Economia
I saldi finanziari settoriali, un modello alternativo al “New Consensus” utilizzato anche da Goldman Sachs: il deficit pubblico di bilancio – parte I.
Ogni crisi che si “rispetti” è accompagnata da una serie di opinioni, pareri e discussioni, più o meno informate/i, sulle sue cause e anche sulle soluzioni della, o per la, stessa. In questi anni, il modello che ci veniva proposto era quello del “New Consensus” che, molto brevemente – rifacendoci a tale modello come descritto nell’working paper n° 494 di Wynne Godley e Marc Lavoie relativo alle politiche fiscali nei diversi modelli coerenti di stock-flusso del Levy Economics Institute of Bard College – prevedeva la necessità, per una data economia, qualora il tasso di crescita reale della stessa fosse inferiore al tasso di interesse reale (al netto delle imposte), di contenere il saldo primario dello Stato in una posizione attiva, nel nostro caso per esempio, che potesse risultare in uno sforamento massimo del 3% nel rapporto deficit/PIL (al lordo quindi degli interessi) e di migliorare la bilancia commerciale, al fine di avere un miglioramento degli indicatori economici come per es. il rapporto debito/PIL, il tasso di disoccupazione, la ripresa della crescita, ecc. ecc.. Sembra abbastanza chiaro che le politiche di contenere il deficit dello Stato e di migliorare la bilancia commerciale – si parla di bilancia commerciale non di saldo delle partite correnti e nemmeno della bilancia dei pagamenti, limitiamoci al momento alla bilancia commerciale – non stiano, almeno nel breve, funzionando. Infatti il rapporto debito/PIL è salito a livelli inferiori solo a quelli precedenti il “ventennio”, dove, come si può vedere nel grafico sotto riportato, che descrive l’andamento del debito delle amministrazioni pubbliche dall’Unità fino a poco dopo il 2001, tra la fine della seconda guerra mondiale ed il 1920, ha raggiunto il suo massimo storico al 160%.
Grafico 1 – Debito delle amministrazioni pubbliche dall’Unità d’Italia al 2001
Ricordiamo che al 2008 (dati Trading Economics) il rapporto debito/PIL era al 103%, appena al di fuori di quella soglia definita “neutra” – riportata nel grafico sopra tra le due linee orizzontali tratteggiate rosse – compresa tra il 60% ed il 100%; mentre al 2013 il rapporto debito/PIL è incrementato del 30% in pochi anni. Per quanto riguarda le bilancia commerciale, il suo miglioramento non ha portato alcun vantaggio ed anzi, nel nostro caso, è il sintomo di una economia che non cresce. Infatti, le importazioni sono pro-cicliche al PIL, in un’economia che cresce si tende ad importare di più e questo ha ex sé l’effetto di peggiorare la bilancia commerciale. È palese che le esportazioni possono controbilanciare questo effetto ed al “netto” evitarlo, ma ciò non vuol dire che una economia che cresce non tenda ad importare di più. Inoltre, confrontando l’andamento della bilancia commerciale dal 2008 con la crescita del PIL, è facile notare, ancora, come nel grafico 2, in primis, che le importazioni (linea nera scala di sinistra) crescono al crescere del PIL (linea blu scala di destra) e diminuiscono al diminuire del PIL e che, pertanto, il miglioramento della bilancia commerciale è in gran parte dovuto ad una diminuzione delle importazioni, dovuto, a sua volta, ad una diminuzione della domanda interna, piuttosto che ad un aumento delle esportazioni dovuto ad un aumento della domanda estera o ad una ritrovata competitività.
Grafico 2 – Andamento delle importazioni (linea nera scala di sinistra) e del PIL (linea blu scala di destra) in Italia dal 2000
Grafico 3 – Andamento del surplus del settore privato (linea nera) del deficit del settore pubblico (linea grigia continua) e del settore estero (linea grigia punteggiata)
Facciamo notare fin da ora che il settore estero (Foreign), contrassegnato con un asterisco nel grafico, è, come da nota, l’inverso del saldo delle partite correnti. Tralasciamo per il momento questa “curiosità”, abbastanza importante, per riprenderla poi nella seconda parte dell’articolo.
