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La Cina si assicura un altro enorme giacimento di gas naturale in Iraq

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Come riporta Simon Witkins su Oilprice l’enorme giacimento di gas iracheno onshore di Nahr bin Umar è stato assegnato a una filiale deella cinese PetroChina, e questo viene a segnare un importantissimo passo avanti nel controllo energetico del Medio Oriente da parte della Cina.

A maggior ragione, segue l’acquisizione della settimana precedente da parte di PetroChina del ruolo di operatore principale nel gigantesco giacimento petrolifero iracheno di West Qurna 1 dalla statunitense ExxonMobil.

Nahr Bin Umar

Per la Cina, il settore del gas iracheno non solo è potenzialmente enorme, ma è anche altamente collegato al suo altrettanto potenzialmente enorme settore petrolifero, consentendo al Paese di sfruttare i contratti vinti nei giacimenti di gas iracheni per una presenza più ampia anche nei giacimenti petroliferi. Il motivo è che circa il 70% delle riserve di gas dell’Iraq sono “associate” ai giacimenti petroliferi e la maggior parte di questi giacimenti si trova nel sud-est dell’Iraq, all’interno e intorno al suo principale hub petrolifero di Bassora.

Le maggiori riserve di gas associato si trovano nei giganteschi giacimenti petroliferi di West Qurna, Rumaila, Nassiriya, Majnoon, Halfaya, Zubair e Nahr bin Umar. D’altro canto, la maggior parte delle riserve di gas non associato si trova nel nord dell’Iraq, soprattutto nella regione semi-autonoma del Kurdistan.

Gli sforzi della Cina per indurre l’Iraq a sottoscrivere l’onnicomprensivo “Accordo quadro Iraq-Cina” sono stati in gran parte finalizzati da Pechino ad assicurarsi il controllo di questi giacimenti petroliferi meridionali, con il relativo gas associato. Ciò è avvenuto dopo che la Russia, principale alleato geopolitico della Cina, si è assicurata il controllo dell’intero settore petrolifero del Kurdistan alla fine del 2017, ottenendo anche il controllo del gas non associato.

È difficile stabilire con certezza la quantità di gas associato presente in Iraq, dal momento che gran parte delle potenziali riserve petrolifere del paese rimangono inesplorate. Ufficialmente, l’Iraq possiede ancora circa 145 miliardi di barili di riserve accertate di greggio, circa l’8% del totale mondiale. Tuttavia, contemporaneamente alla produzione di questi dati ufficiali sulle riserve, il Ministero del Petrolio ha dichiarato che le risorse non ancora scoperte del Paese ammontano a circa 215 miliardi di barili.

Questa era anche la cifra stabilita in uno studio dettagliato del 1997 dall’autorevole società indipendente di petrolio e gas Petrolog. Tuttavia, in un’analisi completa condotta nel 2012, l’Agenzia Internazionale dell’Energia (AIE) ha stimato il livello delle risorse recuperabili dell’Iraq a circa 246 miliardi di barili (greggio e liquidi di gas naturale). Anche ufficialmente, le riserve di gas dell’Iraq ammontano attualmente a circa 3500 miliardi di metri cubi (milmc), pari a circa l’1,5% del totale mondiale, di cui circa tre quarti sono costituiti da gas associato. Nella sua accurata analisi del 2012, tuttavia, l’AIE ha stimato una cifra più veritiera, pari a oltre 8000 milmc, con il gas non associato che si stima essere almeno il 30% di questo numero.

Come si è visto solo due settimane fa nel caso di West Qurna 1, assicurarsi un contratto per il petrolio o per il gas su un importante giacimento petrolifero rende molto più facile per la Cina assumere il controllo di ogni elemento dello sviluppo energetico nel tempo. In base ai termini dell'”Accordo quadro Iraq-Cina”, ciò significa che la Cina può assicurarsi petrolio e gas con sconti del 30% o più, diventando sempre più competitiva a livello mondiale. Ma, come si è anche analizzato, dà alle aziende statali cinesi che lavorano nei siti il pieno diritto legale di stazionare sul terreno tutto il “personale di sicurezza” che desiderano per proteggere i loro beni. Inoltre, consente alla Cina un ampio margine di manovra per la costruzione di infrastrutture collaterali, anch’esse concordate con l’Iraq nell’Accordo Quadro.

Addirittura gli accordi quadro generale prevedono la costruzione da parte cinese di un aeroporto sotto controllo di Pechino che permetterebbe di invare personale di sicurezza a tutela dei giacimenti direttamente, senza neache chiedere il permesso all’Iraq.  In questa lotta la Cina si trova in una situazione migliore rispetto alla Russia, diventata più scomoda dopo l’intervento in Ucraina, e diversi giacimenti nel sud dell’Iraq sono passati sotto lo sfruttamento cinese.

 

 


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