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Emendamento Pd al Decreto dignità: mai dalla parte dei lavoratori, sempre da quella delle multinazionali (di P. BECCHI e G. PALMA)

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Era il 2012 quando il Pd a guida Bersani votava a favore della riforma del lavoro targata Elsa Fornero. Stiamo parlando della Legge n. 92/2012 con la quale il Governo Monti non solo ridusse i casi in cui il lavoratore illegittimamente licenziato poteva chiedere al giudice di essere reintegrato nel posto di lavoro (la cosiddetta “tutela reale”), ma riformò anche la “tutela obbligatoria” (cioè quella economica) all’interno della forbice 12-24 mensilità.

Nel dicembre 2014 arriva la Legge n. 183/2014 – il cosiddetto Jobs Act voluto da Renzi – che distrugge definitivamente i diritti dei lavoratori: la “tutela reale” diventa un’ipotesi meramente residuale, mentre quella “obbligatoria” viene ridotta a 4-24 mensilità.

Il Decreto dignità di Di Maio, pur non modificando nulla in merito alla “tutela reale”, alza la “tutela obbligatoria” in favore dei lavoratori, portando la forbice del risarcimento economico da 4-24 mensilità del Jobs Act a 6-36 mensilità. Una misura che meglio tutela i lavoratori.

Il Decreto dignità è un decreto legge del Governo, quindi immediatamente efficace, ma necessita della conversione in legge entro sessanta giorni, pena la cessazione ex tunc dei suoi effetti (cioè dall’inizio). Ed ecco che il Pd ne combina una delle sue. Prima afferma che il Decreto di Di Maio non fa gli interessi dei lavoratori, poi presenta in Parlamento un emendamento che vorrebbe sopprimere l’articolo del decreto che ha aumentato la forbice del risarcimento per i lavoratori che vengono licenziati ingiustamente. In pratica, il Pd vorrebbe abrogare la norma del Decreto dignità che alza l’asticella delle mensilità previste per la “tutela obbligatoria” da accordare al lavoratore ingiustamente licenziato.

Inutile nasconderlo, il Partito democratico coi lavoratori non ha più nulla a che fare. Dopo la batosta elettorale del 4 marzo al Nazareno avrebbero dovuto fare un mea culpa sincero e riflettere sugli errori commessi proprio nei confronti del mondo del lavoro. E invece continuano imperterriti a percorrere una strada politicamente suicida.

di Paolo BECCHI e Giuseppe PALMA

 

 


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