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Analisi e studi

Chi sono i “LADRI DI DEMOCRAZIA” che hanno occupato il governo, pur essendo minoranza nel Paese? “La Verità” intervista P. Becchi sul suo ultimo libro, scritto con G. Palma

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Intervista di Maurizio Caverzan a Paolo Becchi, su “La Verità” del 3 novembre 2019:

«Ladri di democrazia». S’ intitola così, senza tanti giri di parole, il pamphlet nel quale Paolo Becchi, con Giuseppe Palma, racconta la vera storia della «crisi di governo più pazza del mondo» (Giubilei Regnani – Historica editore). Il professore di filosofia del diritto, già considerato l’ ideologo del M5s per la vicinanza a Gianroberto Casaleggio, segue dalla sua casa di Genova i mutamenti della politica e l’ evoluzione dei pentastellati, destinati, a suo avviso, a diventare «una piccola formazione di sinistra ecologista».

Tutt’ altro che periferico, Becchi è stato protagonista del disperato tentativo di mediazione agostano tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio che, per un attimo, aveva riaperto lo spiraglio per una riedizione del governo gialloblù con il capo grillino premier. «Doveva andare così, invece ora penso che il presidente Mattarella sarà pentito delle scelte che ha fatto quest’ estate». Insomma, il professore la sa lunga e perciò conviene andare con ordine.

Cominciamo dalla fine, quella dei 5 stelle: davvero Grillo scioglierà il movimento come si sussurra?

«Mmmh non credo. Secondo me lo lascerà così. Nemmeno lui ha la forza di scioglierlo. Lo renderà biodegradabile O biodegradato».

In che senso?

«Diventerà una formazione marginale, un partitino di ecologisti di sinistra».

Il giocattolo è rotto e non si può aggiustare?

«Non vedo nessuno in grado di farlo. Il movimento aveva il suo Garibaldi, Grillo, che guidava le cariche, e il suo Giuseppe Mazzini, Casaleggio, il visionario che ci metteva il pensiero. Serviva un Cavour, ma non l’ hanno mai avuto. Nel frattempo è morto proprio Mazzini».

Di Maio doveva essere il Cavour del M5s?

«Forse, ma ci voleva tempo per farne un grande pragmatico capace di gestire il potere».

La crisi attuale dipende dal personale politico, dai rapporti con la Casaleggio associati o da alleanze sbagliate?

«È venuto meno il principio unitario che teneva insieme l’ organismo. L’ originalità del movimento derivava dalla visione di Casaleggio che immaginava una società senza partiti, nella quale il cittadino avrebbe fatto politica senza intermediazioni, attraverso la Rete».

Utopia, sogno.

«Non bisognava abbandonarlo, bensì integrarlo nella democrazia rappresentativa. Ora che si è perso l’ elemento identitario qualificante è difficile trovarne un altro. La Lega nord si è trasformata in partito nazionale, ma l’ idea autonomista è rimasta come elemento di fondo. Il M5s voleva abolire le poltrone e ora, per non sparire, i suoi uomini si attaccano proprio alle poltrone. Sono diventati il tonno dentro la scatoletta. Tra il 2013 e il 2018 hanno perso un’ occasione storica. Dovevano cambiare la politica invece sono diventati un asse della partitocrazia. E poi c’ è un altro fatto».

Dica.

«I grillini rivendicano di aver riportato i cittadini alla politica. In realtà, se si guardano i numeri, nel lungo periodo l’ astensionismo è aumentato».

Brusco risveglio in Umbria?

«Quando un partito ottiene un buon risultato alle politiche, poi lo dimezza alle europee e lo dimezza ancora alle regionali prendendo meno voti di Fratelli d’ Italia, come si fa a non trarre le conseguenze. Quelle dell’ Umbria sono state le prime elezioni dopo la nuova alleanza voluta da Grillo. Se si fosse andati a votare prima dell’ accordo col Pd, il M5s poteva presentarsi ancora come forza antisistema. Ora ne è pienamente parte e la corrente di protesta si è spostata tutta sulla Lega. La verità è che la crisi di agosto non doveva finire così».

