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Elezioni USA: la “Grande Rivoluzione” che non c’è. La fine dei Cuomo a NY e la cronaca di vittorie annunciate

Elezioni USA: la fine dei Cuomo e la ‘non-vittoria’ dei Dem. Perché i risultati di NY e Virginia non sono una rivincita, ma solo la conferma di uno status quo (e di una faida interna).

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Si è votato negli USA e come spesso accade nel circo mediatico d’oltreoceano, chi cercava la “svolta” epocale o la “rivoluzione” si ritrova con in mano poco più che un pugno di mosche, o,  per essere più precisi, un pugno di conferme. Le elezioni di martedì 4 novembre 2025 in New York, New Jersey e Virginia non hanno segnato nessuna “rivincita” democratica, nessun “terremoto” politico e, francamente, hanno generato più noia che altro.

Hanno semplicemente confermato quello che un’analisi tecnica, e non emotiva, dei flussi elettorali già sapeva: gli stati strutturalmente blu restano blu, la debolezza repubblicana in certe aree urbane è cronica, e le dinastie politiche, anche le più potenti, prima o poi implodono.

L’errore, come sempre, è scambiare una faida interna al Partito Democratico—per quanto rumorosa—con un referendum nazionale. La vera notizia non è la vittoria dei Democratici in stati che già controllavano saldamente, ma la fine, probabilmente definitiva, di un’era di potere a New York: quella della famiglia Cuomo.

Virginia e New Jersey: l’analisi tecnica di una fortezza blu

Partiamo dalla “non-notizia”. In Virginia, la democratica Abigail Spanberger ha conquistato la poltrona di governatore. Nel New Jersey, la sua collega di partito Mikie Sherrill ha fatto lo stesso, battendo il repubblicano Jack Ciattarelli.

Sorpresi? Non dovreste.

Vedere questi risultati come una “rivalsa” o un segnale di rinnovata forza Democratica in vista delle prossime scadenze nazionali è, per usare un eufemismo, “molto parziale”. Questi stati non erano in bilico; erano già saldamente in mano democratica da tempo.

L’analisi tecnica della Virginia è esemplare: la Virginia non è più uno swing state da anni. È uno stato la cui economia, specialmente nel nord (NoVA – Northern Virginia), è intrinsecamente legata alla spesa pubblica federale. È il regno dei contractor della difesa, dei lobbisti, dei dipendenti del Pentagono e dell’immenso apparato burocratico di Washington D.C.

Questa non è un’opinione, è geografia politica-economica. Questo elettorato, ricco e suburbano, non voterà mai in massa per un partito (il GOP) che—almeno a parole—promette di “tagliare il governo” o ridurre la spesa federale. Facendolo, voterebbe contro il proprio portafoglio. La Spanberger non ha vinto per la sua piattaforma; ha vinto perché la struttura economica della Virginia moderna è, di fatto, dipendente dallo Stato centrale. Non c’è più una vera economia privata, ma una sovvenzionata dalla spesa federale. Tra l’altro questo momento di shutdown ha radicalizzato ancora di più i dipendenti federali.

Discorso simile per il New Jersey, uno stato ricco, suburbano, legato a doppio filo alle sorti di New York City e all’industria farmaceutica. Il GOP ha provato a candidare figure moderate, ma il solco demografico e strutturale è semplicemente troppo profondo. I Democratici qui non hanno conquistato nulla: hanno difeso, senza particolare affanno, ciò che era già loro.

Mikie Sherril, la nuova governtatrice del New Jersey, battendo Ciattarelli

New York: non chi vince, ma chi perde

La vera, unica, notizia di questa tornata elettorale arriva dalla Grande Mela. Ed è una notizia che parla di una fine, di un tramonto. La vittoria del socialista democratico Zohran Mamdani a sindaco di New York è, paradossalmente, quasi secondaria rispetto alla sconfitta bruciante di chi è arrivato alle sue spalle: Andrew Cuomo.

