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“Ci stanno bloccando”: la denuncia-shock di Rinaldi. “Ecco chi frena davvero il Made in Italy”

Antonio Maria Rinaldi lancia l’allarme: “Francia e Germania bloccano la tutela del Made in Italy per proteggere le loro aziende”. La denuncia-bomba da Bruxelles.

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Nell’ambito del dibattito sulla valorizzazione delle eccellenze italiane, l’economista Antonio Maria Rinaldi offre un’analisi incisiva che collega le difficoltà attuali nella tutela del “Made in Italy” a decisioni di natura politica ed economica prese in passato, in particolare riguardo all’adesione dell’Italia all’Unione Europea e alla moneta unica. Vogliamo quindi presentarvi un intervento del Professor Rinaldi alla TV de La Voce Web, in cui il problema della mancata tutela della nostra produzione industriale ed agricola viene ben affrontato.

Il contesto: L’errore originale dell’Euro

Prima di affrontare direttamente il tema del “Made in Italy”, Rinaldi inquadra il problema nel contesto più ampio dei rapporti di forza all’interno dell’UE. Sostiene che l’Italia sia entrata nell’Unione Europea, specialmente durante la fase cruciale del Trattato di Maastricht, in una posizione di debolezza politica. A differenza della Francia e della Germania, che in quel periodo hanno avuto una leadership stabile (due presidenti e due cancellieri rispettivamente), l’Italia ha visto l’avvicendarsi di 14 presidenti del Consiglio . Questa instabilità, secondo Rinaldi, ha impedito al Paese di negoziare regole adatte al proprio sistema economico, portando l’Italia a firmare accordi “alla garibaldina”  e ad accettare condizioni che si sono rivelate penalizzanti.

Rinaldi sottolinea che l’Italia, un tempo quarta potenza industriale del mondo , si è ritrovata “sotto tutela”  con regole che ora, paradossalmente, mettono in difficoltà gli stessi Paesi che le hanno scritte, come Francia e Germania .

Il problema centrale: la mancata tutela a livello UE

L’intervento di Rinaldi si concentra poi sulla battaglia che ha condotto personalmente per cinque anni come parlamentare europeo a Bruxelles: l’istituzione di un regolamento comunitario vincolante per la tutela delle etichette “Made in” nazionali (come “Made in Italy”, “Made in France”, “Made in Germany”).

Rinaldi denuncia che tale regolamento viene sistematicamente bloccato, in particolare da Germania e Francia , . La ragione, spiega, è che molte grandi aziende di questi Paesi, pur utilizzando il marchio “Made in Germany”, producono gran parte dei loro manufatti all’estero, ad esempio in Ungheria, Repubblica Ceca o Polonia . Un regolamento stringente sull’origine impedirebbe loro di usare questa etichetta, facendogli perdere il vantaggio di farsi pagare un prodotto come se fosse tedesco, pur essendo realizzato altrove .

L’Italia è il Paese che ci rimette di più  perché è il più copiato al mondo e subisce i danni maggiori dal fenomeno dell’“Italian sounding”. Le leggi italiane di tutela, infatti, sono inefficaci all’estero: se un prodotto è falsamente etichettato “Made in Italy” in Francia, la Guardia di Finanza italiana non può intervenire.

La soluzione tecnologica: la blockchain

Una soluzione concreta ed efficace per la tutela, secondo Rinaldi, esiste ed è la tecnologia. Elogia in particolare l’uso della blockchain, definendola “l’arma vincente”  Questa tecnologia permette di tracciare l’intera filiera di un prodotto in modo incorruttibile .

Fa l’esempio del pomodoro di Pachino (Sicilia) che rischia di essere confuso con quello di Pechino (Cina) . Grazie a un QR code basato su blockchain, il consumatore finale può inquadrare l’etichetta con il proprio telefono e vedere “vita, morte e miracoli” del prodotto : da dove è partito, dove è stato lavorato e come è arrivato sullo scaffale, avendo così la certezza della sua origine .

“Made in Italy” come stile di vita

Per Rinaldi, la difesa del “Made in Italy” è fondamentale perché non si tratta solo di un’etichetta, ma di uno “stile di vita” (“stile di vita”) . È la creatività italiana, il modo di mangiare, di vestire, di vivere che tutto il mondo riconosce e desidera . Gli stranieri comprano italiano “perché vorrebbero anche loro essere italiani”.

Critica aspramente chi, come l’ex premier Prodi, sostiene che gli italiani debbano avere un'”identità europea” e non “italiana”, definendo questa una visione dannosa  che mortifica la vera forza del Paese . Questa difesa è vitale anche per il tessuto economico italiano, composto al 99% da micro e piccole imprese familiari  che, a differenza delle multinazionali, se chiudono non hanno alternative.

L’appello finale: fare squadra

Rinaldi conclude con una nota polemica sull’ipocrisia europea e sulla debolezza italiana. Sottolinea come in Germania la polizia (“Polizei”) usi solo auto tedesche, e in Francia solo auto francesi , mentre l’Italia, rispettando i “bandi europei”, acquista auto di produzione estera per le proprie forze dell’ordine.

Lancia infine un appello ai politici italiani a Bruxelles: indipendentemente dal partito, devono “fare squadra” per difendere l’interesse nazionale, esattamente come fanno i politici tedeschi di partiti opposti quando si tratta di portare a casa un risultato per la Germania.

Ora buon ascolto!

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