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Cina: nuovi focolai nello Xin’an. Undici milioni in lockdown

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Il governo cinese inizia ad avere delle difficoltà nell’affrontare casi crescenti di Codiv-19, perseguendo una politica di “Contagio zero” sempre più utopistica. Il governo municipale della contea dello  Xi’an nello Shaanxi ha annunciato mercoledì scorso un lockdown stretto in  città e le misure di gestione e controllo tali a impedire di abbandonare l’area urbana. A due anni dallo scoppio dell’epidemia nel Wuhan i cittadini cinesi sono ancora in preallarme quasi più per la segregazione che per la malattia. Inizialmente i casi registrati erano stati 143 sino al 9 dicembre, poi diventati 155.

Il lockdown ristretto, che viene a interessare circa 11 milioni di persone, ha portato alla chiusura di ogni attività definita “Non essenziale”, oltre all’inizio di una campagna di test di massa che dovrebbe coprire tutti i lavoratori dipendenti. Nonostante questo gli esami di fine periodo degli studenti, oltre 11 mila, avranno luogo regolarmente, ma gli esaminandi saranno presi da taxi uno per uno e accompagnati alle sedi dei test. Comunque anche le attività essenziali sono state limitate, con solo una persona che può uscire per fare shopping per la famiglia.

Ovviamente anche i viaggi turistici nell’area, ormai essenzialmente di cinesi, sono stati bloccati e le agenzie specializzate sono state messe in allarme.  C’è un elemento ulteriore di timore, legato al fatto che nell’area vi sono stati alcuni casi di febbri emorragiche legate a infezioni trasmesse dagli animali. Le autorità negano che queste malattie siano trasmissibili fra umani, ma comunque il caso è curioso

Le autorità affermano che ci vorrà “Qualche mese” per estirpare il contagio, ma questo sta avvenendo a due anni dallo scoppio ufficiale dell’epidemia a Wuhan, la cui notizia ufficiale all’esterno della Cina venne proprio data il 30 dicembre 2019, con la prima comunicazione sull’epidemia in corso dal governo cinese all’Organizzazione Mondiale della Sanità. Comunque troppo tardi.


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