Economia
Cina: il Partito Comunista frena BYD e impone il controllo sul mercato automobilistico. Non vogliono finire come l’Italia
La Cina ferma i tagli di prezzo di BYD per proteggere il “Made in China”. Il Partito Comunista impone un mercato controllato, evitando il monopolio industriale che ha distrutto lp’industria dell’auto italiana

La Cina non è un’economia di mercato libera, ma un sistema gestito dal Partito Comunista Cinese (PCC), che detta le regole per evitare che si creino posizioni eccessivamente dominanti. Pechino vuole una pluralità di operatori per garantire stabilità e competizione controllata, e l’ultimo monito a BYD lo dimostra chiaramente.
Il 26 maggio, BYD ha annunciato tagli di prezzo aggressivi per dominare il mercato dei veicoli elettrici, mirando a surclassare i rivali con la strategia della cannibalizzazione. Ma il PCC è intervenuto subito, attraverso un editoriale del Quotidiano del Popolo, criticando la “concorrenza sfrenata” che rischia di compromettere la sicurezza della filiera e la reputazione del “Made in China”. L’Associazione Cinese dei Produttori di Automobili ha rincarato: “Le guerre disordinate dei prezzi riducono i margini di profitto, minacciano la qualità e i diritti dei consumatori”.
BYD, leader nei veicoli elettrici, ha puntato su tecnologie avanzate come il sistema di guida autonoma “Occhio di Dio”, offerto gratuitamente su modelli economici come la Seagull (da 13.700 dollari). Questo, secondo analisti come Lei Xing, è un taglio di prezzo mascherato, che sfida i modelli in abbonamento come quello di Tesla (99 dollari al mese per Full Self-Driving). Ma il PCC non tollera iniziative non autorizzate: il fondo sovrano China Investment Corp ha acquisito l’1% di BYD, un’“azione d’oro” che garantisce a Pechino un controllo diretto sulle decisioni aziendali, e questo quindi permette ingerenze dirette nella gestione aziendale.
Il PCC e il controllo dell’economia
Il Partito Comunista ha dimostrato di avere l’ultima parola. Nel 2020, Xi Jinping ha punito Alibaba, bloccando l’IPO di Ant Group e smantellando il suo impero per aver ignorato le priorità del governo.
Ora, il focus si sposta sull’industria automobilistica e tecnologica, con il rilancio del piano “Made in China 2025”. Questo progetto, avviato nel 2015, ha reso la Cina leader in settori come auto elettriche e pannelli solari. Ora Xi punta a migliorare la produzione tecnologica di fascia alta per ridurre la dipendenza da componenti esteri, aggirando le sanzioni USA attraverso acquisti anticipati e nuove rotte commerciali.
Un’economia diretta dal PCC per evitare storture “Italian style“
A differenza dell’Italia, dove la concentrazione industriale ha portato al declino di marchi storici, la Cina vuole evitare la monopolizzazione del mercato. Il PCC promuove una pluralità di attori per mantenere il controllo e garantire la stabilità economica.
Xi ha ribadito la necessità di “autosufficienza tecnologica”, come dichiarato a maggio in una fabbrica di Henan, mentre il premier Li Qiang ha sottolineato l’importanza di aumentare i consumi interni per bilanciare la produzione. Questo risponde anche alle pressioni di USA e UE, che chiedono alla Cina di ridurre gli squilibri commerciali.
Si vogliono evitare i clamorosi errori di politica industriale fatti dai governi italiani negli anni settanta ottanta, quando si permise, anzi si sovvenzionç , FIAT perché diventasse il gruppo monopolista dell’auto in Italia, assorbendo tutti i concorrenti, imponendo una standardizzazione, una via di sviluppo, per poi distruggere tutto cedendo il settore ai francesi di Peugeut per un pugno di lenticchie finito nelle tasche dell’azionista di maggioranza. Il PCC, paradossalmente, vuole un mercato pluralista.
Verso una nuova egemonia tecnologica?
Con aziende come Huawei, che ha sviluppato chip avanzati nonostante le restrizioni USA, la Cina accelera nella corsa all’intelligenza artificiale e alla tecnologia.
Il nuovo piano quinquennale, in vigore dal 2026, mira a consolidare l’indipendenza tecnologica e contrastare l’offensiva protezionistica di Trump. Pechino sa che vincere la guerra commerciale richiede un’economia forte e diversificata, ma sempre sotto il controllo del PCC, per evitare che un singolo attore, come BYD, destabilizzi il sistema.
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