Economia
Oro nero nel deserto: Il “wildcatting” riaccende la caccia allo shale negli Emirati Arabi
Scommessa miliardaria sull’oro nero! Ad Abu Dhabi sbarca in grande stile il “wildcatting”: EOG Resources, gigante USA dello shale, cerca enormi riserve inesplorate nel deserto. Questa audace esplorazione punta a sbloccare ricchezze immense per gli Emirati e rafforzare l’asse strategico USA-Golfo. Potrebbe cambiare le carte in tavola per decenni.

Cos’è il “wildcatting” nel mondo del petrolio? Si tratta dell’esplorazione, con scavo di pozzi, di aree non prima esplorate o note per la produzione petrolifera. I pozzi così scavati sono chiamati “wildcat wells”, alla “gatto selvaggio”
Il Wildcatting anche nella Penisola Arabica
Il Wildcatting può essere fatto anche in stati già note per la produzione petrolifera, ma con aree, o tecniche, non esplorate. EOG Resources ha appena acquisito un nuovo e succulento blocco di scisto onshore ad Abu Dhabi. Annunciato venerdì, il colosso statunitense dello shale ha ottenuto la piena gestione dell’Unconventional Onshore Block 3 (UCO3), un’area di quasi 900.000 acri, 3600 kmq, di roccia ricca di petrolio nella regione di Al Dhafra, proprio nel mezzo di uno dei bacini petroliferi più seguiti al mondo.
Il blocco si trova in un bacino sovrapressurizzato, il che significa che “potrebbe sgorgare se facciamo le cose per bene”, e EOG non sta perdendo tempo. La perforazione è prevista per la seconda metà del 2025, anche se la società insiste che il suo piano di investimenti per il 2025 non subirà variazioni.
ADNOC, la compagnia petrolifera nazionale degli Emirati Arabi Uniti, farà da spalla nella fase di esplorazione, per poi eventualmente entrare in gioco con una partecipazione se il progetto diventerà commerciale.
Questa mossa arriva sulla scia del tour milionario del presidente Trump nel Golfo, dove gli Stati Uniti e gli Emirati Arabi Uniti hanno promesso un investimento vertiginoso di 440 miliardi di dollari nel settore energetico fino al 2035. L’operazione di EOG non fa tecnicamente parte di quel fondo, ma la tempistica fa sicuramente pensare che stia cavalcando la stessa onda di petrolio-diplomazia e spavalderia dello shale.
Ezra Yacob, CEO di EOG, ha dichiarato che la società è “entusiasta” del potenziale di sviluppo orizzontale del bacino. Traduzione: vedono una ricchezza enorme in stile Permiano sotto la sabbia e non hanno paura di fratturarla.
Resta da vedere se EOG riuscirà a replicare la magia del Texas in terra straniera, ma una cosa è certa: tra campus dedicati all’intelligenza artificiale, megaprogetti sull’idrogeno e ora la spinta allo shale negli Emirati Arabi Uniti, la bromance energetica tra Stati Uniti e Golfo è tornata in pieno vigore.
All’inizio di questo mese, EOG Resources ha riportato un solido utile netto rettificato di 1,6 miliardi di dollari nel primo trimestre, con un flusso di cassa libero di 1,3 miliardi di dollari.
Perché è importante
Lo sfruttamento di questi pozzi wildcat, sconosciuti e quindi del petrolio con tecniche shake oil può incrementare le già notevoli riserve petrolifere degli Emirati Arabi Uniti, stimate in 98 miliardi di barili di petrolio, garantendo la ricchezza del Paese ancora per decenni.
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