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Economia

Crisi mondiale: le Nazioni petrolifere corrono ai ripari dopo il crollo dei prezzi

Il prezzo del petrolio così basso rischia di mandare in crisi i paesi produttoori di petrolio, ma, in prospettiva, sono anche la base della prossima crisi petrolifera

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Il crollo del mercato di aprile, che ha fatto precipitare i prezzi del petrolio verso i 60 dollari al barile, sta creando ulteriori sfide fiscali ai petrostati e ai Paesi produttori di petrolio che dipendono fortemente dalle entrate petrolifere, oltre alle difficoltà legate alle tariffe.

Mentre il prezzo del Brent è sceso a 63 dollari al barile, i principali produttori della regione del Golfo, così come il Brasile e la Nigeria, stanno cercando di contenere le conseguenze del crollo dei prezzi. La banca centrale russa ha già segnalato che il calo del prezzo del petrolio potrebbe colpire duramente la sua economia.

Il petrolio a 60 dollari è inferiore di circa 20-30 dollari al barile rispetto a quello di cui hanno bisogno i principali esportatori di petrolio del Golfo per pareggiare i loro bilanci. Per l’Arabia Saudita, il principale esportatore di greggio al mondo, il prezzo di pareggio del bilancio è di 91 dollari al barile, come stimato dal Fondo Monetario Internazionale (FMI).

Con prezzi molto più bassi del prezzo di pareggio, l’Arabia Saudita potrebbe essere costretta ad accelerare i prestiti pubblici e a rallentare o ritardare la spesa per i suoi ambiziosi progetti megalomani e futuristici.

Un altro grande produttore di petrolio del Golfo, il Kuwait, ha approvato il mese scorso una legge sui finanziamenti e sulla liquidità che permetterà al quarto produttore dell’OPEC di tornare sul mercato del debito dopo otto anni.

L’economia del Kuwait rimane in recessione a causa dei tagli alla produzione dell’OPEC+, ha dichiarato il Fondo Monetario Internazionale (FMI) nel dicembre 2024, aggiungendo che l’economia è “altamente esposta” alla volatilità dei prezzi delle materie prime e a un rallentamento della crescita globale.

Il crollo dei prezzi dell’ultima settimana non aiuta affatto.

“Il calo del prezzo del petrolio che abbiamo visto nell’ultima settimana ci ha portato in un territorio in cui per molte economie dipendenti dal petrolio non sarà quello di cui hanno bisogno per bilanciare i loro bilanci, non c’è neanche lontanamente”, ha detto questa settimana a Reuters Richard Bronze, responsabile della geopolitica di Energy Aspects.

Per la Russia, il crollo del mercato petrolifero degli ultimi giorni potrebbe comportare rischi per l’economia, come ha dichiarato all’inizio della settimana il governatore della Banca centrale russa Elvira Nabiullina.

“Se l’escalation delle guerre tariffarie continua, questo di solito porta a un calo del commercio e dell’economia globale e, probabilmente, della domanda delle nostre risorse energetiche. Pertanto, ci sono dei rischi”, ha dichiarato la Nabiullina, citata dall’agenzia di stampa russa TASS.

Prezzi a 60 Usd al barile sono pericolosi per il futuro: le aziende e i paesi produttori non effettueranno i necessari investimenti per garantire la continuità delle produzioni. Il rischio, anzi la certezza, è che un prezzo basso ora si venga a convertire in un’esplosione fra 24 mesi, con una volatilità che fa male a tutti.


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