Finanza
I media italiani suggeriscono un QE per la Cina: fan finta di non capire che è la Cina a volere lo scoppio della bolla azionaria, loro se lo possono permettere…
Abbiamo letto ieri sul Sole 24 Ore una notizia che ha dell’incredibile: il capo redattore del Sole 24 Ore, R. Napoletano, suggerisce un QE per per Pechino*, immagino con lo scopo di arginare la caduta della borsa cinese. Mi sembra impossibile che tale persona – per il ruolo che ricopre – non abbia capito che è la Cina a volere lo scoppio della bolla azionaria, nel mezzo del grande risiko geopolitico che ruota attorno alla valuta di riserva globale, al dollaro ed alla guerra delle valute assieme al crollo delle commodity ed alla sfida alla Russia, tutti effetti correlati.
In breve, Pechino può permettersi di fare scoppiare la bolla – ed infatti non sta veramente intervenendo a supporto del mercato, solo piccole cose di facciata -, quasi un laissez faire alla Adam Smith se rapportato ai numerosi interventi automatici sulle borse USA per limitare le perdite [leggasi reiterati blocchi di mercato per 30′ etc; sembra ci sia stata anche una mail del capo di Apple al conduttore di Jim Cramer di CNBC per fargli sostenere il titolo durante il lunedì nero…**]: sarebbe quasi da dire che il capitalismo sta ad est e non ad ovest.
Possiamo comunque affermare che alla Cina la borsa interessa poco, molto poco, non ha bisogno di soldi e/o finanziamenti ma solo di mantenere la pace sociale e fino a quando non vedremo tumulti di piazza a Pechino e dintorni il problema semplicemente non esiste. Anzi, per il partito comunista cinese si potrebbero tranquillamente fermare gli scambi per qualche tempo, o stampare moneta per nazionalizzare le aziende quotate che si vuole sostenere magari anche comprandole, quale è il problema? Di carta ce n’è tanta…. Appunto, faccio carta e dunque svaluto [come successo] usando il paper money per comprare in borsa, alla fine diventa una nazionalizzazione occulta… Ed intanto faccio capire al mondo che svalutando lo yuan posso modulare a piacimento la mia domanda interna di beni importati – e la competitività delle mie merci all’estero -, soprattutto in un contesto di prezzi delle materie prime bassissimi. BOOM!
Magari voi dite: ma invece è il grande debito pubblico cinese (in yuan) il problema. In tale caso la ricetta è la stessa, Pechino svaluta la sua moneta – cosa che ad es. non può fare l’Italia nell’euro, ndr – e fa pagare agli investitori esteri il costo di detta svalutazione, se uno non ha bisogno di liquidità dove è il problema? Guardate bene le riserve cinesi in Treasury americani, enormi! Il problema certamente non sta in Cina, semmai in USA se si dovessero liquidare i bonds americani venduti per finanziare la crescita di Pechino, forse il prossimo aumento dei tassi americani non dipende da decisioni d’oltreoceano ma dalla necessità di giustificare la salita dei tassi derivante dalla vendita cinese dei tresuries… Una verità vista da un’altra angolazione.
Insomma, la China fa la moral suasion di chi ha il cash, non ha bisogno di soldi e non teme il crollo, alla fine quale è il problema se qualche milione di cinesi che investono nell’ottovolante delle azioni tornano a mangiare cipolle? Per gli USA il discorso è diverso ed il partito comunista cinese lo sa benissimo e dunque fa leva su questa debolezza: nessun moderno presidente USA si è salvato dallo scoppio di bolle azionarie, quando l’economia non gira alle successive presidenziali il partito al governo regolarmente perde, fatta salva l’unica eccezione di Roosevelt che sbagliò completamente a rialzare i tassi nel ’37 causando una forte recessione con aumento della disoccupazione ed annesso crollo di borsa solo perché fu attaccato a Pearl Harbour prima della fine del mandato (la soluzione della crisi del ’29 di fatto arrivò per gli States solo a seguito dello forzo bellico; in ogni caso ci si dimentica sempre di dire che c’erano stati enormi provocazioni USA al Giappone prima di Pearl Harbour, un attacco sperato verrebbe quasi da dire, ancora oggi gli storici si chiedono dove fosse il capo di stato maggiore USA, gen. Marshall, durante l’attacco – quello degli aiuti all’Europa post bellica per intendersi -). La lezione cinese s’imparerà a forza di bacchettate mi sa…
In ogni caso è in atto una vera sfida tra USA da una parte e Cina e Russia dall’altra, la difesa del QE da parte del capo redattore del Sole 24 Ore sembra rappresentare solo la supina accettazione della regola del capo anche e soprattutto quando sbaglia [il QE è stato inutile ed anzi dannoso a parte l’intervento post Lehman, per il resto ha solo contribuito solo ad ingrassare le banche e la super upper class globale, la nuova aristocrazia, a danno del resto della popolazione e soprattutto della classe media, ndr].
Se davvero si volesse risolvere il problema della volatilità globale dei mercati bisognerebbe fare qualcosa di molto diverso (vedasi il nostro precedente intervento***), ossia prima di tutto bisognerebbe probabilmente risolvere i vari conflitti bellici che l’amministrazione Obama ha fatto scoppiare ad arte in giro per il mondo a partire dall’Ucraina; dunque uno stop alla destabilizzazione della Russia esportatrice che passa per la guerra al ribasso delle materie prime, guerra gestita per quanto riguarda i metalli preziosi dalle bullion banks americane e per l’oil dal capocartello OPEC [Arabia Saudita, che continua a pompare nonostante l’eccesso di offerta globale probabilmente con il fine di sfinire le casse russe], riportando ad es. gli idrocarburi ad un livello di prezzo sostenibile sia dai produttori come la Russia che dai consumatori, diciamo attorno a 60/70 USD/bbl.
