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Crisi

UN HAPPY ENDING PER RENZI

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I sogni son desideri

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La caratteristica pressoché costante delle fictions, dai film polizieschi a quelli avventurosi, dalle commedie rosa ai drammi, è quella di presentare una situazione in cui pare che debba andar malissimo e invece, alla fine, tutto si aggiusta. Happy ending. Perfino nelle tragedie, dopo tutto, c’è a volte un happy ending. È vero, Amleto muore, ma muoiono anche l’intrigante Polonio, la madre infedele, lo zio assassino, lo sleale Laerte. E già arriva Fortebraccio, a raddrizzare i residui torti.

Tutto ciò perché ognuno sogna di trionfare, almeno proiettivamente, sulle avversità e sulle più ovvie previsioni. Nella favola Cenerentola diviene una principessa. Nella realtà una sguattera sporca e ignorante sarebbe rimasta una sguattera sporca e ignorante. Questo bisogno di riscatto immaginario è così forte da distorcere perfino la nostra percezione della situazione. Se fossimo su una nave che sta affondando in mezzo all’oceano, senza scialuppe di salvataggio, non avremmo speranza. E tuttavia, se qualcuno salisse su una sedia e dicesse: “Ho io la soluzione!” forse che non l’ascolteremmo tutti col più grande interesse? Sarebbe evidente che non può averla, quella soluzione, ma in quel momento tutti saremmo disposti a credere a Babbo Natale.

Qualcosa del genere avviene oggi in Italia. La nostra è una condizione così drammatica che siamo disposti ad attaccarci a qualunque speranza, a qualunque spiraglio di luce, a qualunque promessa di Dulcamara. Ed è tanta la voglia di veder riuscire l’attuale Primo Ministro là dove tutti sono falliti, che ciò lo rende fortissimo: nessuno vuole rischiare di essere additato un giorno come colui che si mise di traverso sulla sua strada. La sua e quella dei nostri sogni. Per questo Matteo Renzi si può permettere di parlare tanto, in prima persona. Per questo può addirittura minacciare di andarsene, con ciò intendendo che non si troverebbe mai qualcuno capace di sostituirlo.

Questa rappresentazione, tra la Vida es Sueño di Calderón de la Barca e l’Enrico IV di Pirandello, anche se ci coinvolge tutti, non per questo diviene realtà. Le riforme che non toccano l’economia sono possibili. La legge elettorale non costa niente e si può perfino abolire il Senato, se da quelle parti l’istinto di conservazione si è affievolito. Ma già l’abolizione delle Province o la riforma della Pubblica Amministrazione sono improbabili fatiche d’Ercole. Dove invece l’oceano non perdona è nel rilancio dell’economia, nel governo del debito pubblico e negli adempimenti del fiscal compact. Qui non ci sono alchimie che tengano. Anche a non dubitare della buona volontà di Renzi, e del suo coraggio che sfiora l’incoscienza, nessuno può sperare di nuotare per qualche decina di migliaia di chilometri per poi approdare su una bella isola coperta di palme e fiori esotici.

La realtà non solo non migliora ma continua sorniona a peggiorare. E se già fatichiamo a pagare gli interessi sul debito mentre lo spread è anormalmente basso, come faremmo se esso tornasse ad essere anormalmente alto, come è stato più volte? E soprattutto, come faremo a pagare, al di là dei sessanta-novanta miliardi di interessi annui che già ci gravano sulle spalle, altri cinquanta o più miliardi l’anno, in obbedienza al fiscal compact, per rimborsare questo debito? È assolutamente evidente che non potremo farlo. Quand’anche il Primo Ministro fosse Superman. E bisogna chiedersi quali saranno le conseguenze. Non basta dire: “Non abbiamo i soldi per pagare e dunque non paghiamo, come non pagano altri Stati disastrati”. Perché questa è soltanto una constatazione. Bisogna pensare al valore del segnale. I mercati potrebbero perdere la fiducia nell’Italia, nell’euro, nel debito pubblico di quasi tutti i Paesi della zona euro, con catastrofiche conseguenze sull’intera Unione Europea.

Ma chi dice queste cose è guardato come un menagramo. La convenzione imperante è che, finché una parte della nave emerge dall’acqua, finché non ci bagniamo i piedi, possiamo continuare a far finta di niente. E questo è molto stupido. Un annullamento del fiscal compact oggi, mentre tutto sembra tranquillo, potrebbe essere “venduto” dall’Europa come un piccolo cambio di rotta. Se invece conseguisse al semplice fatto che uno dei Paesi più grandi dell’Unione non è in grado di far fronte ai suoi impegni, le conseguenze potrebbero essere ben altre. Le Borse sono emotive, quando non isteriche; e come oggi sono troppo ottimiste, con uno spread che ci mette quasi sullo stesso piano della Germania, domani potrebbero essere troppo pessimiste, fino a far scoppiare questo equilibrio che potrebbe andare avanti ancora per qualche anno. Ma, attenzione, non per sempre: precisazione che ha un peso enorme.

Il discorso di Renzi è italo-italiano, contingente e favolistico. La realtà economica ci attende e con noi attende l’intera Europa. Perché se l’Italia andrà a fondo non ci andrà da sola.

Gianni Pardo, pardonuovo.myblog.it

27 marzo 2014

 

 

 


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