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I paesi dell’Estremo Oriente si stanno avvantaggiando per i prezzi del petrolio basso, l’Europa no…
La crisi del settore creditizio ha fatto peggiorare le previsioni di crescita economica, e ha rafforzato le aspettative di un rallentamento dell’economia, Questi timori sono serviti a far scendere i prezzi del petrolio nonostante ci si attendesse un loro aumento, e quando i prezzi del petrolio sono più bassi, le economie più povere ne beneficiano.
Il Wall Street Journal ha riportato questa settimana che mentre la Fed, la Banca Centrale Europea e la Banca d’Inghilterra sono ancora in modalità di rialzo dei tassi, le banche centrali del Sud-Est asiatico hanno interrotto la stretta monetaria o si stanno preparando a concluderla. Del resto paesi come il Giappone non hanno mai sostanzialmente cambiato la propria
Il rapporto cita come esempi l’India, la Malesia, l’Indonesia e le Filippine e sottolinea che negli ultimi tre mesi i prezzi del petrolio hanno perso circa il 10% e sono scesi di circa il 38% dal picco dell’anno scorso.
Il rapporto suggerisce che le economie del Sud-Est asiatico, essendo in gran parte isolate da qualsiasi potenziale ricaduta in caso di crisi bancaria in Occidente, probabilmente supereranno quelle sviluppate, anche se quelle più orientate all’esportazione potrebbero subire effetti negativi in caso di un maggiore rallentamento della crescita occidentale.
Le economie asiatiche in via di sviluppo, in altre parole, stanno per superare quelle sviluppate, perché hanno accesso a un petrolio più economico, in parte a causa delle sanzioni dell’Occidente contro la Russia e in parte a causa dei problemi bancari dello stesso Occidente.
In Occidente, intanto, i governi si stanno concentrando sulla riduzione della domanda di petrolio e di gas, pianificando massicci investimenti in energia eolica e solare. Questi progetti costeranno miliardi e anche la costruzione delle relative catene di approvvigionamento costerà miliardi, perché sia l’Europa che gli Stati Uniti partono più o meno da zero, dato che la Cina domina le attuali catene di approvvigionamento.
A proposito di Cina, la potenza asiatica è destinata a essere uno dei maggiori vincitori della situazione attuale. È il più grande importatore di petrolio al mondo e qualsiasi tendenza al ribasso dei prezzi è positiva per la Cina.
La Cina ha anche un obiettivo di crescita del 5% per quest’anno e, sebbene gli analisti lo abbiano definito deludente, lo è solo rispetto alla crescita cinese degli anni precedenti. Rispetto ai tassi di crescita previsti quest’anno nell’UE, ad esempio, l’obiettivo della Cina è enorme.
Al momento in cui scriviamo, il Brent è attualmente scambiato a meno di 78 dollari al barile. Il West Texas Intermediate è vicino ai 70 dollari al barile. Sebbene i timori di un crollo bancario sembrino essersi attenuati, ci vorrà ancora un po’ di tempo prima che ciò influisca sui prezzi.
A conferma di ciò, all’inizio della settimana John Kemp della Reuters ha riportato che gli hedge fund stanno scaricando i futures sul petrolio e altri contratti al ritmo più veloce degli ultimi sei anni in previsione di una contrazione del credito e di una conseguente recessione. Questo farebbe ulteriormente calare il prezzo del petrolio e quindi meglio liberarsi dei future relativi. I prezzi continueranno a calare sino a quando l’offerta non verrà a restringersi, facendo quindi rimbalzare le quotazioni dell’oro nero.
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