Euro
DOSSIER EXPORT ITALIA (parte prima)
Inauguriamo oggi una serie di articoli dedicati all’export per capire questo fenomeno che pare sia diventato l’oggetto più desiderato di ogni governo di ogni paese di ogni angolo del mondo (ma non era rotondo?).
Chi sono i geni della finanza e del management che spingono per questo tipo di approccio? Gli stessi signori che spesso e volentieri sbagliano tutte le previsioni: IMF!
Una domanda nasce spontanea: “ma se ad ogni paese monitorato suggeriscono riforme strutturali per esportare di più, una volta che tutti i paesi operano per esportare solamente, chi consuma?”
Detto questo partiamo con l’analisi dell’export italiano (grazie alle pubblicazioni della SACE) per vederne caratteristiche e peculiarità.
IL SISTEMA (a volte ASSIOMATICO) DELL’EXPORT
ASSIOMA 1:
Quando si parla di export ci si riferisce genericamente alle vendite oltre confine. Le statistiche evidenziano l’elevato numero di imprese esportatrici (più di 190.000) ma anche come spesso il fatturato all’esportazione sia estremamente modesto (meno di 100.000 euro).
Il Pil nominale italiano è cresciuto a ritmi positivi tra il 2000 e il 2007, interamente trainato dalla domanda interna, a fronte di un contributo pressoché nullo delle esportazioni nette. Nel periodo 2007-2012 è cambiato tutto, non solo la crescita del Pil (nominale) in quest’ultimo periodo è stata pressoché nulla, ma è stata anche interamente guidata dalle esportazioni nette, che hanno compensato il calo della domanda interna.
Anche il peso dell’export verso l’area euro è in riduzione costante dal 2000, pur continuando a rappresentare una quota importante (circa il 37%).
Quest’area è caratterizzata da vicinanza geografico-culturale, stessa valuta, assenza di barriere normative e doganali, in pratica un mercato domestico allargato, eppure la sua importanza sta scemando alla grande. Quindi mi sorge una nuova domanda spontanea: Qui est mercedibus eurozone?
Vabbè, non sono un latinista, sono un uomo di numeri, quindi vorrete perdonarmi l’imperfezione della frase!
Puntualizzato ciò vi rispondo io: NON A NOI ! ! ! Ne convenite vero?
Circa un quarto delle esportazioni è rivolto ad altri Paesi avanzati (oltre l’area euro), mercati storici per le imprese italiane in cui comunque il rischio di cambio è mitigato dalle maggiori stabilità e rilevanza delle valute a livello mondiale.
Le vendite verso i Paesi emergenti possono essere considerate il “nuovo export”, l’Eurozona è oramai un sogno in declino e la Germania (oltre a non essere affatto la locomotiva d’Europa) non è più assolutamente l’orizzonte commerciale dell’industriale Italiano come lo era sino alla fine degli anni ’80.
Maurizio Gustinicchi
Economia5Stelle
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