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Il “Frankenstein” dei cieli: la Russia arma i droni Shahed-136 con missili aria-aria R-60. Nuova minaccia per l’aviazione ucraina?
La Russia schiera una nuova versione del drone kamikaze Shahed-136 armata con missili R-60. Una soluzione “Frankenstein” che punta a trasformare le prede in cacciatori, minacciando gli elicotteri e l’aviazione ucraina con vecchi stock sovietici a costo zero. Ecco l’analisi tecnica e le implicazioni strategiche

La guerra in Ucraina continua a essere un laboratorio di improvvisazione letale, dove tecnologie obsolete e soluzioni low-cost si fondono per creare nuove minacce asimmetriche. L’ultima novità, confermata da fonti visive sul campo, è l’evoluzione del famigerato drone kamikaze Shahed-136 (noto in Russia come Geran-2): non più solo una munizione circuitante per colpire infrastrutture a terra, ma un vettore armato di missili aria-aria per dare la caccia ai suoi stessi cacciatori.
L’evidenza sul campo
La notizia è emersa grazie alla Sternenko Community Foundation, una ONG ucraina attiva nel supporto alle forze armate, che ha diffuso un video di un’intercettazione aria-aria. Le immagini mostrano un drone Shahed-136 equipaggiato con un missile R-60 montato direttamente sul naso, agganciato a un pilone di lancio standard.
https://twitter.com/Archer83Able/status/1995491263055896613?s=20
A confermare l’analisi è intervenuto anche l’esperto ucraino di guerra elettronica Serhii “Flash” Beskrestnov, pubblicando su Telegram le immagini dei rottami di uno di questi droni abbattuti. Il commento è stato inequivocabile:
“Oggi, per la prima volta, è stato rilevato un missile aria-aria R-60 su uno Shahed. Questa combinazione è progettata per distruggere elicotteri e aerei tattici che danno la caccia agli Shahed”.
Analisi tecnica: un matrimonio di convenienza
Per comprendere la logica – e i limiti – di questa configurazione, bisogna guardare ai due componenti di questo strano ibrido:
Il missile R-60 (AA-8 Aphid): Si tratta di un progetto sovietico degli anni ’70. È un missile a ricerca di calore (infrarossi), molto compatto e leggero.
- Il drone Shahed-136: Una piattaforma lenta, rumorosa e poco manovrabile, lunga circa 3,5 metri.
Perché questa scelta? L’R-60 è uno dei missili aria-aria più leggeri al mondo (circa 43-44 kg), il che lo rende sopportabile per la cellula dello Shahed, che non è certo progettata per il “dogfight”. Tuttavia, l’R-60 è notevolmente più corto e meno capace rispetto ai successori come l’R-73 o agli occidentali AIM-9 Sidewinder.
Confronto dimensionale:
| Caratteristica | R-60 (Missile) | Shahed-136 (Drone) |
| Lunghezza | ~2,1 metri | ~3,5 metri |
| Peso | ~44 kg | ~200 kg |
| Guida | Infrarossi (Calore) | GPS/Inerziale (+ Man-in-the-loop) |
| Ruolo | Corto raggio aria-aria | Attacco suicida a lungo raggio |
Come funziona operativamente?
La domanda che sorge spontanea è: come può un drone “cieco” e lento lanciare un missile aria-aria? La risposta risiede quasi certamente nella modalità Man-in-the-Loop (MITL).
Dall’inizio del 2024, sono apparse versioni dello Shahed dotate di modem cellulari 4G e telecamere. Questo permette a un operatore umano di pilotare il drone in tempo reale, trasformandolo da semplice bomba GPS a ricognitore armato.
L’operatore guida il drone visivamente verso l’area di operazione.
Una volta individuato un elicottero o un aereo ucraino (spesso lenti intercettori a elica o elicotteri Mi-8/Mi-24), l’operatore deve puntare l’intero drone verso il bersaglio.
Il sensore del missile R-60, montato sul naso, acquisisce la traccia termica del nemico.
Avvenuto il lock-on (aggancio), il missile viene sganciato.
