Esteri
Hilarion Capucci, l’arcivescovo che tentò di far saltare in aria Henry Kissinger
Hilarion Capucci si è spento a Roma il 1° gennaio 2017.
Capucci resta una figura quasi mitica per i libanesi e gode di un enorme rispetto in tutto il mondo arabo. Per gli israeliani, invece, fu un terrorista.
Era nato il 2 marzo 1925 ad Aleppo e il suo nome di battesimo fu George Capucci. Suo padre, Bashir, morì quando aveva solo cinque anni. Sua madre, Chafika, divenuta vedova a venticinque anni, fu costretta a crescerlo da sola con i suoi due fratelli.
A Gerusalemme Capucci aveva trasportato munizioni e armi, nascoste nella sua Mercedes, contando sulla propria immunità diplomatica.
Fra le armi che aveva trasportato c’erano anche due piccoli razzi Katjuša che furono ritrovati nei boschi antistanti al King David Hotel, al tempo dell’incontro del Segretario di Stato americano Henry Kissinger con i governanti di Israele.
I razzi non erano partiti a causa della poca pratica di chi li aveva maneggiati. I due giovani arabi che avrebbero dovuto lanciarli erano nervosissimi e li avevano posizionati in un’area boschiva, di fronte all’Albergo, puntandone uno verso il Muro del Pianto. Senonché, li avevano installati troppo in fretta e, prima di concludere il lavoro, avevano scorto un uomo che si avvicinava. Per questo motivo avevano accelerato le manovre per lanciarli, per poi potersi dileguare in fretta.
Se Kissinger fosse saltato in aria, avrebbe creato un immenso imbarazzo a Israele.
L’attentato fallito
Ecco come Capucci descrive il fallito attentato:
“Gli israeliani, dopo aver scoperto le due valigie di pelle che contenevano i razzi me le portarono e mi chiesero: ‘Le riconoscete?’.
Avrei potuto negare ogni coinvolgimento, ma dissi: ‘Sì, le riconosco’. E infatti, avevo introdotto clandestinamente le Katjuša a Gerusalemme, ma nutrivo sentimenti contrastanti in merito. Da un lato, ero spinto dal Vaticano a negare ogni accusa contro di me. Dall’altro, mi chiedevo: perché mai dovrei negare queste accuse visto che non mi sento in colpa?
Quello che ho fatto è un diritto sancito da tutte le leggi, specialmente quelle ecclesiastiche. È il diritto all’autodifesa. Pertanto, non negai quello che avevo fatto perché lo consideravo un mio dovere. Del resto, non avevo piazzato dei missili negli uffici di El Al Airlines a Parigi o a Monaco di Baviera, ma a Gerusalemme, all’interno del territorio che Israele aveva usurpato.
Considero ancora oggi la mia azione quale un diritto giustificato e un’azione legittima, destinata all’autodifesa… e allora ritenni di non dover rinnegare le mie idee.”
Nel 1974 Israele portò in tribunale l’Arcivescovo greco-melchita, Hilarion Capucci e titolare dell’Arcieparchia di Gerusalemme, accusandolo di aver contrabbandato per anni delle armi per i fedayn palestinesi in Cisgiordania e per il suo amico Yasser Arafat. Questa accusa fu accettata da Capucci.
Egli sostenne però che i veri terroristi erano gli israeliani e si fece condannare a 12 anni di carcere duro. Ne scontò solo tre, senza cedimenti, nonostante le torture e gli insulti, ai quali lui rispondeva con scioperi della fame.
Per intercessione di papa Paolo VI con il presidente israeliano Ephraim Katzir, fu rilasciarono a condizione che non mettesse mai più piede a Gerusalemme e in altri paesi arabi e che non rilasciasse dichiarazioni anti sioniste.
Lui avrebbe voluto rifiutare quelle condizioni e restare in carcere, ma non ci fu verso.
Dopo il carcere
Poco dopo la scarcerazione e il trasferimento a Roma, Capucci fu raggiunto da due suoi amici, i giornalisti libanesi Sarkis Abu Zeid e Antoine Francis, i quali gli chiesero di collaborare alla stesura di una biografia, che avrebbe raccontato le sue eccezionali imprese e illustrato il suo grande coraggio.
Capucci accettò e, in una serie di interviste registrate nel 1979 presso alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, ripercorse con dovizia di particolari le vicende salienti della sua vita e il calvario patito nelle prigioni israeliane.
L’Arcivescovo di Gerusalemme raccontò in un modo estremamente franco le proprie esperienze, con modestia e senza spirito di vendetta. Raccontò i fatti il più obiettivamente possibile. L’unica condizione che pose fu che gli intervistatori gli consentissero di visionare il manoscritto prima della pubblicazione, cosa che di fatto avvenne.
Verso la fine del 1979, una casa editrice francese accettò di pubblicare il libro con il titolo “L’Archevêque Revolutionnaire”. Poco prima della sua pubblicazione, tuttavia, Capucci cambiò idea e chiese ai due giornalisti di sospendere la stampa, adducendo delle non meglio precisate motivazioni che esulavano “dalla sua volontà”.
In seguito non tenne conto della garanzia data dal Vaticano allo Stato d’Israele e si recò nei punti più caldi del pianeta per offrire la propria mediazione. Il 4 novembre 1979, gli studenti iraniani occuparono l’ambasciata americana a Teheran e sequestrarono più di cinquanta cittadini americani, dall’Incaricato d’affari ai membri più giovani dello staff.