Con la sua candidatura da indipendente, l’ex Governatore tentava un disperato ritorno in scena dopo essere stato cacciato dal suo stesso partito per una serie di scandali (dalla gestione dei dati COVID nelle case di riposo alle accuse di molestie). Ha fallito.

Andrew Cuomo, la fine di una carriera politica

La caduta di Andrew Cuomo segna la fine di una dinastia che ha regnato, nel bene e nel male, sulla politica newyorkese per quasi mezzo secolo.

  1. Mario Cuomo (Il Padre): Il filosofo-governatore, l’icona liberal degli anni ’80 e ’90, l’uomo che affascinava con la sua oratoria complessa. Rappresentava l’ala intellettuale e idealista del partito.
  2. Andrew Cuomo (Il Figlio): L’esatto opposto. Un operatore politico brutale, un “bullo” temuto e rispettato. Un costruttore (in senso quasi keynesiano) di grandi opere, come il ponte Tappan Zee (ora intitolato a suo padre) e l’ammodernamento degli aeroporti. Ma anche un maestro nell’uso del potere, delle retrovie e del debito statale.

La sua sconfitta non è una vittoria repubblicana. Il candidato GOP, Curtis Sliwa (fondatore dei “Guardian Angels”),è una brava persona, ma non aveva alcuna chance di vittoria in una città come NYC. La sconfitta di Cuomo è un patto con il diavolo che si rompe. È il Partito Democratico che, dopo aver usato il “metodo Cuomo” per decenni, ha deciso che l’arroganza e il peso di quel nome erano diventati insostenibili. Ora si butta silla sinistra più estrema, per gli USA:

È un patricidio politico, consumato dall’ala sinistra del suo stesso partito. Curiosamente, come notato da alcune fonti, Cuomo nel suo ultimo, disperato tentativo, aveva incassato l’appoggio di figure come Donald Trump ed Elon Musk: i presunti “anti-sistema” che appoggiavano il capostipite del sistema. Un cortocircuito che la dice lunga sulla confusione politica attuale.

Silwa, il candidato repubblicano che non può vincere

L’illusione ottica di Zohran Mamdani

E veniamo al vincitore: Zohran Mamdani. Un socialista democratico di 34 anni, musulmano, che promette una piattaforma radicale: autobus gratuiti, supermercati comunali per calmierare i prezzi, blocco degli affitti e, naturalmente, tasse pesanti sui ricchi.

La stampa progressista celebra la sua vittoria come l’alba di una nuova era socialista, una “shockwave”. Anche qui, l’analisi tecnica impone cautela: Mamdani ha vinto, ma la sua vittoria è meno trionfale di quanto la narrativa vorrebbe far credere.

Come ci è stato fatto notare, il margine di vittoria, se confrontato con le previsioni più trionfalistiche, non è stato schiacciante. Ma c’è un dato tecnico ancora più interessante e che i media liberal stanno accuratamente ignorando. Mamdani ha vinto perché il campo moderato-conservatore era frammentato e non aveva nessuna seria politica alternativa.

Se sommiamo i voti dell’indipendente Andrew Cuomo (il “vecchio” establishment democratico) e quelli del repubblicano Curtis Sliwa, ci si accorge che una fetta maggioritaria di New York non ha votato per la piattaforma socialista. Mamdani ha vinto non perché la città si sia improvvisamente convertita a Marx, ma perché i suoi avversari erano divisi e, nel caso di Cuomo, politicamente “tossici”.

Il programma di Mamdani, inoltre, è tecnicamente preoccupante. Non si tratta di una politica economica espansiva, come, malamente, facevano i Cuomo (spesa pubblica per investimenti produttivi, per creare ponti, che poi magari venivano costruiti da amici). È pura spesa pubblica corrente e sovvenzionamento di una parte dell’elettorato, in una città che sta già affrontando un’emorragia di contribuenti ad alto reddito (la linfa vitale del bilancio comunale) verso la Florida e il Texas. Momdani ha avuto i voti di chi spera di ricevere contributi pubblici, ma chi li pagherà? Sempre meno i ricchi che se ne vanno al sole e al caldo.