Potessi consigliarlo, per l’enorme stima ed rispetto che ho negli States (mi spiace vedere errori come questi da parte di un paese amico), gli direi di negoziare una sorta di armistizio geopolitico con la Cina – comunque vincente – al fine di permettere un’onorevole via di uscita agli USA dei suoi figli e nipoti [ed anche i miei] con sfere di influenza limitate al Sud America, all’Europa ed ai possedimenti ex Commonwealth in Asia, evitando l’ecatombe di qualche bomba termonucleare sganciata magari a livello dimostrativo (vedrete che purtroppo per la storia americana il nome dell’attuale presidente resterà indissolubilmente legato allo sfacelo statunitense attuale).
Il problema alla base è che la corrente amministrazione USA non ha saputo risolvere né i propri problemi economici né quelli del mondo occidentale che ancora fanno riferimento a Washington (memento, la prima a staccarsi andando con Mosca sarà la Germania, verificheremo fra qualche tempo, ndr), anzi ha giocato al raddoppio sfidando la Russia e quindi portandosi dietro anche la Cina come avversario purtroppo non pianificato. E questo ha determinato una perdita di fiducia nel dominus statunitense che sta vedendo morire l’impero del dollaro, ossia quella magia che ha permesso al biglietto verde cartaceo di potere essere scambiato per circa 70 anni (alcuni autori dicono 90, a valle della WWI) per preziose materie prime senza svalutarsi.
La Cina sta facendo ad arte esplodere la bolla azionaria e nulla la convincerà a fermarsi a questo punto, a meno di uno stop dell’amministrazione USA nelle provocazioni geopolitiche e di mercato. Alla fine tutti noi dovremmo esserne felici, stiamo scongiurando una guerra. Eh si, perché quando verrà fuori che i cittadini USA che votano (e dunque hanno azioni) hanno perso una montagna di soldi con il crack di borsa, unitamente alla ricchezza fittizia delle borse globali in bolla perenne ed alla fine del dollaro come unica valuta di riserva (la Cina è stata estromessa un mesetto fa dal novero delle valute di riserva ed oggi probabilmente sta facendo capire al mondo che questa decisione dell’FMI non le va bene, ndr), Obama non solo rischia seriamente di fare perdere le prossime presidenziali al proprio partito ma anche di essere considerato il peggior presidente della storia americana, ora capite perchè la battuta di Zach Galifianakis nell’intervista ad Obama (lo definì l’ultimo presidente nero degli Stati Uniti****) non sia così campata in aria… Il rischio è che pur di evitare l’inevitabile qualcuno potrebbe pensare di buttarla in caciara, ‘na guera appunto…
Ecco perchè in questa isteria collettiva fatta di mercato e di ricchezza QEiana per pochissimi – vada a quel paese la classe media – la Cina sta facendo un eccelso lavoro di pulizia che passa dal crollo delle borse, compito che nessun presidente USA vuole fare, tanto meno Obama che ha sbagliato molto più dei suoi predecessori cancellando i propri alleati storici ed affiancandosi solo di opportunisti che lo abbandoneranno appena ce ne sarà la possibilità saltando sul carro dell’avversario.
Mi riferisco alla Germania, che ha dato supporto – di facciata – agli States nella sfida alla Russia senza mai schierarsi apertamente contro, anzi ha recentemente raddoppiato la propria infrastruttura di importazione di gas da Mosca giocando al gioco delle tre carte nell’affaire greco (si dice addirittura che per raggiungere i suoi fini nell’import gas abbia millantato vis a vis con gli USA di aver bloccato Putin nel finanziare l’uscita di Atene dall’euro, ndr): come contropartita ha ottenuto carta bianca presidenziale, per ora, nel predominio in Europa nel solco delle innate tradizioni soggiogatrici teutoniche a danno degli ex alleati storici USA continentali di fatto affossati da Obama.
Dietro alla bolla che scoppia c’è indebolimento USA e la nascita di un nuovo standard monetario, lo yuan come valuta di riserva alternativo al dollaro.
La cosa preoccupante è che Roberto Napoletano non l’abbia capito e ciò fa dubitare se sia la persona giusta al posto giusto, a capo del quotidiano economico più importante del Paese. Forse è anche per opinioni pubbliche come queste che contiamo come il due di picche a livello globale.
Jetlag per Mitt Dolcino
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Note:
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Mi si permettano ulteriori critiche all’articolo citato, ad es. in riguardo all’affermazione che la Germania subirà più dell’Italia la svalutazione dello yuan: la Germania compete con il resto del mondo su prodotti ad alto valore aggiunto, il 3,6% di svalutazione del potere d’acquisto cinese sul costo di una BMW o di una pressa ad alte prestazioni è gestibile. Diverso è il caso dell’Italia che mediamente compete con i prodotti a medio valore aggiunto soprattutto con la Cina, ossia dove la competizione è elevata e soprattutto – molto spesso – non c’è un marchio o una special tech da vendere ma solo un ottimo prodotto spesso intermedio da far competere con omologhi locali. Ossia, dalla svalutazione dello Yuan è l’Italia a perderci, non la Germania che al massimo vedrà ridotti i suoi margini:
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Nota: davvero bisogna fare i complimenti ad Obama per aver avuto il coraggio di farsi intervistare da Zach, in Italia nessuno lo avrebbe fatto; da evidenziare la grandissima capacità oratoria e l’innegabile stile del Presidente USA, chapeau:
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