Esteri
Elezioni Israele: dopo sarà resa dei conti Tel Aviv- Teheran?
Lo scorso dicembre, la coalizione di centrodestra che appoggiava il governo di Benjamin Netanyahu si è spaccata a causa del controverso disegno di legge che voleva definire Israele, Stato della nazione ebraica, definizione fortemente voluta dagli ambienti di estrema destra che però ha costretto i due ministri di centro Livni e Lapid, ad abbandonare il governo portando il paese alle elezioni anticipate. Il 17 marzo assisteremo al rito delle elezioni israeliane.
Spieghiamo brevemente il sistema elettorale israeliano, che è molto semplice. I deputati sono 120, il sistema è un proporzionale puro con soglia di sbarramento al 3,25% con liste bloccate (scelte dai partiti, come era il nostro Porcellum). Al termine delle elezioni, il Presidente della Repubblica conferisce alla persona che ha più probabilità di formare un esecutivo, l’incarico come presidente del consiglio che però sarà ufficializzato solo dopo le, di solito, lunghe trattative per formare una coalizione di governo, che possono durare anche mesi, dato che in genere servono almeno quattro partiti per avere la maggioranza di 61 parlamentari, che però di solito non è sufficiente, quindi si punta sempre ad avere qualche deputato in più.
Ora elenchiamo i partiti che hanno reali possibilità di superare la soglia del 3,25% e indichiamo brevemente la loro posizione e i seggi attribuitegli dagli ultimi sondaggi.
PARTITI DI DESTRA
LIKUD, 22 seggi: partito di centro-destra, il cui leader è il presidente Netanyahu. Su posizioni liberali, in politica interna ed esterna è ultimamente su posizioni aggressive sia contro Hamas, che contro Hezbollah e Iran.
JEWISH HOME, 12 seggi: partito di estrema destra. Favorevole all’annessione dei territori contesi con i palestinesi ed ad una politica estera più aggressiva. E’ il partito dei coloni ebrei.
ISRAEL BEITEINU, 6 seggi: partito di estrema destra. Ultranazionalista, rappresenta gli interessi degli ebrei immigrati, in particolar modo degli ebrei russofoni. Fortemente anti-islamico, favorevole alla totale distruzione di Hamas.
KULANU, 7 seggi: partito di centro-destra. Sulla stessa linea del Likud, ma su posizioni più vicine ai problemi socio-economici della società israeliana. Il suo leader punta alla carica di Ministro delle Finanze. Moderatamente nazionalista.
PARTITI RELIGIOSI
UNITED TORAH JUDAISM, 7 seggi: partito ultra-ortodosso. Rappresenta gli interessi degli ebrei ultra-ortodossi haredi. Fortemente contrario a qualsiasi legge contro questa minoranza religiosa, che attualmente gode di molti privilegi.
SHAS, 7 seggi: partito ultra-ortodosso. Rappresenta gli interessi degli ebrei sefarditi, minoranza poco rappresentata rispetto agli ebrei askenaziti.
YACHAD-OTZMA YEHUDIT, 4 seggi: partito ultra-ortodosso. Rappresenta un distaccamento di Shas, si presenta alleato con il partito ultra-nazionalista Otzma Yehudit.
PARTITI DI CENTRO-SINISTRA
ZIONIST UNION, 24 seggi: partito di centro-sinistra. Di orientamento laburista, moderatamente favorevole alla creazione di uno stato palestinese. Leader e possibile presidente, Isaac Herzog.
MERETZ, 6 seggi: partito di sinistra. Su posizioni socialiste, vicino ai diritti dei gay e degli arabi. Favorevole alla creazione di uno stato palestinese.
YESH ATID, 12 seggi: partito di centro. Partito impegnato nella lotta alla corruzione, all’abbassamento delle tasse e alla risoluzione delle problematiche socio-economiche. Moderatamente favorevole alla risoluzione del conflitto con i palestinesi.
PARTITI ARABO-ISRAELIANI
JOINT LIST, 13 seggi: partito degli arabi-israeliani. Su posizioni filo-palestinesi, contrari al carattere unicamente ebraico dello Stato di Israele. Accusati di essere vicini ad Hamas.
