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Di Maio ha l’ultima occasione per liberarsi del triangolo della morte Pd-Conte-Renzi (di Giuseppe PALMA)

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In politica tutto cambia velocemente. E questo vale anche per il neonato governo giallo-rosso. Matteo Renzi, il vero responsabile insieme a Beppe Grillo della nascita del Conte bis, dopo pochi giorni dalla nomina dei sottosegretari ha deciso di formare i suoi gruppi parlamentari. L’operazione ha tre obiettivi. Il primo è quello di fare da terza gamba del governo, in modo da influire direttamente sulle 400 nomine nelle aziende di Stato senza passare da Zingaretti; il secondo riguarda la convenienza elettorale, infatti nel caso di elezioni anticipate non dovrà raccogliere le firme per parteciparvi. La terza è quella di sedersi al tavolo dei vertici di maggioranza e incidere come vuole lui, detenendo sostanzialmente la golden share dell’esecutivo.

Dunque, rispetto a due settimane fa quando Pd e 5Stelle erano in trattativa per la formazione del governo, c’è un elemento nuovo: il partito di Renzi. Il M5S ha formalmente accettato di sedersi al tavolo col Pd solo perché non c’erano né Renzi né i renziani (sarebbe stata una umiliazione troppo forte per i pentastellati), infatti il dialogo è avvenuto tra Di Maio, Conte e Zingaretti. Tant’è che tra sottosegretari e viceministri non si vedono “toscani”. Ora, con la nascita dei gruppi autonomi renziani, tutto cambia. Da adesso in poi il capo politico del M5S dovrà necessariamente sedersi e rapportarsi con quelli di “Banca Etruria, che un tempo erano finiti nel tritacarne di “Mafia Capitale” e più recentemente del “partito di Bibbiano”. Vuoi o non vuoi, caro Luigi, con Renzi e Boschi da ora in poi ti dovrai rapportare. Paradossalmente, se si vuole cercare una chiave di lettura grottesca, nei gruppi parlamentari renziani potrebbero confluire anche alcuni esponenti di Forza Italia: vedere il M5S in un governo sostenuto esplicitamente da Renzi e berlusconiani sarebbe il culmine del ridicolo per i grillini.

Ma non è tanto questo il punto politico. Nelle intenzioni del senatore di Firenze c’è l’interesse ad attribuirsi la paternità del mancato aumento dell’Iva e l’approvazione – nel più breve tempo possibile – di una legge elettorale proporzionale che eviti a Salvini di vincere, o quantomeno di stravincere. E non si illudano i 5Stelle che i renziani votino alla Camera la riduzione del numero dei parlamentari, non a caso ne hanno impedito la calendarizzazione – come invece voleva Di Maio – all’apertura dei lavori a Montecitorio. Dopo di che non è nelle intenzioni di Cavallo Pazzo quella di morire grillino. Per questo, nel momento opportuno, cioè quando converrà a lui, staccherà la spina a Conte. Le rassicurazioni di Renzi non valgono nulla: da “Enrico stati sereno” ai “#senzadime” la letteratura di giravolte del Matteo toscano è molto ampia.

Luigi Di Maio, se non vuole la sua morte politica e quella del MoVimento (che sta diventando una costola minoritaria del Pd), ha un’opportunità più unica che rara. Dovrebbe giocare d’anticipo e aprire lui una crisi di governo evidenziando che non erano queste le condizioni politiche iniziali che lo hanno portato a sedersi, a fatica, col Pd. La situazione è mutata, un fatto nuovo così importante è idoneo a rimettere in discussione la tenuta politica del governo. Sedersi al tavolo con Renzi è troppo, “io non ci stò”: questo è ciò su cui Di Maio potrebbe puntare, ed avrebbe tutte le ragioni di questo mondo. Il capo politico dei 5Stelle ha ancora l’ultima chance per salvare se stesso e tutto il M5S, facendo fuori i suoi rivali interni Grillo e Conte, che della sopravvivenza del MoVimento non gliene frega assolutamente nulla. Una mossa del genere da parte di Di Maio salverebbe in extremis il M5S, che ne uscirebbe politicamente rafforzato, con Renzi e il Pd a pezzi.

La politica è visione, strategia. Chi non rischia non ha futuro. Forse potrà conservare per qualche anno la poltrona, ma prima o poi tutti i nodi vengono al pettine e si rischia di fare la fine di un Alfano qualsiasi: da Ministro degli Esteri a Res nullius.

Giuseppe PALMA

 

 


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