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Escalation USA-Cina: “Nessuna pace, solo uno scontro tattico” e incertezza sistemica. La diagnosi di Morgan Stanley
USA-Cina, Morgan Stanley avverte: “Non è pace, è un braccio di ferro tattico”. Dazi e terre rare sono solo l’inizio di un periodo di incertezza sistemica: ecco le implicazioni per i mercati, l’AI e la fine del libero scambio.

La Cina stringe l’export sulle terre rare. Gli Stati Uniti rispondono minacciando dazi al 100%. I mercati tremano, i titoli dei giornali strillano, e poi… si cerca un nuovo, difficile equilibrio. Questa è la storia che si svolge in questo 2025.
Se questa sequenza vi suona familiare, non siete i soli. È esattamente il “pattern” (schema) che Michael Zezas, Global Head of Fixed Income Research presso Morgan Stanley, identifica nell’attuale relazione tra le due superpotenze.
Mentre molti analisti si dividono tra chi prevede una pace commerciale duratura (i “bulls”) e chi un divorzio economico totale, un hard decoupling (i “bears”), l’analisi di Zezas, molto più tecnica e pragmatica, smonta entrambe le narrazioni.
La visione di Morgan Stanley è chiara: non avremo né una pace duratura né una scissione netta. Quello a cui stiamo assistendo è un “logorante scontro tattico per ottenere vantaggi”. Un continuo alternarsi di tira e mola che lasciano sempre tutto sul chi vive, ma non giungono mai alla rottura.
Perché? Perché, spiega Zezas, i costi economici di una vera separazione sarebbero “sconcertanti” (staggering), ed entrambe le parti lo sanno. Inoltre, le interdipendenze strategiche chiave, come quelle sui semiconduttori e sulle terre rare, rimangono.
Né Washington né Pechino sembrano desiderose di una vera rottura, almeno non a breve. Di conseguenza, entrambe le parti “calibrano attentamente le loro mosse” per evitare di far precipitare la situazione.
- La Cina, ad esempio, pur controllando le terre rare, potrebbe lasciare abbastanza flessibilità per mantenere attivi i flussi commerciali civili, usandoli più come leva negoziale.
- Gli Stati Uniti, nel frattempo, cercano di accelerare gli investimenti interni nei settori critici (la cosiddetta politica industriale) senza però chiudere completamente la porta alle importazioni cinesi.
Il risultato, secondo Zezas, è una relazione definita dall’incertezza, da fiammate periodiche e dalla sensazione persistente che le regole del gioco possano cambiare da un momento all’altro.
Lezioni per i mercati e la politica economica
Questa dinamica, tutt’altro che stabile, ha implicazioni precise per gli investitori e per le scelte politiche. Zezas ne evidenzia alcune fondamentali:
- La politica industriale USA è tornata (e per restare). Il vecchio “Washington Consensus” – basato sul libero scambio e sul limitato intervento del governo nell’impresa privata – è stato archiviato. Esiste ora un consenso duraturo sulla necessità di una politica industriale attiva. Questo è evidente nelle questioni legate all’Intelligenza Artificiale (AI), come i semiconduttori (dove i dazi aumentano) e le terre rare (dove gli USA finanziano scorte e produzione interna). Per gli investitori, Zezas nota che solo per i data center necessari all’AI si prevedono 2,9 trilioni di dollari di necessità di finanziamento nei prossimi tre anni, un’opportunità enorme per i mercati del credito.
- I mercati macro: bilanciare rischio e prospettive. Gli investitori devono bilanciare i rischi di crescita a breve termine con una gamma più ampia di prospettive a medio termine. Anche se i dazi non aumentassero ulteriormente, i livelli effettivi delle tariffe USA sono già 4-5 volte superiori a quelli di inizio anno. Questo, unito alle incertezze (come un possibile shutdown del governo USA), è un buon argomento per possedere “duration” nei mercati del reddito fisso statunitensi (cioè titoli con scadenza più lunga, più sensibili ai tassi).
- Sostenibilità fiscale: la scommessa sulla crescita. Il recente pacchetto fiscale statunitense, nota Zezas, punta tutto sulla crescita. Si affida implicitamente all’accelerazione degli investimenti aziendali (capex) e alla produttività legata all’AI per ridurre il deficit. È una scommessa (molto keynesiana, se vogliamo). Che la strategia abbia successo o meno, l’incertezza che ne deriva giustifica un “premio a termine extra”, e quindi curve dei rendimenti più ripide nel tempo.
- Azionario: correzione a breve, rialzo a lungo. Anche per l’equity, la visione è doppia. Il team di strategia azionaria di Morgan Stanley vede la possibilità di una correzione a breve termine (legata alle preoccupazioni sulla crescita), ma ritiene che le grandi capitalizzazioni statunitensi siano in un “mercato toro secolare”. Questo perché le large cap sono più esposte alle implicazioni positive della nuova politica USA (incentivi al capex, un dollaro più debole) che alle sue sfide (aumento dei costi dei dazi).
In sintesi, la relazione USA-Cina non si presta a narrazioni facili o a soluzioni rapide. La sfida, conclude Zezas, sarà continuare a creare strategie di investimento che riflettano le correnti politiche durature: trovare “il segnale in mezzo al rumore dei titoli di giornale”.
Domande e Risposte sul Testo
1. Cosa si intende per “Washington Consensus”, che secondo l’analisi è ormai superato?
Il “Washington Consensus” era un insieme di precetti di politica economica considerati standard, specialmente negli anni ’90. Promuoveva il libero scambio (no dazi), la liberalizzazione dei mercati finanziari, le privatizzazioni e un intervento minimo dello Stato nell’economia. L’analisi di Zezas evidenzia come gli Stati Uniti, con i dazi e i forti investimenti pubblici in settori strategici come i semiconduttori e l’AI (politica industriale), abbiano di fatto abbandonato questa dottrina per un approccio più protezionista e interventista, simile a quello keynesiano, per ragioni di sicurezza nazionale ed economica.
2. Perché, secondo Morgan Stanley, un “decoupling” (divorzio economico) completo tra USA e Cina è improbabile?
Secondo Michael Zezas, un hard decoupling è improbabile per due ragioni principali. In primo luogo, i costi economici sarebbero “sconcertanti” per entrambe le economie, data la loro profonda integrazione. In secondo luogo, permangono interdipendenze strategiche cruciali. La Cina, ad esempio, domina la lavorazione delle terre rare (essenziali per la tecnologia USA), mentre gli USA controllano tecnologie chiave per i semiconduttori (essenziali per l’industria cinese). Entrambi sanno di aver bisogno l’uno dell’altro, preferendo quindi uno “scontro tattico” a una rottura totale.
3. Quali sono le principali opportunità di investimento che emergono da questa tensione tattica?
Le tensioni spingono gli USA a investire massicciamente nella propria politica industriale per ridurre la dipendenza dalla Cina. L’analisi di Zezas identifica un’opportunità chiara nei mercati del credito. La corsa all’Intelligenza Artificiale, alimentata dalla competizione geopolitica, richiederà un’enorme infrastruttura. Si stima un fabbisogno di finanziamento di 2,9 trilioni di dollari per i soli data center nei prossimi tre anni. Questo crea una forte domanda di capitali. Inoltre, sebbene a breve termine ci sia volatilità, le grandi aziende USA (large cap) sono viste come vincitrici a lungo termine, beneficiando degli incentivi agli investimenti (capex).

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