ENI preme sull’acceleratore della produzione di GNL in Indonesia

L’Eni accelererà lo sviluppo del giacimento di gas in acque profonde Geng North al largo della costa indonesiana, con la prima produzione prevista per il 2027, ha riferito Upstream, sottolineando che il giacimento contiene circa 141 miliardi di metri cubi di gas umido.

La notizia della scoperta del giacimento è arrivata all’inizio di ottobre. All’epoca, la società aveva dichiarato che avrebbe studiato le opzioni per accelerare lo sviluppo del settore.

“La campagna esplorativa in corso, insieme alle recenti acquisizioni, è in linea con la strategia di transizione energetica di Eni volta a spostare progressivamente il mix di portafoglio verso gas e GNL, puntando al 60% nel 2030, e ad aumentare il proprio portafoglio azionario GNL”, ha affermato la società.

Eni prevede di aumentare la quota di GNL nelle sue operazioni al 60% entro il 2030 e di espandere il proprio portafoglio di GNL.

Il giacimento Geng North si trova accanto a pozzi già operativi, nei quali Eni ha recentemente rilevato le quote di Chevron. L’accordo è stato annunciato a luglio e coinvolgeva tre quote di maggioranza in giacimenti situati nello stesso bacino di Geng North, il bacino di Kutei.

“Grazie alla sua posizione e alle sue dimensioni significative, la scoperta ha il potenziale per contribuire in modo sostanziale alla creazione di un nuovo hub di produzione [del gas]”, ha affermato la multinazionale italiana.
L’accelerazione dello sviluppo del giacimento in Indonesia avviene nel contesto della continua tensione dei mercati globali del gas, aggravata recentemente dalla guerra tra Israele e Hamas, che finora ha portato alla chiusura della produzione in uno dei più grandi giacimenti di gas israeliani, Tamar.

Il gas di Tamar veniva inviato in Egitto, dove veniva liquefatto e venduto sui mercati globali. Tamar, insieme a Leviatano e ai giacimenti di gas in Egitto, ha gettato le basi di piani per trasformare il Mediterraneo orientale in un nuovo hub globale del gas, soprattutto dopo che l’Unione Europea ha perso l’accesso alla maggior parte del gas russo.