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GLI INTELLETTUALI ITALIANI? TRADIZIONALMENTE PUSILLANIMI. Letter aperta del Prof. Benozzo

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Vi invito a leggere su Libero Pensare la lettera aperta del Professor Francesco Benozzo, non un signor nessuno, ma un docente universitario con un curriculum accademico ampio, insegnante di filologia a Bologna, collaboratore con progetti Unesco ed altri titoli che vi invitiamo a leggere nell’articolo originale. Qui ne presentiamo un breve estratto, utile, comunque per capire il livello di servilismo e di sottomissione al potere degli intellettuali italiani e, in generale, del mondo accademico.

 

Nel marzo del 2020, quando tutto ciò che stiamo vivendo ebbe inizio, ho espresso pubblicamente alcune perplessità sulla narrazione univoca della pandemia, ricevendo come conseguenza – oltre a diverse attestazioni di ringraziamento e di solidarietà – insulti, minacce nonché moniti da parte di colleghi più potenti. A cadenza più o meno regolare, negli scorsi mesi, ho continuato a dire come la penso relativamente alla dittatura scientocratica in atto, difendendo – con consapevolezza – un’idea di scienza come arte del dubbio e del confronto.

L’autoritarismo politico cresciuto in seno alla narrazione pandemica è nel frattempo, come previsto, peggiorato, con una situazione che è precipitata in barba a ogni garanzia costituzionale, con la totale complicità di ogni forma residuale delle opposizioni nelle post-democrazie dell’Occidente in sfacelo, e con una lobotomizzazione ormai generalizzata dei cittadini, diventati nel frattempo anche aggressivi, intolleranti, giudicanti.

Generalmente, in situazioni simili, a provare a salvare qualcosa incarnando un punto di vista alternativo, sono i cosiddetti “intellettuali”, o sono le forze del pensiero creativo. Niente di tutto questo: addirittura gli ex-ribelli che hanno fatto la loro fortuna annunciando che avrebbero spaccato il mondo per difendere le libertà (qui da noi mi viene in mente il conterraneo appenninico Vasco Rossi, ma tra i minori spiccano ex-ribelli come l’onnipresente Cisco – al secolo Stefano Bellotti – e tutta la schiera di coloro che, meno noti di lui, continuano a cantare contro il sistema infarciti di concetti d’accatto di partigianesimo e Resistenza) si sono mostrati inermi, incapaci, grezzi.

Personaggi addomesticati e definitivamente squallidi che si sono anche prestati per spot governativi su come indossare le mascherine e come salvare il paese con comportamenti virtuosi: Fedez, altri rapper più undergorund che dovevano guidare la rivolta, e gli epigoni degli epigoni (l’unica eccezione in cui mi è capitato di imbattermi: il sempre lucido ed eversivo Giorgio Canali).

La lettera prosegue, sempre molto interessante, con altri esempi. Il problema è che l’intellettuale italiano medio, il docente universitario, brama la sottomissione la potere, il potersi allineare, sempre speranzoso di poter cogliere le briciole economiche che cadono dal piatto del potente e che, nel suo piccolo mondo, possono fare la differenza.

Del resto la controprova la si può avere oggi anche leggendo quanto sta accadendo nel Lazio, dove 13 medici sono stati richiamati davanti all’ordine per essere scettici di fronte ai vaccini. Il tutto per una verità scientifica imposta a manganellate.

Tutto questo non è una novità quando nel 1931 venne imposto il “Giuramento di fedeltà al regime fascista” a tutti i docenti universitari solo 15 su 1251 si rifiutarono di giurare. Una percentuale irrisoria che dovrebbe rodere l’anima di tutto il mondo accademico italiano. Invece nulla. Del resto l’anima si può vendere per un un pugno di sovvenzioni o una comparsata televisiva.

 

 

 


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