Il punto cruciale è che l’andamento del settore privato (linea nera) è un’immagine allo specchio dell’andamento del settore pubblico (linea grigia), per cui, all’aumento del deficit governativo corrisponde una diminuzione di leveraggio del settore privato ed un aumento del suo surplus. Come si può vedere nel grafico, infatti, quando la linea grigia si avvicina allo zero (che per lo Stato corrisponde al pareggio di bilancio), cioè quando lo Stato riduce il suo deficit, anche la linea nera si avvicina allo zero; cioè il settore privato riduce il suo surplus e per mantenere i consumi al livello desiderato dovrà fare ricorso all’indebitamento e quindi al “leveraggio”. Ma non solo, vediamo come prosegue, il “top economist” di Goldman Sachs: “(…) every dollar of government deficits has to be offset with private sector surpluses purely from an accounting standpoint, because one sector’s income is another sector’s spending, so it all has to add up to zero. That’s the starting point. It’s a truism, basically. Where it goes from being a truism and an accounting identity to an economic relationship is once you recognize that cyclical impulses to the economy depend on desired changes in these sector’s financial balances” – “(…) ogni dollaro di deficit governativo deve essere compensato con un surplus del settore privato puramente da un punto di vista contabile, perché il reddito di un settore è la spesa di un altro settore, così la somma di tutto è zero. Questo è il punto di partenza. È fondamentalmente una verità palese. E passa dall’essere una verità palese ad una identità contabile di una relazione economica quando si riconosce che gli impulsi congiunturali all’economia dipendono dai cambiamenti desiderati nei saldi finanziari di questi settori”. Per fugare eventuali dubbi sul fatto che quanto sostenuto possa essere valido per gli Stati Uniti e non per l’Italia riportiamo un grafico che riguarda il saldi settoriali finanziari per l’Italia che è stato ripetutamente mostrato da Warren Mosler nelle sue conferenze italiane.
Grafico 4 – Andamento del saldo settoriale privato (linea blu) del saldo delle partite correnti (linea rossa) e del saldo del settore privato (linea verde)
Mentre il grafico 5 ci riporta l’andamento dei bilanci dei governi dell’eurozona (linea continua, grafico di sinistra) e l’andamento del bilancio del settore privato della stessa area (linea tratteggiata, grafico di sinistra).
Grafico 5 – Andamento del saldo settoriale dei governi dell’euro area (linea continua, grafico di sinistra) e del settore privato dell’euro area (linea tratteggiata, grafico di sinistra)
Come si può vedere, per l’Italia, l’andamento del saldo finanziario del settore privato (linea verde) sembra essere un’immagine allo specchio dell’andamento del saldo finanziario del settore pubblico (linea blu), per cui il fatto che il deficit pubblico risulti in un surplus privato, perché tutto quello che il settore pubblico spende lo spende nel privato, sembra “tenere” anche per l’Italia. Inoltre anche l’andamento del bilancio del settore privato dell’euro area (grafico 5) sembra essere “l’immagine allo specchio” dell’andamento dei bilanci governativi dell’eurozona stessa. Ovviamente, vista la differenza con il modello del New Consensus, che considera il deficit dello Stato come un pesante fardello che va ridotto, invece che un’entrata netta per il settore privato, anche le soluzioni alla crisi proposte sono, ovviamente, differenti e passano per un aumento della spesa pubblica – che aumenta le entrate per il settore privato – oppure per una sua ottimizzazione invece che per il suo taglio; e, piuttosto, se si vuole tagliare, si taglino le tasse, si anche a costo di aumentare il deficit e conseguentemente lo stock del debito. D’altra parte abbiamo visto che l’austerità non solo non ha funzionato perché non ha ridotto né lo stock di debito e nemmeno il rapporto debito PIL, ma anzi ha aumentato il tasso di disoccupazione e portato a sopportare costi sociali altissimi. Ancora, visto che si potrebbe obiettare che fidarsi di modelli utilizzati da Goldman Sachs potrebbe essere controproducente, si può facilmente rispondere che questo genere di modello, come già detto, si trova in testi di Istituti economici ed Università oltre che avere eminenti teorici e che, per certo, invece, i modelli e le soluzioni utilizzate fino ad ora, da vantati e decantati tecnici dell’economia, non hanno funzionato. Infine ci sia permessa un’ultima prova sulla bontà del modello. In questi anni abbiamo assistito ad un aumento abbastanza marcato dei rapporti debito/PIL di molti Stati come Italia, Spagna, Grecia, USA, ecc. ecc. – non fatevi ingannare, lo stock di debito è aumentato anche in Germania, nonostante il rapporto debito/PIL sia diminuito – che avrebbe dovuto portare proprio ad un aumento del surplus privato, ed invece abbiamo visto un settore privato in forte crisi; questo proverebbe la mancanza della corrispondenza tra il deficit pubblico ed il surplus privato. Non è così, infatti dalle notizie che si possono trovare in rete è facile sapere che le borse sia nel 2012 che nel 2013 hanno chiuso in positivo, che Goldman Sachs nel 2013 ha raddoppiato gli utili e che i profitti sono al massimo storico dal dopoguerra, sia negli USA che in Europa e che i soldi pubblici sono stati anche usati per “aggiustare” i conti privati. Quindi non è vero che non c’è stata corrispondenza tra deficit pubblico e surplus privato, ma questa è andata a solo vantaggio di una parte del settore privato, finanza e grandi multinazionali, aumentando le disuguaglianze all’interno del sistema stesso.
Luca Pezzotta di Economia Per I Cittadini
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