I crediti incagliati del Superbonus stanno influenzando la riclassificazione dei conti di Eurostat e potrebbero diventare inutilizzabili. Il 30 novembre rappresenta la scadenza per la comunicazione alla Agenzia delle Entrate delle cessioni dei crediti fiscali accumulati nel 2022. Questa data critica segna anche la conclusione del censimento in ritardo avviato dall’amministrazione per valutare la vasta quantità di crediti che potrebbero andare persi senza cessione o rimanere in sospeso presso l’Agenzia.
Eurostat, dopo aver emesso un avvertimento a settembre, è in attesa di ulteriori sviluppi. C’è una tendenza a riclassificare i crediti incagliati poiché la loro entità è considerevole, con conseguente revisione dell’impatto sul bilancio pubblico del Superbonus. Secondo i dati dell’Agenzia delle Entrate di fine agosto, sono state trasmesse alla piattaforma 17.860.580 operazioni, per un valore complessivo di 146,8 miliardi di euro, di cui 23,2 miliardi sono stati compensati nel modello F24.
Attualmente, non sembra che il Ministero dell’Economia sia particolarmente preoccupato, continuando a sperare in un aumento degli acquisti da parte delle banche o delle poste. Tuttavia, gli istituti finanziari stanno procedendo con cautela, effettuando cessioni di piccola entità che non risolvono la questione. Per le aziende vi era la possibilità di scegliere fra disastro e cedibilità: ora si va verso il disastro.
Durante un’audizione sulla legge di bilancio, l’Associazione delle banche italiane (ABI) ha sottolineato gli sforzi compiuti dal settore bancario per rianimare il mercato di acquisto e cessione dei crediti, riconoscendo tuttavia che ciò richiede più tempo rispetto ad altre soluzioni dirette. Giovanni Sabatini, direttore generale dell’ABI, ha menzionato diverse iniziative che erano state ipotizzate in passato per facilitare l’acquisto e la cessione dei crediti, ma che non erano state attuate per varie ragioni.
Il 25 settembre, Eurostat ha richiesto chiarimenti a Istat sulla classificazione dei crediti incagliati. Senza cessione, i crediti del 2022 potrebbero diventare carta straccia e sarebbero considerati non recuperabili, con conseguente revisione della classificazione attuale dei costi del Superbonus come recuperabili. L’ipotesi di una certificazione volontaria del cedente da parte della Guardia di Finanza è stata abbandonata, quindi si guarda con preoccupazione alla scadenza del 30 novembre, al momento senza soluzioni immediate e senza una valutazione precisa delle quantità di crediti da smaltire o che rischiano di diventare inutilizzabili.
Durante le audizioni sulla manovra, l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha chiesto una proroga del Superbonus per consentire il completamento dei lavori in corso, sottolineando le difficoltà sorte a causa del caos normativo e applicativo dello strumento. Confedilizia ha sollevato la questione della tassabilità degli aumenti di valore degli immobili dovuti al Superbonus, sottolineando la necessità di revisionare la norma per evitare potenziali incongruenze temporali nella valutazione delle plusvalenze.
Le ricadute della cancellazione dei crediti sarebbero fortissime e devastanti: le decisioni sull’economicità delle ristrutturazioni sono state prese sulla base del superbonus e qualcuno dovrà pagare il conto, fra condomini che hanno richiesto i lavori o aziende che li hanno fatti con la speranza della cessione dei crediti. Uno di questi si troverà in grossi guari, e dato che si tratta di più di uno, le ricadute saranno notevoli sull’economia.
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