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Euro

Corso di Relazioni Internazionali: dodicesima lezione. INTRODUZIONE ALL’AVO. – Molto Importante !

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relazioni internazionali

Questa lezione e la successiva sono ESSENZIALI per la comprensione dell’euro.

Le aree valutarie ottimali e l’esperienza europea

La nascita dell’euro ha comportato tassi di cambio fissi tra tutti i Paesi membri dell’UEM, che nel decidere di adottare la moneta comune, hanno rinunciato a una parte ancora maggiore della sovranità sulle loro politiche monetarie nazionali rispetto a quanto chieda normalmente un sistema di tassi di cambio fissi. Essi hanno accettato di rinunciare completamente alle loro monete nazionali e di affidare il controllo delle loro politiche monetarie a un comune Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC). Il progetto dell’euro rappresenta quindi una soluzione estrema al trilemma: stabilità assoluta del tasso di cambio, completa apertura ai movimenti di capitale, ma nessuna autonomia monetaria.

Che cosa ha spinto la cooperazione monetaria in Europa?

Due sono stati i motivi principali che hanno portato all’adozione dell’euro.

1) Potenziare il ruolo dell’Europa nel sistema monetario mondiale. Gli eventi che hanno portato al collasso del sistema di Bretton Woods furono accompagnati da una sfiducia dell’Europa nella disponibilità degli Stati Uniti ad anteporre le proprie responsabilità monetarie internazionali ai propri interessi nazionali. Facendo fronte unico sui problemi monetari, i Paesi dell’UE speravano di difendere più efficacemente i loro interessi economici contro quelli degli Stati Uniti, sempre più chiusi in loro stessi.

2) Trasformare l’Unione Europea in un vero mercato unificato. Sebbene il trattato di Roma del 1957, istitutivo della CEE, avesse dato vita a un’unione doganale, rimanevano ancora barriere significative ai movimenti di beni e di fattori all’interno dell’Europa. Un obiettivo importante dei membri della CEE è stato quello di eliminare tutte queste barriere e di formare un mercato completamente unificato, sul modello di quello americano. I rappresentanti dei Paesi europei credevano tuttavia che l’incertezza sul tasso di cambio, al pari delle barriere commerciali ufficiali, fosse un importante fattore di impedimento degli scambi all’interno dell’Europa. Essi temevano anche che oscillazioni dei tassi di cambio che avessero causato ampie variazioni dei prezzi relativi intra-europei avrebbero rafforzato le pressioni politiche ostili al libero commercio all’interno dell’Europa.

Il risultato fu un graduale passaggio dei poteri di politica economica nazionali alle istituzioni centrali dell’Unione Europea, come la Commissione Europea a Bruxelles, il braccio esecutivo dell’UE, e il Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC) e la BCE con sede a Francoforte.

Perché i Paesi dell’UE sono passati dallo SME al più ambizioso obiettivo di una moneta unica?

Per quattro ragioni.

1) Credevano che una moneta unica europea avrebbe indotto un maggior grado di integrazione economica rispetto al semplice sistema di cambi fissi, rimuovendo la minaccia di riallineamenti valutari ed eliminando i costi di transazione necessari per convertire tra di loro le valute dello SME. La moneta unica era considerata come un complemento necessario al progetto di unificazione dei mercati europei in un unico grande mercato continentale.

2) Alcuni leader dell’UE pensavano che la gestione tedesca dello SME avesse attribuito eccessiva importanza agli obiettivi macroeconomici della Germania a scapito degli interessi degli altri partner dello SME. La Banca Centrale Europea (BCE) che avrebbe sostituito la Bundesbank nell’UEM sarebbe stata più attenta ai problemi degli altri Paesi e avrebbero dato automaticamente a quei Paesi la stessa opportunità della Germania di partecipare alle decisioni collettive di politica monetaria.

3) Data l’intenzione di liberalizzare completamente i movimenti di capitale all’interno dell’UE, sembrava esserci poco da guadagnare, e molto da perdere, dal mantenimento delle valute nazionali con parità fisse (ma aggiustabili) invece di fissare irrevocabilmente le parità attraverso una moneta unica. Qualsiasi sistema di tassi di cambio fissi tra le monete nazionali sarebbe stato esposto a feroci attacchi speculativi, come nel 1992-1993. Se gli europei volevano combinare tassi di cambio fissi con movimenti di capitale liberi, la moneta unica sembrava essere la soluzione migliore.

4) La speranza era che i provvedimenti del Trattato di Maastricht avrebbero garantito la stabilità politica dell’Europa. Oltre alle sue funzioni puramente economiche, infatti, la moneta unica europea rappresentava un potente simbolo del desiderio europeo di mettere la cooperazione davanti alle rivalità nazionali che in passato avevano spesso condotto a guerre all’interno del continente. In questo scenario, la nuova moneta avrebbe allineato gli interessi economici dei singoli paesi europei per creare un contesto politico di pace.

Il Trattato di Maastricht ha specificato un insieme di criteri di convergenza macroeconomica che i Paesi dell’UE dovevano rispettare per qualificarsi per l’ammissione all’UEM. Uno dei principali obiettivi dei criteri era di assicurare gli elettori dei Paesi a bassa inflazione come la Germania che la nuova valuta comune sarebbe stata resistente all’inflazione quanto il marco tedesco.

Un Patto di Stabilità è Crescita (PSC), introdotto nel 1997 su insistenza della Germania, aveva la possibilità di limitare la flessibilità dei Paesi membri nel gestire la politica fiscale a livello nazionale. Il PSC e l’UEM avrebbero pertanto potuto impedire ai singoli Paesi dell’area euro il pieno controllo della propria politica fiscale, oltre che della propria politica monetaria.

V’è da precisare che i Paesi dell’UE che non fanno ancora parte dell’UEM, un meccanismo rivisto dei tassi di cambio, noto come ERM 2, definisce ampie aree obiettivo per i tassi di cambio con l’euro (+/- 15%) e specifica accordi di intervento reciproci per mantenerle. ERM 2 è sembrato necessario per scoraggiare svalutazioni competitive contro l’euro da parte di membri UE al di fuori dell’area euro e per dare ai potenziali entranti nella moneta comune un modo per soddisfare i criteri di stabilità dei tassi di cambio stabiliti dal Trattato. Sotto le regole di ERM 2, sia la BCE sia la banca centrale nazionale di un Paese UE con la propria moneta possono sospendere le operazioni in euro, se queste producono variazioni dell’offerta di moneta che minacciano di destabilizzare i livelli di prezzi interni. ERM 2 è quindi asimmetrico, con i Paesi periferici che si ancorano all’euro e si aggiustano passivamente alle decisioni della BCE sui tassi di interesse.


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