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I prezzi dei carburanti cresceranno nel medio-lungo, con buoni utili per le società che resteranno.

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Fino a non molto tempo fa vi era una previsione ribassista per le società che si occupano di raffinazione, come le americane Valero e Marathon, oltre a molte altre multinazionali impegnate su questo fronte. Però le cose posso cambiare, e anche piuttosto velocemente, e si può passare ad un potenziale rialzo per il valore delle azioni delle società del settore.

La natura sempre più prolungata del conflitto tra Russia e Ucraina e il continuo calo negli investimenti raffinerie a partire dal 2022 hanno probabilmente migliorato le prospettive fondamentali per i crack spread,  cioè per i margini di utile dei raffinatori. Per semplificare la questione, praticamente tutti i giganti della raffinazione stanno reagendo alla “transizione energetica verde” e all’instabilità del contesto geopolitico ed economico globale riducendo pesantemente gli investimenti a lungo termine, concentrandosi invece sui flussi di cassa negativi derivanti dai finanziamenti per migliorare la stabilità del capitale (riduzione del debito, dividendi e riacquisti).

L’anno scorso si pensava che la riduzione negli investimenti non sarebbe continuata. Invece itagli sono proseguiti, per cui è sempre più probabile che i prodotti combustibili raffinati subiscano una carenza ancora più significativa nei prossimi 1-5 anni (o più). Nell’immediato, la società potrebbe essere messa a dura prova da una recessione economica, soprattutto se combinata con un taglio dell’OPEC, che potrebbe far diminuire i prezzi della benzina e aumentare i costi del petrolio, danneggiando direttamente i fatturati delle società del settore. Tuttavia, in una prospettiva a più lungo termine, ritengo che oggi si stia formando una solida opportunità rialzista perché le raffinerie non ci aprono dalla sera alla mattina.

I raffinatori rinunciano alla raffinazione del petrolio

Praticamente tutte le società del settore raffinazione USA stanno ripensando la propria attività e stanno pensando di rallentare gli investimenti di capitale nel settore delle raffinerie, espandendo al contempo gli investimenti nelle energie rinnovabili.

Il livello complessivo delle spese in conto capitale è oggi basso, il che implica che l’azienda non cerca di espandere le operazioni di raffineria e persegue invece livelli minimi di spese in conto capitale “di mantenimento”. Sotto vedete gli investimenti CAPEX dei principali operatori di raffineria USA.


Come si può vedere, la situazione di Valero non è unica e si riflette da vicino nelle sue colleghe Phillips 66 (PSX) e Marathon (MPC). Tutte e tre le società hanno ridotto enormemente i livelli di spesa in conto capitale, spingendo la “liquidità da finanziamenti” a livelli significativamente negativi. Questi cambiamenti implicano un ampio spostamento verso la restituzione di valore agli azionisti invece di reinvestire gli utili in operazioni future.

La “liquidità da finanziamento” comprende gli aumenti di debito e di capitale (che sono positivi) e i dividendi, i riacquisti di azioni e di debito (che sono negativi). Il valore d’impresa di Valero è attualmente pari a circa 49 miliardi di dollari (di cui 41 miliardi di dollari di azioni ordinarie), mentre la liquidità da finanziamento nel periodo TTM è pari a -9,6 miliardi di dollari, il che significa che l’azienda ha essenzialmente pagato un “dividendo” del 20% su se stessa nell’ultimo anno. La maggior parte di questa cifra deriva da una riduzione di circa il 13% delle azioni e da una riduzione di circa 5 miliardi di dollari del debito netto (pari a un calo di circa il 50%) dal 2022, mentre il rendimento effettivo del dividendo non è particolarmente elevato, pari al 3,6%.

La combinazione di bassi investimenti e di un prezzo stabile o in  crescita per una domanda stabile e un’offerta in riduzione, sempre er i mancati investimenti, fa si che questo settore si possa trasformare in una potenziale “Cash cow” una mucca di utili da mungere fino a quando ci saranno, anche se, magari, per un periodo di tempo non eterno.

In teoria, il calo dell’offerta di benzina dovrebbe andare di pari passo con l’aumento delle energie rinnovabili. Tuttavia, la maggior parte delle ricerche suggerisce che la domanda di benzina resterà vicina ai livelli massimi fino a circa il 2037 e continuerà a crescere fino alla fine di questo decennio. Inoltre, questi modelli non indicano che la domanda di benzina scenderà al di sotto del livello di picco.

Secondo il CEO di Chevron (CVX), ciò significa che probabilmente non verranno mai create nuove raffinerie negli Stati Uniti, dato che nessuna è stata costruita dagli anni ’70 (il che significa che la maggior parte di quelle attuali sta invecchiando rapidamente). Di conseguenza, il picco della capacità di raffinazione degli Stati Uniti è stato probabilmente raggiunto nel 2020, con una tendenza che si riflette a livello mondiale. La diminuzione della capacità è stata soddisfatta con un utilizzo generalmente sostanziale della stessa; tuttavia, i “prodotti combustibili forniti” rimangono al di sotto dei livelli pre-COVID. Vedi sotto:


Dati di YCharts
Nel complesso, le prospettive per i livelli di produzione di prodotti raffinati negli Stati Uniti sono piuttosto negative. Nei prossimi anni, sembra probabile che gli Stati Uniti e la maggior parte dei Paesi vedano peggiorare la disponibilità di benzina e gasolio. Negli Stati Uniti, il calo della capacità è compensato da un elevato utilizzo; tuttavia, cambiamenti climatici o altre fluttuazioni potrebbero facilmente sconvolgere l’utilizzo e spingere la produzione disponibile molto più in basso.

Questo, come abbiamo scritto, non garantirà delle prospettive esplosive, ma dei ritorni tranquilli, senza grosse sorprese. Però biiosgnerà aspettare che passi almeno la prossima crisi, quella che non c’è, che secondo FED e BCE non ci sarà, ma che fa calare redditi e consumi. Speriamo che si esaurisca in 12-18 mesi per poi avere la tranquillità.

 

 


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