Analisi e studi
Dagli arresti domiciliari alla libertà vigilata? (di P. Becchi e G. Palma su Libero di oggi)
Articolo a firma di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero di oggi, 1° maggio 2020 (purtroppo, per un mero disguido tecnico, sull’edizione cartacea di Libero è pubblicata una versione antecedente del pezzo rispetto a quella qui di seguito riportata):
Nella notte di ieri – sì ormai le decisioni vengono prese di notte, sperando di passare inosservate – il Consiglio dei ministri ha adottato un nuovo decreto-legge. Oltre a disciplinare la materia delle intercettazioni, rinviando da a settembre l’introduzione delle nuove norme volute dal ministro della giustizia Bonafede, interviene anche in materia di tracciabilità delle persone per contenere il rischio da Covid19, nello specifico prevedendo la creazione – presso il Ministero della Salute – di una “piattaforma per il tracciamento dei contatti stretti tra i soggetti che installino, su base volontaria, un’apposita applicazione per dispositivi di telefonia mobile”.
Ieri mattina, nelle dichiarazioni rese al Parlamento, Conte ha parlato di un sistema di tracciabilità del tutto volontario e senza conseguenze per chi non intendesse scaricare questa nuova applicazione sul telefonino.
Il governo è dunque intervenuto ora con un decreto-legge, ma la procedura di attivazione ha avuto inizio con una semplice ordinanza, la n. 10/2020 del 16 aprile, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale, con la quale la Presidenza del Consiglio – nella persona del commissario straordinario per l’emergenza epidemiologica Covid-19 Domenico Arcuri – ha disposto “di procedere alla stipula del contratto di concessione gratuita della licenza d’uso sul software di contact tracing e di appalto di servizio gratuito con la società Bending Spoons SpA”. Cosa vuol dire? Vuol dire autorizzare un sistema di tracciamento digitale, per conoscere nella “Fase2” gli spostamenti dei cittadini e individuare – forse – eventuali contagiati. Questo poteva aver un senso in situazioni limitate per contenere l’estensione del contagio, come hanno fatto in Corea del Sud, dunque per evitare il “tutti a casa”, ma farlo ora che il virus è sotto controllo e i contagi sono in diminuzione ha un altro significato. Significa cioè mettere in atto una tecnologia governativa di sorveglianza di massa. Una tecnologia alla cui base sta una filosofia ben precisa: quella dello “Stato di polizia”.
In pratica gli italiani saranno sorvegliati speciali fino alla fine dell’emergenza, e chissà per quanto tempo ancora. E poi perché non mantenerla anche dopo, in fondo ci saremo abituati ad esser spiati, ed è sempre utile al potere sapere cosa facciamo e con chi siamo. Poco importa che sia volontaria, anche la schiavitù può essere volontaria.
È corretto ciò che sta facendo il governo?
L’art. 13 della Costituzione non consente alcuna limitazione della libertà personale se non “per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge”. Si tratta di quei reati per cui è prevista la misura cautelare ovvero la detenzione a seguito di sentenza passata in giudicato. L’autorità giudiziaria può dunque disporre la limitazione della libertà del cittadino solo con sentenza non più impugnabile (a seguito di regolare processo) oppure nel caso in cui – prima della chiusura delle indagini preliminari – sussista uno dei presupposti tassativamente previsti dalla legge per applicare la misura cautelare: carcere, arresti domiciliari, obbligo di firma o sistemi elettronici di controllo come ad esempio il braccialetto. E le esigenze cautelari sono solo quelle determinate dal codice di procedura penale: pericolo di fuga, pericolo di inquinamento delle prove e pericolo di reiterazione del reato. Se non sussiste almeno uno di questi elementi nessun giudice può disporre la misura cautelare, cioè la restrizione provvisoria della libertà personale. Non esistono dunque altre situazioni che consentano allo Stato la limitazione della libertà degli individui, se non quanto sinora premesso e quei casi specifici previsti dal codice di procedura penale in cui le forze dell’ordine possono procedere all’arresto in flagranza di reato (persone ad esempio beccate sul fatto a rubare), occorrendo in ogni caso la convalida all’arresto da parte del giudice entro e non oltre le quarantotto ore dalla comunicazione, pena l’inefficacia dell’arresto (art. 13, terzo comma, Cost.). Stop.
La Costituzione non prevede altre tipologie di limitazione alla libertà personale. Il fatto che un’ordinanza della Presidenza del Consiglio disponga di procedere alla stipula di un contratto, peraltro con una società per azioni, allo scopo di tracciare gli spostamenti dei cittadini, è da “Stato di polizia”. Certo, si dirà, questa decisione è ora coperta da un decreto-legge, non più quindi da un mero atto amministrativo.
L’adozione di un decreto-legge è tuttavia consentita, ai sensi dell’art. 77 della Costituzione, solo “in casi straordinari di necessità e d’urgenza”. Aveva un senso il primo decreto-legge, quello del 23 febbraio, all’aumento esponenziale dei contagi con l’assenza di un numero sufficiente di respiratori polmonari negli ospedali. Lì, in effetti, occorreva intervenire immediatamente. Ma adesso il numero di persone in terapia intensiva è calato notevolmente (circa milleottocento persone rispetto al picco delle quattromila di marzo), quindi per poter intervenire nella limitazione della libertà personale (sia pure volontaria) – per cui è prevista la “riserva di legge assoluta” di cui all’art. 13 Cost. – l’adozione del decreto-legge non è più giustificata, è un abuso di potere da parte dell’esecutivo. Occorreva dunque una legge ordinaria, con la procedura normale di partecipazione del Parlamento nella formazione delle disposizioni legislative. Col decreto-legge, in buona sostanza, le Camere si limiteranno a convertirlo in legge, magari con la fiducia, quindi senza modifiche. L’ennesima forzatura costituzionale di Conte, che dall’uso illegittimo dei Dpcm passa ora al decreto-legge in assenza dei requisiti costituzionali.
Di fronte a questo scempio, a difesa della Costituzione e contro Conte sono scesi in campo addirittura alcuni giudici (attuali ed ex) della Corte costituzionale, mentre il Presidente della Repubblica ha offerto la sua copertura. Forse il Colle intendeva solo impedire la delegittimazione del governo in un periodo di crisi; fatto sta che in questo modo Conte potrà controllare e limitare ulteriormente le nostre libertà garantite dalla Costituzione, con l’ aiuto di chi invece doveva essere il “custode della Costituzione”.
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma
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Consigli letterari:
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