Questo è il quadro completo dei partiti che hanno chance di superare la soglia di sbarramento. A questo quadro c’è da aggiungere che alcuni partiti vanno già in tandem e queste alleanze sono LIKUD-JEWISH HOME; ISRAEL BEITEINU- KULANU; ZIONIST UNION-MERETZ. Detto questo ora tracceremo le possibili coalizioni di governo, se i risultati si dovessero mantenere all’incirca su questi numeri:
COALIZIONE POSSIBILE N.1, Presidente Netanyahu. Composizione: Likud-Jewish Home-Israel Beiteinu-Kulanu-Shas-UTJ-Yachad. 65 SEGGI. Coalizione a nostro avviso, probabile, anche se ci saranno da superare le possibili divergenze tra Israel Beiteinu e i partiti ultra-ortodossi e le richieste del partito Kulanu. A favore di questa coalizione, le recenti dichiarazioni dei leader dei partiti ultra-ortodossi che si sono espressi abbastanza favorevolmente ad un governo Netanyahu e quelle del leader di Kulanu che si è detto disponibile a sedere in qualsiasi governo, se ottiene i suoi obiettivi programmatici. Alternativamente si potrebbe pensare ad un recupero dell’alleanza con l’ex alleato Yesh Atid, cosa che riteniamo decisamente improbabile, dato che quest’ultimo ha escluso la possibilità di appoggiare di nuovo Netanyahu.
COALIZIONE POSSIBILE N.2, Presidente Herzog. Composizione: Zionist Union-Meretz-Yesh Atid-Joint list e uno tra Kulanu, Shas, UTJ e Israel Beiteinu. 62-70 SEGGI. Questa coalizione, è probabile con l’aggiunta di Kulanu che condivide alcune posizioni con Yesh Atid e Meretz. Però, recentemente Kulanu si è fortemente opposto alla possibilità che si possa sedere assieme ai partiti arabi. Stesso discorso vale per il partito Israel Beiteinu e per i partiti ultra-ortodossi, quest’ultimi, inoltre, non si siederebbero mai con Yesh Atid, che ha attaccato duramente i loro privilegi nel precedente governo. Con questi numeri, a causa delle divergenze asimmetriche tra i partiti minori, un governo guidato dal centro-sinistra di Herzog, ci pare decisamente improbabile.
COALIZIONI POSSIBILE N.3, Presidente Herzog o Netanyahu o terzo da decidere. Composizione: Likud-Zionist Union-Kulanu e almeno altri due partiti. Questo potrebbe essere un colpo di scena, anche se Netanyahu ha escluso un governo di unità nazionale con la sinistra, con cui dice di avere differenze ideologiche su temi importanti, troppo marcate. Non possiamo però escludere questo scenario, nel caso le trattative non portassero nessuno a formare un governo stabile. Non è facile nemmeno questa alleanza, perché può risultare difficile trovare altri partiti che possano appoggiare questa coalizione dato che i partiti più estremi, sia a destra sia a sinistra, si sentirebbero traditi. Esito moderatamente improbabile, ma non impossibile.
Fatti tutti questi ragionamenti elettorali veniamo ora al discorso di un possibile attacco all’Iran. Come probabilmente già sapete, l’Iran sta sviluppando un programma nucleare, ufficialmente per scopi civili, inviso ad Israele ed a gran parte del mondo occidentale soprattutto per il fatto che permetterebbe alla teocrazia iraniana di dotarsi di armamenti nucleari.
Recentemente abbiamo visto Netanyahu volare a Washington su invito del Partito Repubblicano e parlare al Congresso, umiliando il Presidente Obama che non è stato nemmeno incontrato. Questo link di Geopolitical Center ne mostra i punti salienti. Il presidente israeliano ha chiaramente sostenuto che l’Iran, oltre ad essere un pericolo perché minaccia ufficialmente la distruzione di Israele, sta espandendo di molto il suo raggio d’azione appoggiando direttamente gli Hezbollah libanesi, il regime di Damasco, gli sciiti iracheni e quelli yemeniti.
A nostro avviso l’intervento israeliano contro l’Iran e i suoi alleati in Libano, Siria e Iraq è decisamente probabile entro la fine dell’anno per le seguenti motivazioni:
1) L’Iran continua indisturbato il suo programma nucleare
2) L’Isis è in difficoltà in Iraq, a causa dell’intervento quasi diretto dell’Iran. Senza fare ipotesi complottiste (che abbiamo già fatto in altri nostri articoli) la sconfitta di Isis in quella zona vuol dire la vittoria e l’espansione della zona di influenza iraniana e probabilmente per il governo israeliano è più gestibile il Califfato, rispetto all’imponente potenza militare ed economica iraniana.