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Il sequestro nell’ambasciata a Teheran
Tennero in ostaggio i diplomatici statunitensi per 444 giorni. Durante la crisi, Capucci si recò a far visita più volte agli ostaggi e operò da intermediario per negoziare un accordo per il loro rilascio, il quale poi andò in fumo solo all’ultimo istante a causa di una fuga di notizie diffuse dalla stampa francese.
Tuttavia, riuscì a ottenere il rilascio dei cadaveri dei soldati americani che erano rimasti uccisi in seguito del fallito tentativo armato di salvataggio dei diplomatici.
Per quel suo prezioso intervento, Capucci ricevette una lettera di ringraziamento da parte del presidente americano Ronald Reagan.
Il prestigio di Capucci con i leader arabi gli offriva un netto vantaggio su qualunque altro mediatore. Nel 1985, grazie all’aiuto dei siriani, ottenne il rilascio di un ostaggio francese tenuto prigioniero a Tripoli, in Libia.
L’anno seguente si presentò a Parigi per offrire il proprio aiuto dopo una serie di attentati dinamitardi portati a segno da un gruppo di estrema sinistra, chiamato Comitato di solidarietà con i prigionieri politici arabi e mediorientali.
Georges Ibrahim Abdallah, presunto leader della guerriglia libanese, era tra i prigionieri di cui il gruppo terroristico chiedeva il rilascio.
A Capucci venne concesso di far visita ad Abdallah in carcere, nel tentativo di indurre il gruppo a porre fine alla violenta campagna di sangue. Egli fu l’unica persona che le autorità francesi autorizzarono a entrare in contatto con Abdallah.
Hilarion Capucci nel ruolo di intermediario politico
Nel 1990, Capucci si recò a Baghdad per intercedere per il rilascio di sessantotto italiani. Gli italiani erano tra le centinaia di occidentali a cui il governo di Saddam Hussein aveva impedito di lasciare l’Iraq, in seguito dell’invasione del Kuwait di quell’anno.
L’arcivescovo fu tra i pochi politici, personaggi pubblici di spicco e pacificatori a cui Saddam permise di entrare nel Paese. Gli stretti contatti di Capucci con gli alti funzionari dell’Iraq assediato diedero i loro frutti nel 2000, quando egli guidò una delegazione anti-sanzioni in Iraq.
Affiancato da un gruppo di religiosi e di intellettuali italiani, Capucci si recò a Baghdad, dalla Siria con un volo umanitario autorizzato dalle Nazioni Unite.
Capucci criticò aspramente i due Bush, padre e figlio, per l’aggressione all’Iraq, dicendo:
“Mandare bombardieri a distruggere un intero Paese e seminare la morte in mezzo a un popolo già in agonia, in nome di Dio, è la più grande offesa commessa contro Gesù Cristo, e la più terribile maledizione lanciata contro la Pace e l’Amore di Cristo.
Questo perché la Pace, per noi cristiani, è una Persona: la Persona di Cristo. Gesù Cristo è la vittoria della pace e dell’amore. L’insopportabile visione del popolo iracheno sofferente è Cristo sulla croce.
Ma vi è qualcosa di ancora più grave: i giovani allevati sotto le sanzioni in un paese distrutto dalle bombe hanno menti soffocate dall’odio, non hanno più nulla da perdere, e sono pronti a ogni tipo di vendetta. In un Paese arabo dove l’armonia reciproca tra cristiani e musulmani è stata un modello, le bombe vengono piazzate nelle chiese e decine di migliaia di cristiani fuggono all’estero.E a essere rapiti sono persino i bambini dei cristiani iracheni. Prima dell’invasione dell’Iraq, la convivenza pacifica tra cristiani e musulmani era un esempio. Ora è stato sostituito da un incubo. La guerra contro l’Iraq ha mandato in fumo anni di dialogo con l’Islam, ha fornito nuovi pretesti agli estremisti islamici e ha alimentato la discordia tra il mondo arabo e l’Occidente.”.
La previsione di Hilarion Capucci
La previsione di Capucci, secondo cui la distruzione dell’Iraq avrebbe scoperchiato un vaso di Pandora, si avverò in Siria. Temendo il peggio per la sua patria, Capucci respinse come infondate e controproducenti le rivendicazioni occidentali contro Bashar al-Assad, e compì ogni sforzo per far conoscere una verità documentata.
L’impatto della guerra sull’unità e sul delicato tessuto sociale del Paese, nonché le sue ripercussioni sui rapporti tra musulmani e cristiani e sul destino del cristianesimo nella regione, erano tornate di nuovo a tormentarlo, così la sua risposta fu tipica del suo carattere: fece la spola tra Roma e Damasco per offrire il proprio sostegno morale, partecipò a manifestazioni pubbliche contro alla guerra, apparve in televisione e su altri media, e incontrò i capi di Stato per scongiurare la guerra o per fare pressione affinché il conflitto si risolvesse.
Pochi giorni dopo la sua morte, la Siria volle onorare la sua costante lealtà.
E il 7 febbraio 2017, si celebrò una messa commemorativa al Patriarcato cattolico-melchita della “Nostra Signora della Dormizione”, a Damasco. Il ministro di Stato per gli affari presidenziali, Mansour Azzam, partecipò alla messa, su direttiva del presidente Bashar al-Assad.
La casa editrice Gingko pubblica le memorie di dell’Arcivescovo di Gerusalemme Hilarion Capucci, intitolate “Nel Nome di Dio”.
Questo libro è rimasto chiuso in un cassetto dalla fine degli anni Settanta, a causa della proibizione da parte del Vaticano di pubblicarlo.
Angelo Paratico
https://www.gingkoedizioni.it/store/nel-nome-di-dio/
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