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Fotovoltaico: L’obiettivo del 40% di efficienza. La scommessa cinese sulla perovskite supererà i suoi stessi limiti?
Il fotovoltaico del futuro punta al 40% di efficienza. Un team di Hong Kong spinge sulle celle tandem perovskite/silicio, ma la strada verso la produzione di massa è ancora piena di ostacoli: stabilità, costi e piombo.

Il mondo dell’energia pulita è in fermento. Mentre in Europa si discute ancora di come installare i pannelli, a Hong Kong (e quindi, in orbita cinese) si spinge l’acceleratore sulla tecnologia che promette di mandare in pensione il silicio tradizionale: le celle solari tandem (TSC) perovskite/silicio.
Un team di ingegneri della Hong Kong Polytechnic University (PolyU) ha fissato l’asticella: portare l’efficienza di conversione energetica dall’attuale 34% a quasi il 40%. Un balzo notevole, che se riuscito, potrebbe cambiare le regole del gioco.
Ma, come spesso accade nel mondo dell’innovazione, tra il dire e il fare c’è di mezzo la chimica, la produzione di massa e, naturalmente, i costi.
La “mappa” per il 40%
Il team, guidato dai professori Li Gang e Yang Guang, non ha (ancora) prodotto la cella miracolosa al 40%. Ha fatto qualcosa di forse più utile nell’immediato: ha pubblicato una “blueprint”, una mappa strategica, sulla prestigiosa rivista Nature Photonics.
Hanno condotto un’analisi dettagliata delle prestazioni attuali, identificando cosa funziona e, soprattutto, cosa non funziona nel passaggio cruciale dai prototipi immacolati di laboratorio alla dura realtà della produzione industriale. L’obiettivo è chiaro: tradurre il successo da laboratorio in durabilità nel mondo reale, allineando la tecnologia con gli ambiziosi piani di neutralità carbonica di Pechino.
I problemi sul tavolo: stabilità, scalabilità e piombo
Il professor Li Gang usa parole chiare: “L’efficienza in laboratorio è impressionante, ma servono sforzi per migliorare l’affidabilità”. Tradotto: i pannelli devono durare, e produrli su larga scala è un altro paio di maniche.
I problemi da risolvere non sono banali e frenano la commercializzazione:
- Instabilità materiale: La perovskite, al momento, è un po’ delicata. È vulnerabile a umidità, ossigeno, luce ultravioletta e sbalzi termici. In pratica, soffre tutto ciò che un pannello solare incontra ogni giorno su un tetto.
- Scalabilità produttiva: Un conto è produrre una cella da un centimetro quadrato, un altro è fabbricare milioni di moduli garantendo uniformità e controllo dei difetti. Le sfide manifatturiere sono enormi, anche perché gli standard da rispettare sono estremamente stretti.
- Test di durata: Mancano dati certificati a lungo termine. Il team raccomanda l’adozione di test di stabilità accelerati, basati sugli standard internazionali (IEC).
- La questione ambientale: C’è poi un elefante nella stanza. Sebbene i materiali siano relativamente economici, la maggior parte dei design attuali utilizza il piombo, un metallo pesante. Non si può, o non si dovrebbe, costruire la transizione verde su fondamenta tossiche.
I ricercatori di Hong Kong sottolineano la necessità di sviluppare alternative sostenibili o, quantomeno, sistemi efficaci di gestione e riciclo del piombo.
Collaborazione e Intelligenza Artificiale
La soluzione per la PolyU non è solo tecnica, ma anche strategica. Come nota il Prof. Yang Guang, “lo sviluppo deve affrontare queste sfide scientifiche per ottenere costi dell’elettricità (LCOE) più bassi”.
Serve una collaborazione multidisciplinare tra università, industria e istituti di ricerca, integrando scienza dei materiali, ingegneria dei dispositivi e modellazione economica.
L’obiettivo finale non è solo mettere pannelli sui tetti. È fornire una fornitura stabile di energia ad alta efficienza per sostenere industrie ad alto consumo, come la famigerata (ed energivora) Intelligenza Artificiale.
Se la scommessa del 40% avrà successo, e se l’industria riuscirà a superare gli ostacoli di produzione e sostenibilità, il fotovoltaico a perovskite potrebbe davvero segnare un passo decisivo. A patto di risolvere i problemi reali, prima che la tecnologia resti solo un bellissimo prototipo da laboratorio.
Domande e risposte
Perché questa efficienza del 40% è così importante? Raggiungere il 40% di efficienza (rispetto all’attuale 34% e ai limiti teorici del solo silicio) significa produrre molta più energia a parità di superficie. Questo abbatterebbe drasticamente il “costo livellato dell’elettricità” (LCOE), rendendo il solare ancora più competitivo. Permetterebbe inoltre di alimentare industrie ad alto consumo, come l’Intelligenza Artificiale, in modo più sostenibile e a costi inferiori, un fattore chiave per la crescita economica futura.
Qual è il principale ostacolo che impedisce di trovare questi pannelli nei negozi domani? L’ostacolo principale è duplice: stabilità e scalabilità. I materiali in perovskite sono ancora troppo sensibili all’ambiente esterno (umidità, calore, ossigeno) e tendono a degradarsi. Inoltre, le tecniche per produrre celle efficienti in laboratorio sono difficili e costose da “scalare” a livello industriale per fabbricare milioni di pannelli grandi, uniformi e privi di difetti.
Questi pannelli alla perovskite sono considerati ecologici? Attualmente, c’è un forte problema ambientale. La maggior parte dei design più efficienti utilizza il piombo, un metallo pesante e tossico. Questo solleva grandi preoccupazioni per l’intero ciclo di vita del pannello, dallo smaltimento alla potenziale contaminazione. I ricercatori sottolineano che, per una commercializzazione sostenibile, è fondamentale sviluppare alternative valide senza piombo oppure implementare sistemi di riciclo e contenimento del piombo estremamente efficaci.









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