Materie prime
Il Niger cambia rotta sull’Uranio: Mosca entra in scena, il Canada resta, Parigi è fuori. La strategia della Giunta per l’export
Il Niger rilancia l’uranio: via Orano, dentro i russi di Rosatom. Ma il Canada di Global Atomic resta in partita con il supporto della Giunta. Ecco i nuovi piani per l’export al 2028.

Chi pensava che il colpo di stato del luglio 2023 avrebbe isolato ermeticamente il Niger dai mercati internazionali delle materie prime, dovrà ricredersi. La giunta militare, lungi dall’arroccarsi in un’autarchia improduttiva, sta ridisegnando la mappa delle proprie alleanze strategiche con un obiettivo chiaro: massimizzare l’export di uranio, ma alle proprie condizioni. Se la Francia di Orano è stata accompagnata alla porta, nuovi e vecchi attori si fanno avanti per garantire che il prezioso minerale continui a fluire, e Niamey sembra avere le idee molto chiare su come gestire la partita.
L’abbraccio con Mosca: tecnologia e sovranità
La notizia più rilevante arriva dal fronte orientale. La Timersoi National Uranium Company (TNUC), la compagnia statale creata dal Consiglio dei Ministri nigerino solo nel settembre 2024 per gestire le risorse nazionali, ha firmato il 9 dicembre un memorandum di cooperazione con la russa Uranium One Group, braccio del colosso Rosatom.1
Non si tratta di una semplice stretta di mano protocollare, ma di un piano industriale volto a:
- Ottenere i permessi necessari per nuove esplorazioni;
- Condurre indagini geologiche su depositi prospettici;
- Avviare nuove operazioni di estrazione mineraria.
Il Segretario Generale della TNUC, Issoufou Tsalhatou, non ha usato mezzi termini: il Niger ha “piani su larga scala” e cerca partner con “esperienza di riferimento”. La Russia, dal canto suo, porta in dote tecnologie avanzate e un approccio che Niamey definisce basato su “principi di sicurezza” e sviluppo sostenibile. È la realpolitik delle risorse: via l’influenza post-coloniale francese, dentro il know-how statale russo.
Il Canada “pragmatico” che piace alla Giunta
Tuttavia, sarebbe un errore pensare che il Niger abbia chiuso totalmente le porte all’Occidente. La discriminante non è geografica, ma politica ed economica. Mentre i permessi della francese Orano (miniera di Imouraren) e della canadese GoviEx (Madaouela) sono stati revocati, un’altra compagnia canadese, la Global Atomic Corporation, continua a operare a pieno regime sul deposito di alto grado di Dasa.
Perché questa differenza? Sembra che Global Atomic abbia adottato quella che il suo CEO, Stephen Roman, definisce una filosofia “win-win”. Durante una recente visita a Niamey, il management dell’azienda è stato ricevuto con tutti gli onori dal Primo Ministro Ali Lamine Zeine e dal Ministro delle Miniere Ousmane Abarchi.2 Il governo detiene il 20% della SOMIDA (la società operativa di Dasa) e ha confermato l’intenzione di restare partner per tutta la vita della miniera.
Ecco un quadro riassuntivo della situazione attuale delle compagnie straniere in Niger:
| Compagnia | Paese | Sito | Status |
| Orano | Francia | Imouraren | Permessi revocati |
| GoviEx | Canada | Madaouela | Permessi revocati |
| Global Atomic | Canada | Dasa | Operativa e supportata dal governo |
| Uranium One | Russia | Nuovi siti | Nuovo accordo di cooperazione |
Finanzamenti USA e ritardi logistici
Il pragmatismo della giunta si riflette anche nella burocrazia: il Primo Ministro Zeine ha dato mandato di snellire le approvazioni normative per facilitare la logistica di Global Atomic. L’azienda sta negoziando finanziamenti con una banca di sviluppo degli Stati Uniti e, ironia della sorte, l’attenzione di Washington per i “minerali critici” potrebbe accelerare l’approvazione del prestito, nonostante il contesto politico.
Non mancano però gli intoppi tecnici. Sebbene la cerimonia del “primo scoppio” a Dasa risalga al novembre 2022, le sfide logistiche e finanziarie hanno spostato le previsioni. La messa in servizio è stimata per la seconda metà del 2027, ma le prime spedizioni effettive di uranio potrebbero slittare al 2028.
Il Niger, dunque, non smette di esportare. Semplicemente, cambia i destinatari e i gestori, cercando di trattenere una quota maggiore di valore aggiunto e sovranità. Una lezione di politica industriale che, piaccia o no, sta ridisegnando gli equilibri energetici del Sahel.
Domande e risposte
Perché il Niger ha stretto un accordo con la Russia per l’uranio?
Il Niger cerca di diversificare i propri partner strategici allontanandosi dall’influenza storica francese. La creazione della compagnia statale TNUC e l’accordo con Rosatom (Uranium One) rispondono alla necessità di sviluppare nuove miniere con partner che offrano tecnologie avanzate e che non pongano condizionalità politiche sgradite alla giunta. Mosca garantisce competenze tecniche e un supporto geopolitico che rafforza la posizione del governo militare, permettendo al Paese di sfruttare le proprie risorse con una maggiore percezione di sovranità nazionale.
Le aziende occidentali sono state completamente espulse dal Niger?
No, non tutte. Sebbene la giunta abbia revocato i permessi alla francese Orano e alla canadese GoviEx, mantiene ottimi rapporti con la Global Atomic Corporation (canadese). Questo dimostra un approccio pragmatico: il governo nigerino è disposto a collaborare con aziende occidentali che accettano le nuove “regole del gioco”, che includono una partecipazione statale attiva (il 20% in SOMIDA) e un approccio percepito come equo (“win-win”). Anche gli Stati Uniti potrebbero finanziare il progetto Dasa tramite una banca di sviluppo.
Quando inizierà il Niger a esportare uranio dai nuovi progetti?
Per quanto riguarda il progetto Dasa della Global Atomic, l’unico attualmente in fase avanzata di sviluppo tra i nuovi partner, le tempistiche si sono allungate. Sebbene la messa in servizio dell’impianto sia prevista per la seconda metà del 2027, le prime spedizioni commerciali di uranio (“yellowcake”) potrebbero slittare al 2028. Questo ritardo è dovuto principalmente ai tempi necessari per finalizzare i finanziamenti internazionali e alle sfide logistiche per il trasporto dei materiali all’interno del Paese.








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