3) L’Arabia Saudita avrebbe aperto il suo spazio aereo ai caccia israeliani come scritto in questo articolo di Rischio Calcolato. Il motivo è che l’Iran rappresenta una minaccia anche per i sunniti sauditi e in Yemen, appoggiando la ribellione sciita lo ha dimostrato ed una minoranza sciita esiste anche in Arabia Saudita, quindi il rischio destabilizzazione è alto.
4) Turchia e Qatar, probabili sponsor dell’estremismo islamico sunnita (ho detto ISIS?) probabilmente hanno un certo interesse strategico nel veder abbattere gli sciiti filo-iraniani in Siria, Libano e Iraq (ho detto gasdotto Qatar?) e il tempo stringe dato che l’ISIS sembra che le stia buscando.
5) Il discorso anti-diplomatico di Netanyahu chiaramente dimostra una certa fretta da parte israeliana di affrontare il discorso iraniano e un imminente intervento militare
6) Se effettivamente dalle urne uscisse un governo come visto nella coalizione n.1 quindi fortemente orientato verso il nazionalismo e l’ortodossia religiosa credo che l’attacco a Teheran diventi praticamente una certezza. Nel caso così non fosse questo diventerebbe meno probabile ma non impossibile.
7) L’Ayatollah Khamenei, leader supremo della Repubblica Islamica Iraniana, sarebbe in grave condizioni, forse è già morto. Il vuoto di potere potrebbe avere ulteriori effetti destabilizzanti.
Dette queste motivazioni, crediamo che l’attacco all’Iran potrebbe accadere o prima delle elezioni del 17 marzo dato che Netanyahu è comunque in carica e potrebbe usare qualche scusa per far partire la guerra e posticipare le elezioni (la legge israeliana lo prevede ed anche già successo in passato). Oppure potremmo aspettarci un false flag importante contro Israele che giustifichi un’ azione punitiva, anche partendo attaccando gli Hezbollah libanesi o Assad. Oppure semplicemente se si confermasse un rinnovo del mandato di Netanyahu, questo dirà che aspettare ancora è un rischio troppo grande per Israele e che è necessario attaccare l’Iran, anche da soli.
Una guerra con l’Iran sicuramente non sarà una passeggiata. Teheran ha un potenza militare tra le prime al mondo ed inoltre Israele subirebbe all’istante la rappresaglia degli Hezbollah libanesi. Gli USA, con guida Obama, probabilmente non interverranno direttamente, un po’ come in Ucraina. A nostro avviso, la nuova politica statunitense è quella di far combattere gli alleati. Interessante sarà vedere la reazione degli altri paesi islamici ad un intervento israeliano contro l’Iran. Paesi potenzialmente ostili a questo intervento potrebbero essere l’Egitto in primis e forse anche Giordania ed Emirati Arabi Uniti, che sono alleati dell’Iran nella lotta all’Isis. Noi continueremo a monitorare questa situazione alla luce delle imminenti elezioni del 17 marzo. La situazione nell’aerea medio-orientale che è già bollente, presto potrebbe diventare incandescente.
Le conseguenze di un attacco massiccio all’Iran potrebbero essere molteplici: sicuramente l’inizio di una guerra di ampia portata tra i due paesi che potrebbe coinvolgerne anche altri e soprattutto la possibilità per l’Isis di riprendere fiato e di dilagare contro siriani ed iracheni sciiti orfani del loro principale supporto e che probabilmente rischierebbero anche di essere bombardati dai caccia israeliani. (Del resto Israele ha già colpito in passato il regime di Damasco). Si verificasse questo, le insegne nere dello Stato Islamico potrebbero vedersi anche a Damasco e a Baghdad. E parlare di Terza Guerra Mondiale non sarebbe più soltanto una nostra ipotesi storica ma sarebbe cronaca reale.
A livello economico, potremmo vedere schizzare verso l’alto il prezzo del petrolio dopo i recenti pesanti ribassi. Questo potrebbe creare un mix recessivo mondiale esplosivo cioè deflazione globale da rivalutazione del dollaro (che finora è stata mitigata dal crollo del greggio) e prezzo del petrolio alto per motivi geopolitici ( guerra all’Iran, Iraq e Libia, collasso Venezuela e Nigeria) che renderebbe la seconda parte del 2015 il periodo più grave dall’ultimo conflitto mondiale.
by Fenrir
Fonte: HESCATON.COM
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