perseguimento della massima occupazione e dunque la tutela della dignità della persona, nella sua dimensione economica e sociale. La lotta ai mali italiani deve partire da qui.


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