E come?

«Di Maio non voleva la rottura. E Salvini, quando ha visto l’ uscita di Matteo Renzi, ha tentato in tutti i modi di fermare l’ alleanza tra Pd e 5 stelle. Fino a telefonare al presidente Mattarella, proponendo Di Maio premier con un programma più articolato e una compagine diversa».

Tipo?

«Senza Danilo Toninelli e Giovanni Tria e con Conte commissario a Bruxelles. Glielo dico perché la mediazione l’ ho fatta io, giorno per giorno».

Qualcosa ho letto in Ladri di democrazia…

«Non ho potuto scrivere tutto… Quando ho capito che la faccenda si metteva male li ho chiamati. Io ero un sostenitore del governo gialloblù Certo, mancava la sintesi, i leghisti ottenevano un risultato e i grillini un altro. Poi è cresciuto il ruolo di Giuseppe Conte».

Torniamo ad agosto.

«Dopo l’ intervista di Renzi che seguiva le dichiarazioni di Grillo era chiaro che si sarebbe andati all’ accordo col Pd. Di Maio non ne era per niente convinto, ma per fermare il treno ha posto come condizione di fare il premier».

Quindi non è stata un’ idea solo di Salvini?

«Per garantirsi, Di Maio ha chiesto che fosse Salvini a parlarne a Mattarella. Domenica 25 agosto Salvini chiama il Quirinale, ma il presidente è fuori per impegni istituzionali. Quando nel pomeriggio Mattarella richiama e Salvini gli prospetta il governo con Di Maio premier, il presidente non si sbilancia. Non so se informi Di Maio o se avverta Zingaretti, fatto sta che il giorno dopo Zingaretti, fino a quel momento fermo sulla discontinuità, accetta Conte premier. Questa è la pura cronaca. Ora penso che Mattarella cominci a pentirsi delle scelte che ha fatto».

Prima c’ era stata la conversione di Grillo che aveva deciso che il Pd non era più il nemico numero uno. Che cosa gli aveva fatto cambiare idea?

«Non so. So solo che in quei giorni viene informato del fatto che suo figlio è indagato per stupro».

Che cosa c’ entra con il ribaltone sul Pd?

«Magari nulla, non so cosa sia avvenuto nella sua testa. Però c’ è la contemporaneità, il giro sulla moto d’ acqua del figlio di Salvini ha occupato le prime pagine per settimane, dell’ accusa di stupro a suo figlio si è parlato mezza giornata. Fino a quel momento il Pd era il partito di Bibbiano. Poi, improvvisamente, Grillo dice che bisogna finirla con i barbari e allearsi con il Pd».

Tutto si è messo in moto da lì.

«Grillo ha sempre disprezzato Salvini, mentre considera Conte un elevato, lo ha anche scritto. Forse pensa che a lungo andare potrà sostituire Di Maio. Ma quel cambio di rotta è inspiegabile, anche perché c’ era un accordo».Cioè?«Una spartizione di ruoli: l’ associazione Rousseau paga tutti i processi di quelli cacciati dal movimento e Grillo si ritira nel ruolo di padre nobile. Non a caso crea il suo blog mentre Di Maio, appoggiato da Davide Casaleggio, diventa il capo politico. Fino ad agosto, quando cambia tutto».

Il ritiro di Grillo non era causato dalla stanchezza

«C’ era un accordo, ricordiamoci sempre che è genovese Di Maio è rimasto spiazzato perché non si aspettava che intervenisse in prima persona. Per far passare l’ accordo, Grillo non voleva specificare il nome del Pd nel quesito sulla piattaforma. Adesso aspettiamo di vedere che cosa dirà sulle regionali in Emilia Romagna. Sappiamo solo che è contrario alla posizione di Di Maio».