Quindi non è , di per se , il drone a lanciare, ma l’uomo, informato da sisitemi di comunicazione cellulare , della presenza del bersaglio. Nel seguente messaggio X un’immagine del modem 5G e della camera, do produzione cinese.
Another photo of the camera seen in the tweet below (right). It’s connected to a Chinese-made HX-50 mesh modem. Ukrainian outlet Defense Express reported that a recently downed Geran drone (left) was equipped with a similar setup.https://t.co/atTQuU1cjD https://t.co/5WSEZAbGA9 pic.twitter.com/GHro81F8Z9
— John Hardie (@JohnH105) September 11, 2025
L’obiettivo strategico: deterrenza, non supremazia
È improbabile che questa configurazione trasformi lo Shahed in un “killer di caccia”. Lo Shahed è goffo e l’R-60 ha capacità di ingaggio limitate, specialmente frontali o contro bersagli con contromisure moderne. Tuttavia, l’obiettivo russo potrebbe essere diverso: creare un dilemma tattico.
Attualmente, gli elicotteri e gli aerei ucraini abbattono gli Shahed con relativa impunità, trattandoli come bersagli passivi. Se ogni Shahed diventa una potenziale minaccia letale, i piloti ucraini dovranno:
Mantenere distanze di sicurezza maggiori.
Sprecare preziose contromisure (flare).
Ridurre l’efficacia delle pattuglie anti-drone.
Come ha notato il tenente colonnello Yurii Myronenko, viceministro della Difesa ucraino: “Non si tratta solo di ridurre i tempi di reazione per i difensori; si sta creando una serie di nuovi grattacapi”.
Precedenti storici e futuro industriale
Non è la prima volta che si tenta di armare droni lenti con missili aria-aria. Nel 2002, un drone MQ-1 Predator americano lanciò uno Stinger contro un MiG-25 iracheno (il drone ebbe la peggio, ma il messaggio fu recepito).
La Russia sta dimostrando una notevole capacità di adattamento industriale. La produzione locale dei Geran è a pieno regime e l’integrazione di vecchi stock di missili R-60 rappresenta una soluzione a costo marginale quasi zero per aggiungere valore a una piattaforma sacrificabile. Se questa tattica dovesse rivelarsi anche solo parzialmente efficace nel disturbare le difese aeree ucraine, potremmo vedere integrazioni più sofisticate in futuro, magari supportate da algoritmi di intelligenza artificiale per l’acquisizione autonoma dei bersagli.
In conclusione, siamo di fronte all’ennesima mutazione della guerra moderna: non vince chi ha l’arma più sofisticata, ma chi riesce a integrare in modo più astuto ed economico le risorse a disposizione.
Domande e risposte
Come fa il drone a mirare se non ha un radar?
Il sistema si basa probabilmente su una guida visiva da parte di un operatore umano (Man-in-the-loop). Il drone è dotato di una telecamera e di una connessione dati (spesso via rete cellulare). L’operatore manovra il drone per puntare il “naso” verso l’aereo nemico. Il missile R-60 ha un proprio sensore a infrarossi sulla punta: quando questo sensore “vede” il calore del motore nemico ed emette il segnale di aggancio, l’operatore comanda il lancio.4
Quanto è pericoloso questo sistema per gli aerei ucraini?
La minaccia è reale ma limitata. Lo Shahed è molto lento e poco manovrabile, rendendo difficile posizionarsi per un tiro efficace contro jet veloci. Tuttavia, rappresenta un serio pericolo per gli elicotteri o per gli aerei a elica usati per la caccia ai droni, che volano più lentamente. Il vero valore è la deterrenza: costringe i piloti ucraini alla cautela, riducendo la loro efficienza nell’intercettazione dei droni suicidi.
Da dove arrivano questi missili R-60?
L’R-60 (codice NATO AA-8 Aphid) è un missile sovietico entrato in servizio negli anni ‘70.5 La Russia possiede enormi scorte di questi ordigni, ormai considerati obsoleti per i moderni combattimenti tra caccia a reazione di quarta e quinta generazione. Utilizzarli sui droni è un modo intelligente, dal punto di vista economico, per riciclare vecchi armamenti che altrimenti rimarrebbero nei magazzini, trasformandoli in una nuova minaccia a basso costo.










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