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COME SARA’ LA NUOVA EUROPA: UNA CEE 2.0 di A.M. Rinaldi

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Ormai anche il becero, rozzo e “ignorante” inglese medio delle periferie e delle campagne ha compreso non solo che l’Europa non funziona, ovvero ha perfettamente capito che funziona, ma a senso unico a favore del sistema finanziario, delle multinazionali e di tutte le specie e sottospecie di lobby, tranne naturalmente a vantaggio del cittadino, ma anche che per poter perseguire questi obiettivi ha dovuto sospeso qualsiasi elementare principio di democrazia.

Detto questo e volendo sintetizzare con un concetto il “suicidio” annunciato dell’Europa, basta dire che il “peccato originale” è nell’aver costretto i paesi membri a regole sempre più rigide e penalizzanti in un contesto in cui il resto del mondo si globalizzava senza regole, il tutto per volontà “suprema” di burocrati che ha sistematicamente bypassato il consenso dei cittadini.  Questo ha provocato inevitabilmente che i baricentri si spostassero sempre più verso interessi di parte, chiamando proprio i cittadini a pagarne poi il prezzo più alto nel tentativo di salvare esclusivamente quelli delle èlite. I bassissimi profili dei politici dei paesi dell’area euro poi hanno fatto il resto, consentendo alla Germania di conquistare giorno dopo giorno posizioni di assoluta leadership, lasciando che imponesse le proprie linee in ogni campo normativo ed economico.

Ma con l’uscita della Gran Bretagna però le carte si sono rimescolate e quello che fino a poco tempo fa sembrava impossibile ora è diventato possibile e le scomposte reazioni pre-voto e post-voto profuse dall’Unione Europea e dai rispettivi leader nazionali, ora rischiano di accelerare la disgregazione inevitabile di tutta la costruzione europea e con essa l’implosione della sua moneta posta sin dall’inizio come unico elemento aggregante dell’Unione.

“Out is out”, tuonato due settimane prima del voto referendario da uno stizzito Schaeuble verso la Gran Bretagna suona ora come un grido di paura di fronte alla prospettiva di annullare tutto il vantaggio acquisito dalla Germania nel tentativo (quasi riuscito) di sottomettere l’intero Vecchio Continente. Dove non vi erano riusciti né il progetto della Mitteleuropa prima né la Wehrmacht poi, con la ratifica di Trattati si era giunti ad un soffio dall’obbiettivo. Il “riscatto” tedesco, dopo le umiliazioni di due guerre perse malamente, passava dalla “pacifica” invasione con la “germanizzazione” economica dell’Europa, dove la moneta comune aveva preso subdolamente di diritto il posto delle armi.

Diciamo la verità: la Germania ha esagerato con arroganza nel dettare le sue regole e tutti gli altri paesi non hanno avuto né la capacità né la forza di opporsi verso un modello che tenesse conto delle esigenze di tutti!!! In tutto questo la UE, sempre più ostaggio della trazione tedesca, è direttamente ora investita a risolvere velocemente due grossissimi problemi: uno politico, in relazione allo scontato sentimento “emulativo” che soffierà in ogni angolo d’Europa, ed uno prettamente economico, ad iniziare dal mettere in “sicurezza” il “cliente” UK che pesa per 110 Mld di euro fra beni e servizi (la maggioranza dei quali proprio ad appannaggio della Germania) e dalla complessa gestione tecnica del recesso dall’Unione.

Proporre quindi il classico “più Europa” per chi è ancora dentro e atteggiamenti punitivi nei confronti di un paese così importante che ha per volontà popolare (beati loro che hanno ancora questa possibilità) deciso di andarsene, sarebbe la scelta peggiore con conseguenze ancora più disastrose con effetti boomerang e domino di difficile previsione.

L’unica alternativa per evitare l’implosione scomposta, che infliggerebbe ancora più seri effetti negativi nelle esauste economie nazionali con risvolti tragici a danno proprio dei cittadini ed al sistema delle imprese dell’economia reale, è quanto mai urgente ridisegnare completamente i rapporti all’interno dei paesi membri.

Maastricht diede vita ad un frettoloso mercato unico (rivelatosi poi solo sulla carta) e per poterlo fare concepì una moneta rigida forgiata su un modello economico ad immagine e somiglianza di quello tedesco, dove la stabilità dei prezzi (contenimento massimo dell’inflazione) ed il rigore dei conti pubblici fino al perseguimento del pareggio di bilancio erano gli unici presupposti per la crescita. Inutile ora precisare che vincolando economie continentali così profondamente diverse ad un regime di cambi fissi con regole macroeconomiche anacronistiche, ha condannato la totalità dei paesi membri (tranne naturalmente alla Germania) a rinunciare a quei vitali aggiustamenti possibili solamente con autonome politiche economiche. Perciò siamo arrivati alla resa dei conti!

Alla Gran Bretagna dovrà essere concesso al più presto lo status di “paese associato” con cui tessere accordi di scambi commerciali privilegiati per non perdere a favore di altri le sue enormi capacità di commercio e di relazioni.

Ma la concessione di questa nuova “figura” di status dimostrerà da subito come è possibile evolvere, con risultati migliori, l’esperimento fallito dell’Unione Europea e presto ci si renderà conto che, l’unico modo per una convivenza proficua all’interno del Vecchio Continente che ristabilisca i giusti equilibri e ridia sviluppo, non è la fusione forzata degli Stati a favore di organismi sovranazionali così come previsto e prospettato, ma il mantenimento delle rispettive caratteristiche ed autonomie un po’ come era con la vecchia CEE, dove accordi commerciali di libero scambio con abbattimento dei costi doganali e procedure semplificate nella circolazione delle persone consentivano di perseguire molto meglio obbiettivi di crescita e benessere con l’inestimabile vantaggio di rispettare anche i principi previsti dalla democrazia partecipativa.

Insomma fare tutti un passo indietro e con coraggio riconcepire una sorta di CEE 2.0 per poterne fare uno ancora più grande a favore questa volta di tutti. Solo in questo modo si riuscirà a salvare il salvabile e a correggere l’errore politico fatto 24 anni fa con la nascita della UE che legò con sistemi non democratici così tanti popoli diversi per mezzo di una moneta rigida basata solo sulle regole (sbagliate!). Ognuno ritorni sovrano della propria moneta affinchè la possa utilizzare come autoregolatore della propria economia liberandosi dalla asimmetrica moneta unica che ha determinato in Europa per la sua rigidità aree sempre più ricche a discapito di aree sempre più povere. I parlamenti nazionali ritornino ad essere la vera cinta di trasmissione fra volontà popolare ed esercizio del potere di un paese e non passivo esecutore e certificatore di decisioni prese altrove.

Se tenteranno, così come annunciato nell’ennesimo inconcludente Summit a tre di Berlino, di trovare in sei mesi le giuste risposte continuando però con gli stessi schemi previsti dai Trattati quando in 24 anni non ci sono mai riusciti, allora prepariamoci alla più grave crisi dal dopoguerra che spazzerà via tutto aprendo scenari in cui sarà anche a serio rischio la pace.

Antonio M. Rinaldi


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