Conclusione: una partita in difesa, non una “Rivalsa”

In sintesi, cosa ci dicono queste elezioni del 2025? Molto poco, ed è questa la notizia.

StatoGara ChiaveVincitoreAnalisi 
New YorkSindaco NYCZohran Mamdani (Dem/DSA)Faida interna. Vittoria della sinistra radicale dovuta alla frammentazione avversaria. La vera notizia è la fine della dinastia Cuomo.
New JerseyGovernatoreMikie Sherrill (Dem)Status Quo. Vittoria scontata in uno stato strutturalmente blu. Nessuna sorpresa, nessuna “rivalsa”.
VirginiaGovernatoreAbigail Spanberger (Dem)Status Quo. Vittoria scontata. L’economia di NoVA, dipendente dalla spesa federale, blinda lo stato per i Democratici.

Chi parla di “Rivalsa Democratica” usa la propaganda, non l’analisi.

  • I Democratici hanno giocato in difesa, mantenendo territori che già possedevano. Non hanno conquistato nulla.
  • Il Partito Repubblicano si è dimostrato impresentabile a NYC (Sliwa) e incapace di formulare un messaggio credibile per le aree suburbane ricche di VA e NJ.
  • La storia principale (Cuomo/Mamdani) è stata una guerra civile tra l’establishment Dem e la nuova sinistra radicale.

Non è stata una rivoluzione. Non è stata una rivincita. È stata, con la notevole eccezione del dramma dinastico a New York, una semplice, e un po’ noiosa, conferma dello status quo. Le elezioni di Mid Term sono tutte da giocare.

Domande e risposte

Perché la sconfitta di Andrew Cuomo è così importante?

Perché segna la fine di un’era. La famiglia Cuomo ha dominato la politica di New York per quasi 50 anni, prima con il padre Mario e poi con il figlio Andrew. Andrew era un operatore politico potente, un “bullo” efficace che rappresentava l’establishment democratico pragmatico e costruttore (di infrastrutture e di debito). La sua sconfitta per mano di un socialista, dopo essere stato cacciato dal partito, non è una vittoria repubblicana, ma un “patricidio” politico interno. Dimostra che il nome Cuomo è diventato tossico e che l’ala sinistra del partito è ora dominante a NYC.

La vittoria del socialista Mamdani a New York è una “rivoluzione”?

È più un’illusione ottica. Sebbene la sua piattaforma sia radicale (bus gratis, supermercati comunali), la sua vittoria è stata resa possibile più dalla debolezza e divisione degli avversari che da una schiacciante conversione della città al socialismo. Sommando i voti del moderato (ex-Dem) Andrew Cuomo e del repubblicano Curtis Sliwa, emerge che la maggioranza dei newyorkesi ha votato contro la piattaforma di Mamdani. Ha vinto perché il campo moderato era frammentato tra un candidato “tossico” (Cuomo) e uno impresentabile (Sliwa).

Perché i Repubblicani hanno perso in Virginia e New Jersey?

Perché questi stati sono strutturalmente democratici, o “blu”. Non sono veri swing states. L’economia del New Jersey (suburbi ricchi, finanza, farmaceutica) e soprattutto quella della Virginia sono la chiave. La Virginia del Nord (NoVA), l’area più popolosa, vive di spesa pubblica federale (Pentagono, contractor, burocrazia). Un elettorato che dipende economicamente dallo Stato centrale non voterà mai per il Partito Repubblicano che promette di “tagliare il governo”. I Democratici hanno semplicemente difeso il loro territorio, non hanno conquistato nulla di nuovo. La partita del Mid Term è tutta da giocare.

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