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Energia e UE: bisogna creare un programma dimostrativo parallelo al gigante ITER

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l nuovo responsabile europeo della fusione vuole che le nazioni europee lavorino a un reattore a fusione dimostrativo contemporaneamente alla costruzione dell’impianto sperimentale di fusione ITER nel sud della Francia.

Ambrogio Fasoli, riportato da Physics,  che ha assunto a gennaio la carica di capo di EUROfusion, afferma che per lavorare a questo dispositivo sarà necessaria una stretta collaborazione con l’industria privata della fusione. EUROfusion è un consorzio di 28 laboratori di fusione che riunisce 4800 ricercatori di tutta Europa.

L’apertura di ITER, ipotizzata per la prima volta negli anni ’80, è prevista per la fine del 2025. Tuttavia, non prima della metà del 2030, ITER effettuerà esperimenti al plasma di deuterio-trizio (D-T). Solo allora ITER dimostrerà il suo obiettivo principale di ottenere un guadagno netto di energia pari a 10 e che la fusione nucleare può essere una fonte di energia sicura, affidabile, efficiente e relativamente pulita.

Il problema è che i tempi sono troppo lunghi per mantenere l’attenzione su ITER: aspettare il 2030 per sapere che, magari, tutto questo non è servito è troppo lungo, soprattutto perché ci sono esperimenti di fusione in corso molto meno costosi e con tempi più brevi. Ad esempio ENI e Commonwealth fusion prevedono di raggiungere la fusione commerciale  Alcuni paesi stanno seguendo propri programmi perché ITER è troppo lento.  Inoltre ITER è stato segnato da una serie di problemi che ne hanno messo in dubbio tempi ed efficacia.

La comunità europea della fusione, che è il partner principale di ITER, sta adottando un approccio diverso. Vuole aspettare che ITER sia pienamente operativo prima di progettare e costruire un reattore dimostrativo che produca anche elettricità – un impianto di fusione “DEMO”. Ma Fasoli, un fisico del plasma che è anche direttore dello Swiss Plasma Center presso l’EPFL di Losanna, afferma che l’Europa deve ora ripensare la sua strategia.

“Se vogliamo sviluppare DEMO entro la metà del secolo, dobbiamo procedere il più possibile parallelamente a ITER, piuttosto che seguire l’attuale approccio sequenziale che dipende completamente dalle tappe di ITER”, ha dichiarato Fasoli a Physics World. “ITER è un progetto cruciale per la ricerca sulla fusione e abbiamo già imparato così tanto dal progetto che non dobbiamo aspettare per applicare queste lezioni altrove”.

Fasoli insiste sul fatto che non è necessario conoscere tutti i dettagli del plasma D-T di ITER prima di iniziare a progettare un DEMO. “Possiamo preparare un progetto in grado di adattarsi a possibili diverse disposizioni del plasma”, aggiunge, sottolineando che è possibile utilizzare simulazioni numeriche ed estrapolare dati da esperimenti al plasma attuali o precedenti, come il JET nell’Oxfordshire, che ha effettuato l’ultimo colpo di fusione l’anno scorso e che da anni conduce esperimenti rilevanti per ITER.Alto rischio, alto guadagno

L’Europa dovrebbe predere dei rischi sulla fusione

Secondo Fasoli, l’Europa dovrebbe ora lavorare su “soluzioni” ad alto rischio ma con un elevato potenziale, bilanciando le conoscenze consolidate con l’innovazione. Questo approccio sarebbe simile al modo in cui le imprese private di fusione operano con “un senso di urgenza”, ma riconosce che l’Europa è in ritardo rispetto agli Stati Uniti quando si tratta di promuovere un’industria privata della fusione.

“Questo ci obbliga a essere un po’ più intraprendenti e a lavorare più a stretto contatto con il settore privato, idealmente nell’ambito di partenariati pubblico-privati”, afferma. “Abbiamo già la parte pubblica, ma sicuramente in Europa manca quella privata. Per DEMO abbiamo bisogno di entrambe”.

Fasoli insiste sul fatto che questa partnership andrebbe ben oltre il semplice acquisto di attrezzature dal settore privato da parte di enti pubblici, come avviene attualmente per ITER. “Deve avere obiettivi, responsabilità e risultati comuni”, aggiunge.

Fasoli aggiunge che il potenziale boom della fusione privata in Europa rappresenta una sfida in termini di mantenimento ed espansione della forza lavoro del settore pubblico. “Il mercato del lavoro per i fisici e gli ingegneri della fusione è probabilmente più ampio che mai e le aziende private sono spesso più attraenti dei laboratori pubblici, soprattutto per i giovani”, afferma. “Quindi rischiamo una fuga di cervelli”.

Per garantire e ampliare l’afflusso di talenti, Fasoli sostiene che la fusione dovrebbe ispirarsi alla comunità europea di fisica delle particelle, che dispone di laboratori e aziende private “ben collegate e integrate nel mondo accademico”.

Fasoli mette in luce qualcosa che è evidente: la via europea alla fusione, fatta di burocrazia, lentezza e gigantismo non sta funzionando. I privati sono molto più efficienti e o la UE cambia via di sviluppo, oppure rischia di essere superata ed aver speso una cifra enorme per niente.


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