Attualità
Fed, la doccia fredda di Powell: Tassi fermi e scontro totale con Trump. Ora l’ombra della stagflazione
La Fed non taglia i tassi e gela i mercati. Powell si scontra con Trump e lancia l’allarme: l’economia USA si dirige verso la stagflazione. Cosa succede ora.

La Federal Reserve, in una mossa che gela le speranze dei mercati e scatena l’ira della Casa Bianca, ha lasciato i tassi d’interesse invariati. Jerome Powell, presidente della Fed, si erge come l’ultimo, vero oppositore di Donald Trump, tracciando una strada di rigore e cautela mentre sull’economia americana si allunga la minacciosa ombra della stagflazione. Una giornata ad altissima tensione che ha visto i mercati passare dall’euforia alla delusione nel giro di un’ora.
Mercoledì 18 giugno 2025 rimarrà una data segnata in rosso sui calendari di investitori e analisti. Per la quarta volta consecutiva, la Federal Reserve ha tenuto fermo il costo del denaro nel range 4.25%-4.50%. Una decisione ampiamente prevista, ma le cui motivazioni e, soprattutto, le cupe previsioni economiche future hanno inferto un duro colpo all’ottimismo.
Ecco il relaitvo grafico:
Perché Powell ha Premuto il Tasto “Pausa”
La ragione dietro questa fermezza ha un nome e un cognome: Donald Trump. Nel suo comunicato, il FOMC (il braccio operativo della Fed) ha dichiarato che, sebbene l’incertezza sull’outlook economico sia “diminuita”, rimane comunque “elevata”. La causa principale di questa incertezza è, implicitamente, la politica economica del Presidente, in particolare l’impatto ancora indecifrabile dei dazi doganali, delle politiche migratorie e fiscali.
Mentre la Banca Centrale Europea ha già tagliato i tassi per ben 8 volte, Powell sceglie la via della massima prudenza. Durante la conferenza stampa, ha messo in chiaro che la Fed è “ben posizionata per aspettare e imparare di più prima di agire”. Il messaggio è forte e chiaro: prima di abbassare il costo del denaro, vuole vedere con i suoi occhi gli effetti reali dei dazi, che molte aziende, ha ammesso, si aspettano di scaricare direttamente sui consumatori.
Le Profezie della Fed: Crescita Giù, Inflazione e Disoccupazione Su
Il vero dramma, però, è emerso dalle nuove proiezioni economiche (il cosiddetto “dot plot”). I dati disegnano uno scenario a tinte fosche, che molti analisti non esitano a definire “stagflazionario”:
- Crescita del PIL 2025: Tagliata drasticamente a +1.4% (dal +1.7% di marzo).
- Inflazione PCE 2025: Rivista al rialzo al 3.0% (dal 2.7%), ben sopra l’obiettivo del 2%.
- Tasso di Disoccupazione: Previsto in aumento al 4.5% sia nel 2025 che nel 2026.
In parole povere, la Fed sta dicendo agli americani: l’economia rallenterà più del previsto, i prezzi continueranno a salire e più persone perderanno il lavoro. Nonostante questo quadro preoccupante, il “dot plot” continua a prevedere due tagli dei tassi entro la fine del 2025, ma riduce il numero di tagli attesi per il 2026 e 2027. Una magra consolazione che non ha scaldato i cuori dei mercati.
Fed’s forecast is stagflationary:
growth revised lower in 2025 (1.4% from 1.7%) and 2026 (1.6% from 1.8%)
unemployment revised higher in 2025 (4.5% from 4.4%), 2026 and 2027
core PCE revised higher in 2025 (3.1% from 2.8%) and 2026 and 20272026 rate raised to 3.6% from 3.4% pic.twitter.com/6ZprRPxFY0
— zerohedge (@zerohedge) June 18, 2025
Il Thriller della Conferenza Stampa: Powell, il Falco che Gela Wall Street
La reazione dei mercati è stata un vero e proprio giallo. All’uscita del comunicato, la conferma di due tagli nel 2025 aveva innescato un’ondata di acquisti (risk-on). Ma è bastata la conferenza stampa di Powell per ribaltare la situazione.
Con tono fermo e guardando dritto alle telecamere, Powell ha smontato l’entusiasmo. Ha parlato di un’economia “solida” ma ha martellato sul tema dell’incertezza legata ai dazi. Quando un giornalista gli ha chiesto perché non adottare una posizione più neutrale, la sua risposta è stata tagliente: il rischio che l’inflazione derivante dai dazi sfugga di mano è troppo alto. I mercati hanno capito l’antifona: il “falco” Powell ha preso il sopravvento. L’indice S&P 500 ha virato in negativo, i rendimenti dei titoli di stato a 2 anni e il dollaro sono tornati a salire.
Lo Scontro Politico: Powell, l’Ultimo Argine a Trump
Questa decisione tecnica è, in realtà, un atto di profonda rilevanza politica. Donald Trump non ha mai nascosto il suo disprezzo per la politica di tassi alti di Powell, che a suo dire frena l’economia. Il Presidente desidera ardentemente un costo del denaro più basso per alimentare la crescita e arrivare alle prossime scadenze elettorali con un’economia ruggente.
Con questa mossa, Powell si conferma di fatto come il principale, se non l’unico, oppositore istituzionale alla volontà economica di Trump. Come sottolinea Richard Flynn di Charles Schwab UK, “esiste un chiaro disallineamento tra le aspettative politiche e gli obiettivi di politica monetaria”. Questa “guerra di nervi”, come è stata definita, rischia di aggiungere un ulteriore premio di rischio sugli asset americani.
Le Voci dei Giganti Finanziari
- Goldman Sachs: Evidenzia come le previsioni mostrino un chiaro “orientamento stagflazionario” con inflazione e disoccupazione più alte e crescita più bassa.
- Bloomberg Economics: Fa notare la profonda spaccatura all’interno della stessa Fed. Quasi tanti membri si aspettavano zero tagli quanti se ne aspettavano due. Se anche solo un membro avesse cambiato idea, la previsione mediana sarebbe passata a un solo taglio.
- Neil Dutta (Renaissance Macro): Contesta la lettura iniziale “dovish” (accomodante): “Hanno alzato le stime di disoccupazione e inflazione. Se inserisci questi dati in una formula standard, il risultato non cambia. Mantenere due tagli non è un grande affare”.
In conclusione, la Fed si mette in una posizione di attesa armata. Vigila sull’inflazione, pronta a combatterla anche a costo di scontrarsi frontalmente con una Casa Bianca che la vorrebbe alleata e sottomessa. I due tagli promessi per il 2025 appaiono ora meno come una certezza e più come una speranza, appesa al filo sottilissimo dei prossimi, incertissimi,
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