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Economia

Germania: crollo occupazione nel settore manifatturiero. Situazione, servirebbe un cambio di Politiche, che non ci sarà

Il Germania iniziano a vedersi gli effetti delle politiche errate: 120 mila posti di lavoro nel settore manifatturiero, con altri 100 mila pronti a saltare presto. Ci vorrebbro riforme profonde, ma il nuovo governo Merz non sembra per nulla intenzionato a farle.

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L’industria manifatturiera tedesca lancia un segnale d’allarme rosso: nell’ultimo anno, il settore ha bruciato ben 120.000 posti di lavoro. Un tracollo che l’associazione datoriale di riferimento, Gesamtmetall, definisce senza mezzi termini “allarmante“, invocando un immediato e radicale “cambio di politica” per fermare l’emorragia. Però si illudono: nulla può cambiare in Europa, anche a costo di far saltare ogni equilibrio economico.

I dati dell’Agenzia Federale per l’Impiego (BA) di Norimberga fotografano una realtà preoccupante: a gennaio 2025 (assumendo che il confronto sia sull’anno appena trascorso rispetto a quello precedente), i lavoratori dipendenti nel manifatturiero erano scesi a circa 6,67 milioni, contro i 6,79 milioni di gennaio 2024. Un calo verticale (-1,7%) che colpisce soprattutto il tessuto vitale delle piccole e medie imprese.

Questa tendenza negativa non è un fulmine a ciel sereno. Secondo la BA, l’occupazione industriale è in costante calo da agosto 2023, mese dopo mese. L’industria, più di altri settori, sta pagando il prezzo della debolezza congiunturale che attanaglia l’economia tedesca. D’altronde, non è la prima volta: cali occupazionali drastici si erano già registrati durante la crisi pandemica del 2020 e all’indomani dello shock finanziario del 2009, a riprova della vulnerabilità del settore.

Anche i numeri sulla disoccupazione sono impietosi: nel 2024, le registrazioni di persone in cerca di lavoro provenienti dal manifatturiero hanno toccato quota 285.000, un livello “significativamente più alto” rispetto agli anni precedenti. Sebbene nello stesso periodo 162.000 persone abbiano trovato una nuova occupazione, il saldo negativo e il trend destano forte preoccupazione.

L’Agenzia per l’Impiego prova a rassicurare, notando che “il rischio di disoccupazione nel manifatturiero resta più basso rispetto ad altri settori”, ma ciò non attenua la gravità della situazione attuale. Si segnalano, quasi paradossalmente, ancora difficoltà nel reperire figure specializzate come metalmeccanici e tecnici in ambito meccanico ed elettrico, ma questo è un alibi comune a tutti i paesi europei: se veramene si volessero queste figure, le aziende perderebbero qualche mese per fornire almeno un addestramento di bese perché, come direbbero a Napoli, “Nessuno nasce imparato”.

Le prospettive? Nere. Gesamtmetall prevede che la scure dei tagli possa abbattersi su altri 100.000 posti di lavoro entro la fine del 2025.

Di fronte a questo scenario da brividi, l’associazione dei datori di lavoro punta il dito contro le politiche attuali e chiede un intervento shock:

  • Taglio strutturale dei costi energetici: riduzione permanente delle tariffe di rete e della tassa sull’elettricità.
  • Abolizione definitiva del contributo di solidarietà (il “Soli”).
  • Drastica riduzione delle imposte sulle società.

Si tratta però di iniziative che ben difficilmente saranno prese dal futuro governo Merz, di coalizione SPD CDU, perchè sembra chiaro che continuerà con le politiche precedenti, senza un alleggerimento fiscale serio, ma solo con piccoli ritocchi che non cambieranno significamente la situazione.

Il messaggio è chiaro: senza un cambio di marcia deciso a Berlino, la locomotiva industriale tedesca rischia di perdere altri pezzi, con conseguenze potenzialmente devastanti per l’intera economia.


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