Analisi e studi
Ecco alcune proposte di Salvini per la riforma della giustizia penale (con qualche nostro suggerimento) – di P. Becchi e G. Palma
Articolo a firma di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero di oggi, 2 agosto 2019:
Il Consiglio dei ministri, dopo quasi nove ore di discussione, ha varato ieri notte solo una parte del “testo Bonafede” sulla riforma della giustizia. Solo quella che riguarda la giustizia civile, mentre per quanto concerne la riforma della giustizia penale il testo è per ora congelato, “salvo intese” a divenire tra i due partiti di maggioranza. Sulla riforma del Csm c’è in generale un accordo di massima, ma la discussione è ancora in corso. E Su questo non ci soffermeremo.
Si tratta di un disegno di legge del governo col quale l’esecutivo chiede al Parlamento la delega a legiferare in materia di riforma della giustizia, facoltà prevista dall’art. 76 della Costituzione. La palla passerà successivamente al Parlamento (relativamente ai soli punti condivisi in seno al Consiglio dei ministri), che oltre a poter modificare il testo dovrà determinare i principi, i tempi e i criteri direttivi entro cui il governo deve attenersi per l’adozione dei successivi decreti legislativi. Insomma, di quello che è uscito ieri notte dal Consiglio dei ministri tutto potrà essere ancora modificato dalle Camere e poi nuovamente dal Governo. I tempi previsti sono, al momento, superiori ad un anno.
Il nodo resta la giustizia penale, sulla quale M5S e Lega non hanno trovato l’intesa. Salvini ha infatti definito “timida” la bozza Bonafede e non ha dato il via libera. Ora tutti si scagliano contro il leader della Lega con la scusa che il suo veto sulla riforma della giustizia penale sia un grimaldello per ottenere in cambio dai 5Stelle una rivisitazione della prescrizione (voluta dai pentastellati col decreto spazza-corrotti) che entrerà in vigore il 1° gennaio 2020. Balle.
Non è questo l’oggetto del contendere. A Salvini interessa soprattutto una riforma della giustizia penale che non prescinda dalla riduzione dei tempi dei processi e dal rendere effettivo il principio di responsabilità civile dei magistrati. Diversamente, è acqua di rose. Non è vero infatti che la Lega non ha avanzato proposte, tutt’altro. Ne ha presentate alcune che riteniamo valide ma che gli alleati di governo hanno disatteso. Vediamo qui rapidamente quelle più importanti.
In primis la separazione delle carriere tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, assente nella proposta di Bonafede, uno dei principali motivi che hanno indotto Salvini a bloccare la riforma. Il leader della Lega ha ragione, anche perché si tratta di dare finalmente attuazione al principio del “giusto processo” sancito dall’art. 111 della Costituzione: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale”. La mancata separazione delle carriere rende infatti vana l’imparzialità del magistrato giudicante, soprattutto se chi deve giudicare proviene da pregressi decenni di attività inquisitoria in procura.
Altra grande assente è una disciplina in grado di regolare la giungla delle intercettazioni, che senza un intervento normativo rischia di restare ancora una volta alla berlina di un sistema perverso fatto di Pm, cancellieri e giornalisti sodali. La Lega ha proposto di circoscrivere le intercettazioni evitando di tirare in ballo terze persone intercettate che non c’entrano nulla con le indagini (le cosiddette intercettazioni “a strascico”) e di impedire la pubblicazione di gossip, ma il M5S ha fatto orecchie da mercante.
Timido il limite temporale introdotto da Bonafede alle indagini preliminari, il cui periodo – nelle intenzioni del ministro della giustizia – potrà essere prorogato per una sola volta (oggi sono due) e solo per un periodo di sei mesi, salvo casi particolari. La Lega ha invece proposto di inserire un tempo fisso senza proroghe, in modo da evitare attività eccessivamente discrezionali da parte degli inquirenti. E anche su questo i pentastellati hanno fatto finta di niente.
Altra questione rilevante è l’introduzione del termine di sei anni (inizialmente il MoVimento ne aveva proposti addirittura nove) quale limite temporale per la durata di un processo, decorso il quale i magistrati potranno risponderne per via disciplinare. La proposta della Lega mira invece a contenere il processo entro il termine di quattro anni, una soluzione che darebbe all’imputato la garanzia di vedersi riconosciuto il principio costituzionale della “ragionevole durata del processo”. Bonafede non ne vuole sapere e non si capisce proprio il perché.
Nulla in materia di applicazione delle misure cautelari. Quella che una volta veniva chiamata “carcerazione preventiva” merita una regolamentazione coraggiosa: se da un lato occorre potenziare la misura cautelare del carcere per reati gravi come il favoreggiamento all’immigrazione clandestina, lo stupro, lo spaccio di stupefacenti, l’omicidio e la detenzione illegale di armi, dall’altro occorrerebbe favorire – soprattutto per i reati con minore impatto sociale – quella degli arresti domiciliari al posto del carcere. La punizione anticipata dietro le sbarre è tipico della mentalità giustizialista dei 5Stelle ed è giusto che la Lega tenti di bloccarla.
Manca inoltre una decente regolamentazione sulle impugnazioni dell’imputato. La riforma Orlando entrata in vigore lo scorso anno limita pesantemente i diritti di difesa, trasformando il ricorso in appello in una specie di complicato ricorso per Cassazione, con cavilli formali assurdi nella redazione dell’atto che pongono l’imputato nel rischio concreto di vedersi negare il giudizio d’appello. Sarebbe dunque opportuno tornare alle normativa precedente, molto più favorevole al reo, nel rispetto del principio generale del favor rei previsto dall’ordinamento penale.
Ma il punto cruciale sul quale il M5S non ha voluto sentire ragioni è la proposta leghista, per la verità molto innovativa, dell’introduzione del manager giudiziario, una figura amministrativa dirigenziale che sovraintenda e controlli non l’operato dei magistrati (che deve ovviamente restare autonomo e indipendente), bensì il rispetto del principio di economia processuale e dei termini per il regolare svolgimento delle indagini e dei processi. Non si possono spendere somme esagerate su intercettazioni riguardanti i cosiddetti “processi politici” e lasciare marcire i fascicoli su furti e rapine.
Aprire una crisi di governo sulla riforma della giustizia non conviene a nessuno, ma Salvini non deve arretrare di un passo. Tutte le proposte avanzate dalla Lega sono valide e consentirebbero di fare quella vera riforma della giustizia che da tempo i cittadini italiani aspettano.
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero di oggi, 2 agosto 2019.
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