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Dal Petrodollaro al PetroYuan? Arabia Saudita e Cina discutono sul pagamento del petrolio in Yuan
Uno dei punti cardine degli ultimi 40 anni, e un’ancora che sostiene lo stato di riserva del dollaro, è stato un sistema finanziario globale basato sul petrodollaro. Questo era un mondo in cui i produttori di petrolio avrebbero venduto i loro prodotti negli Stati Uniti (e nel resto del mondo) in dollari, di cui avrebbero poi riciclato i proventi in attività denominate in dollari e quindi avrebbero poi investito in dollari in mercato che lo accettavano come moneta di riferimento. Questi giorni tanno però per finire, se le discussioni fa Cina e Arabia Saudita andranno in porto.
Il giorno dopo della richiesta di più produzione petrolifera da parte del Regno Unito , il WSJ ha pubblicato un rapporto di successo, osservando che “l’Arabia Saudita è in trattative attive con Pechino per stabilire un prezzo parte delle sue vendite di petrolio alla Cina in yuan”, una mossa che potrebbe paralizzare non solo il predominio del petrodollaro sul mercato petrolifero globale – qualcosa che Zoltan Pozsar ha previsto nella sua ultima nota – e segnare un altro spostamento del principale esportatore mondiale di greggio verso l’Asia, ma anche una mossa mirata direttamente al cuore del sistema finanziario statunitense che ha approfittato dello stato di riserva del dollaro stampando tutti i dollari necessari per finanziare la spesa pubblica nell’ultimo decennio.
Secondo il rapporto, i colloqui con la Cina sui contratti petroliferi valorizzati in Yuan sono andati avanti e indietro per sei anni, ma quest’anno hanno subito un’accelerazione poiché i sauditi sono diventati sempre più scontenti degli impegni di sicurezza degli Stati Uniti per difendere il Regno e ormai vecchi di decenni.
I sauditi sono arrabbiati per la mancanza di sostegno degli Stati Uniti al loro intervento nella guerra civile in Yemen e per il tentativo dell’amministrazione Biden di concludere un accordo con l’Iran sul suo programma nucleare. Senza contare la figuraccia del ritiro dall’Afghanistan lo scorso anno.
La Cina acquista più del 25% del petrolio esportato dall’Arabia Saudita e, se valutate in yuan, tali vendite aumenterebbero la posizione della valuta cinese e porterebbero la valuta cinese sulla strada per diventare una valuta di riserva globale del petroyuan. Del resto le importazioni di petrolio negli USA sono molto minori, quindi è il cliente che decide, di solito, come vuole pagare, soprattutto quando ha le dimensioni della Repubblica Popolare. Senza dimenticare che le produzioni industriali e militari cinesi sono di dimensioni tali da poter soddisfare qualsiasi domanda di merci che, ovviamente, sarebbero pagate con gli Yuan ottenuti dalla vendita del petrolio. C’è poi il non secondario fattore delle pessime relazioni personali fra il Principe MBS e Biden, che durante la campagna elettorale giunse a definire l’Arabia “Stato Paria”.
Questa scelta potrebbe avere delle ricadute immediate e europee. Gli USA non possono permettersi, in questo momento, una sconfitta morale del genere senza una reazione, e questa potrebbe avvenire proprio sotto forma di un maggior coinvolgimento contro l’altro produttore di materie prime energetiche, la Russia. Vedremo cosa diranno domani i Dem dopo il discorso di Zelensky davanti alla Camera dei Rappresentanti.
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