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COSA DOBBIAMO CAPIRE DELLA PRESENZA DEI CLANDESTINI IN ITALIA di Nino Galloni.

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La Guardia di Finanza ha arrestato alcuni malviventi marocchini che gestivano diversi extracomunitari, prevalentemente clandestini, occupati in attività agricole nel forlivese: paghe fino a 6 euro al giorno per giornate di 14 ore di lavoro agricolo durissimo.

Prima considerazione: se non ci fossero regole nel mondo del lavoro, il liberismo sfrenato porterebbe a rendere “normali” situazione come quella descritta.

Seconda considerazione: gli imprenditori italiani hanno bisogno di lavoratori così sfruttati per tenere bassi i costi di produzione o per realizzare sovraprofitti?

Terza considerazione: se è per tenere bassi i costi (e non importare prodotti a basso prezzo – ad esempio – dal Nordafrica), non sarebbe meglio cambiare modello economico e basarsi sullo sviluppo locale, l’autoproduzione, i km zero anche introducendo monete complementari che spiazzino le merci della globalizzazione?

Quarta considerazione: se è per realizzare un sovraprofitto, allora è necessario stabilire minimi salariali tali da interessare l’assorbimento di disoccupati locali e rafforzare i controlli amministrativi perché il supersfruttamento dei lavoratori venga bandito.

Conclusione: prima bisogna stabilire il salario minimo e farlo rispettare anche con la forza dello Stato; poi e solo poi, valutare se non ci sono lavoratori disponibili ovvero se non è meglio modificare il modello economico. Nel senso di favorire la sostituzione delle importazioni anche attraverso il pratico strumento della introduzione, a livello locale, di una valuta di basso pregio, che possa circolare solo su un territorio circoscritto (all’incirca un quarto o un quinto di una Provincia media) garantendo, così, lo spiazzamento dei prodotti della globalizzazione. Ciò rappresenterebbe un fortissimo sostegno all’occupazione, un importante incentivo all’emergere del nero e del grigio, senza nessuna compromissione di chi volesse risultare in grado di esportare i prodotti del made in Italy di notevole qualità.

La qualità dev’essere la forza del Made in Italy ed il prezzo di vendita (costo di produzione + profitto) dev’essere la discriminante tra la merce veramente Made in Italy (da esportare in valuta internazionale) e quella, sì prodotta in Italia, ma da commercializzare, prevalentemente, a livello locale.

Nino Galloni


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