Tornando a oggi, come hanno fatto a non prevedere il disorientamento degli elettori dopo un cambiamento così radicale?

«Non hanno più il contatto con la popolazione, vivono nel palazzo. Pensi alla trasformazione di una come Paola Taverna che non dava neanche la mano e adesso cerca benevolenza Non spariranno del tutto, resteranno un partitino votato dagli elettori del Sud che hanno avuto il reddito di cittadinanza».

Previsione troppo nera?

«Non credo. Con Gianroberto Casaleggio c’ era un’ idea di futuro, c’ erano i meet up e gli streaming. Casaleggio aveva detto che se ci si fosse alleati con il Pd sarebbe uscito dal movimento e invece sono gli italiani che hanno lasciato il M5s. Sono divisi su tutto, non riescono nemmeno a nominare i capi dei gruppi parlamentari».

Perché ha lasciato il movimento?

«Per dissensi sulla linea. Mi chiesero di scrivere un atto di accusa di Napolitano, ma poi cambiarono idea e il mio documento finì nel cassetto. Per le europee del 2014 avevo proposto di fare la campagna contro l’ euro, allora non era come adesso. Dissi a Casaleggio che stava sbagliando e che Renzi avrebbe stravinto, sappiamo tutti come andò».

Una volta arrivati al governo era troppo difficile gestire l’ ideologia della decrescita?

«Il governo gialloblù non ha saputo fare la sintesi tra sovranismo identitario leghista e sovranismo sociale dei 5 stelle. Ma l’ Italia ha bisogno di questa sintesi».

C’ erano i no alla Tav, all’ Ilva, alla Gronda

«È il motivo per cui Salvini ha staccato la spina. I poteri forti non aspettavano altro e appena si è aperto lo spiraglio si sono infilati per riprendersi tutto. Il M5s non ha saputo mantenere la carica ecologista adattando il messaggio a una strategia di sviluppo sostenibile».

Il futuro del M5s è quello di un partito verde e digitale su modello nordeuropeo?

«Trascuriamo gli eccessi alla Greta Thunberg, ma l’ emergenza ecologica è reale. Non vedo altri approdi che quello di una sinistra ecologista, tipo i Grunen tedeschi. Ma in Italia non hanno mai attecchito, è un destino di marginalità».

Destino irreversibile? E Di Maio?

«Destino molto probabile. Di Maio non ha il carisma di Salvini o dello stesso Grillo che entusiasmano le folle. E prima o poi si andrà a votare».

Tra un paio d’ anni?

«Non credo, si voterà già nel 2020. Alla fine capiranno che è meglio una morte rapida e dolce rispetto a un’ agonia prolungata. Dopo l’ Umbria ci saranno l’ Emilia Romagna, la Calabria, la Puglia, il Veneto Se Zingaretti avesse intelligenza politica sarebbe lui a voler votare. Certo, vincerebbe Salvini, ma si libererebbe di Renzi, metterebbe in Parlamento i suoi uomini e potrebbe dar vita a un’ opposizione credibile».

Adesso però è al governo.

«In un governo che sta mettendo le tasse sulle cartine per le sigarette. Ma è una gag di Maurizio Crozza o una cosa vera? Un Paese come l’ Italia, già settima potenza mondiale, sta decidendo di tassare le cartine per le sigarette: non ci si crede. Una manovra così dà ancora più potere a Salvini. Di Maio l’ ha capito, Zingaretti ancora no».

Ha visto Di Maio cantare Pino Daniele al Costanzo show?

«No, come già Gianroberto Casaleggio, non guardo la televisione».

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Intervista di Maurizio Caverzan a Paolo Becchi, su “La Verità” del 3 novembre 2019.

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Qui l’articolo integrale, ripreso da Dagospia: https://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/ldquo-ad-agosto-non-doveva-finire-cosi-rdquo-paolo-becchi-rivela-217977.htm

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