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Il PNRR? Inutile per le aziende italiane. Parola di Istat

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L’Italia sta uscendo dalla crisi causata dal Covid, ma tutto il baraccone proposto e messo in atto dal PNRR,  sembra essere completamente ininfluente in questo processo di risveglio economico, al contrario di quanto dice la politica.

Questo è quello che emerge dal report Istat “Situazione e prospettive delle imprese dopo l’emergenza sanitaria Covid-19” che analizza la situazione delle aziende italiane confrontando la loro posizione alla fine del 2021 rispetto allo stesso periodo del 2020.

Prima di tutto le buone notizie: effettivamente le imprese italiane sono tornate attive, in modo completo, per la gran parte, a fine 2021.

Comunque ci sono 135.107 (1,2%) aziende che hanno chiuso fra 2020  e 2021, anche se il 90,9% è totalmente aperto e il 6,9% è parzialmente aperto. Un 1,1% è chiuso, ma prevede di riaprire.

Altre buone notizie vengono dal lato finanziario: il 49,8% delle aziende non ha avuto bisogno degli aiuti di carattere finanziario, mentre il 65,9% pensa di investire in capitale umano. Purtroppo un problema presente è quello del personale qualificato, sempre più raro, e risulta incredibile che in Italia non esistano dei veri programmi omogenei, efficaci e coerenti che si occupino di formazione professionale dei lavoratori per poterli reintrodurre nel mercato del lavoro. Si preferisce pagare il “Reddito di cittadinanza” piuttosto, e questa è una vera vergogna. Fra le  altre aree di investimento sono reputate  interessanti: il capitale fisico (macchinari..) vede investimenti da parte del  41,3% delle unità , in tecnologia e digitalizzazione il 42,3% (8,7% ad alta intensità), in ricerca e sviluppo il 31,9% (4,5% ad alta intensità), in internazionalizzazione il 16,1% (2,7% ad alta intensità).

Ed ora i lati negativi, almeno per l’opera del governo, del report: i capitoli ‘digitalizzazione’, ‘rivoluzione verde’ e ‘infrastrutture e mobilità sostenibili’, cuore delle politiche del PNRR, cioè dell’applicazione del Recovery Fund europeo, non sono considerate dalle imprese come elemento di traino dell’economia, che invece ritengono venga trainata dalla domanda interna. Cioè le aziende pensano che proprio l’elemento più negletto e punito dalle attuali politiche economiche europee e nazionali sia il punto centrale della crescita, mentre gli investimenti in digitalizzazione e tecnologia “Verde” vengono visti poco rilevanti.

Ovviamente questo non cambierà nulla delle politiche europee, che non sono scritte per il bene dell’economia europea italiana, ma per soddisfare alcune loby nordiche. Altrettanto ovviamente questo è un  grave errore che paghiamo, e pagheremo in modo salato.

 


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