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La Germania vicina alla recessione mentre la BCE ammette che la ripresa è anemica

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Da Voci dall’estero

 

Sul Telegraph A.E. Pritchard analizza i dati dell’eurozona: ormai anche la Germania è a rischio recessione, visto che il suo fortissimo orientamento all’export è ora penalizzato dalla caduta degli ordinativi dei paesi periferici – stretti dalla tenaglia dell’austerità. Dal canto suo la BCE può fare poco, e si rifiuta perfino di farlo: l’inflazione è troppo bassa ma la Banca ha le mani legate e spera che le sue parole possano indebolire l’euro per dare un aiuto, che non potrà comunque bastare. Nel frattempo, la bassissima inflazione continua a infliggere pesanti danni ai paesi periferici (Italia in primis) e ai loro rapporti debito/PIL.
 
 

 

Giovedì questo i rendimenti dei Bund tedeschi sono precipitati a un minimo storico e il rendimento a due anni è temporaneamente sceso sotto zero, a causa dei timori di una nuova recessione nell’Eurozona e di una nuova fuga di capitali verso gli asset sicuri – viste le truppe russe ammassate al confine ucraino.
I rendimenti dei Bund a 10 anni sono scesi all’1,06% dopo una serie di nuovi dati che hanno evidenziato un arresto della ripresa nella maggior parte dei paesi dell’eurozona, con la stessa Germania ormai pericolosamente vicina alla recessione.
Commerzbank ha avvertito che l’economia tedesca potrebbe essersi contratta dello 0,2% nel secondo trimestre ed è troppo debole per portare l’Europa meridionale fuor dai problemi (ndVdE in realtà sono i periferici che sono troppo schiacciati dall’austerità per trascinare la Germania fuori dalle secche…). La produzione industriale è scesa dell’1,5% in 3 mesi. L’indice azionario DAX di Francoforte è sceso del 10% negli ultimi mesi e minaccia di sfondare il livello psicologico di 9.000.
Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea (BCE), ha detto che la ripresa è rimasta “debole, fragile e irregolare”, con un marcato rallentamento nelle ultime settimane a causa delle crescenti preoccupazioni geopolitiche su Russia e Medio Oriente.
Ha detto che la BCE, che giovedì ha tenuto i tassi di interesse di riferimento allo 0,15%, “é pronta” a iniettare denaro attraverso gli acquisti di titoli asset-backed e a procedere con il Quantitative Easing se necessario, ma per ora non agirà ulteriormente anche se l’inflazione è scesa allo 0,4%.
I mercati del debito stanno implicitamente “prezzando” un’inflazione dello 0,5% in Germania e in Italia nei prossimi 5 anni attraverso il cosiddetto prezzo “break-even”, ciò prova che gli investitori ritengono che la BCE stia agendo con grande ritardo. Il Signor Draghi ha insistito sul fatto che le misure presentate nel mese di giugno stanno iniziando a funzionare e che dovrebbero essere sufficienti a scongiurare la deflazione.
La BCE ignora le suppliche dei più eminenti economisti di un’azione preventiva volta a rafforzare le difese dell’Eurozona prima che essa venga colpita da uno shock esterno e prima che la Federal Reserve irrigidisca la politica monetaria, un punto di svolta che rischia di inviare effetti negativi al sistema globale, secondo un documento della Fed di Chicago.
Le speranze di una ripresa rapida della Germania si stanno affievolendo. Il Ministero dell’economia ha detto che i nuovi ordinativi alla produzione sono scesi del 3,2% nel mese di giugno, con gli ordini dal resto dell’Eurozona crollati del 10,4%. “Ciò dimostra che l’Europa non è per niente vicina alla ripresa. La politica monetaria ha esaurito i suoi effetti”, ha detto Steen Jakobsen di Saxo Bank.
A preoccupare è quello che accadrà nei prossimi mesi quando le sanzioni contro la Russia faranno sentire i loro effetti. La Commissione Europea ha detto che le misure avrebbero ridotto dello 0,3% il PIL dell’Eurozona quest’anno, con la maggior parte degli effetti concentrati nella seconda metà dell’anno.
E questa stima era precedente alla rappresaglia della Russia, che ha vietato tutte le importazioni di carne, pesce, latticini, frutta  e verdure dall’UE e dagli USA.
L’euro ha toccato i minimi da nove mesi a 1,3347 dollari dopo che Draghi ha affermato che  “i presupposti per un tasso di cambio più debole sono molto migliorati rispetto a due o tre mesi fa”, un chiaro tentativo svalutare l’euro con le parole. “Il Signor Draghi riesce a malapena a nascondere il suo entusiasmo per la debolezza dell’euro,” ha detto Ken Wattret, di BNP Paribas. (ndVdE: ma la BCE non aveva dichiarato che non aveva un obiettivo riguardo il tasso di cambio?).
Un euro più debole dovrebbe rivelarsi un buffer contro la deflazione, ma già i relativi danni si fanno sentire in profondità. L’Italia è ricaduta in una recessione tripla, con il PIL tornato a livelli visti l’ultima volta 14 anni fa. La miscela tossica di recessione e bassissima inflazione è una grave minaccia per la traiettoria del debito italiano.
Il rapporto del debito pubblico è balzato dal 130,2% al 135,6% del PIL nel primo trimestre rispetto all’anno precedente e aumenterà ancora, nonostante le misure di austerità e un avanzo primario di bilancio. 
“La situazione complessiva peggiora anziché migliorare. Arriveremo di sicuro al 140% il prossimo anno. Nessuno sa quando i mercati reagiranno a questo”, ha detto un esperto banchiere italiano.

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