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CEO FCA VENDE LE AZIONI APPENA DOPO L’ANNUNCIO DI FUSIONE. W LA FIDUCIA

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Fiat Chrysler Chief Executive Mike Manley ha vendute proprie azioni per ben  $3.46 milioni il 28 maggio, il giorno successivo all’annuncio della probabile fusione con il gruppo Renault, come mostrato dalle dichiarazioni obbligatorie alle autorità borsistiche olandesi, riprese da Reuters.

La mossa da parte del CEO non è nè illecita, e neppure così strana, perchè spesso gli alti dirigenti cercano di capitalizzare i propri annunci, tanto più che, a causa della crisi fra Messico e USA, i giorni successivi hanno visto una caduta del valore delle azioni, ma viene da chiedersi quali siano le motivazioni dei principali azionisti e del management nell’operazione: se effettivamente l’operazione ha motivazioni di carattere industriale la mossa segna una scarsa fiducia nel risultato della fusione.

Si ha la sgradevole impressione che Exor, la finanziaria degli Agnelli, e gli amministratori non abbiano in realtà molta fiducia nel brand e nel settore industriale di FCA e che tutta l’operazione non sia altro che un metodo elegante, nascosto dietro motivazioni produttive, per pompare utili a breve  dal sistema aziendale e per disfare l’indotto accumulato in un secolo di vita. La differenza di valore fra Renault e FCA viene infatti a richiedere, per una fusione alla pari, da un lato la distribuzione di utili, dall’altro un conguaglio con l’assegnazione delle azioni COMAU, cioè dell’azienda che si occupa della realizzazione delle attrezzature meccaniche degli impianti produttive, che ora esce dal gruppo con il suo insostituibile know how. Una vicenda simile a quella di Magneti Marelli, ora in mano americana e giapponese, che storicamente è stata in grado, in passato, di fornire vantaggi competiti notevoli al gruppo.

Affronteremo separatamente il tema di quello che potrà accadere agli impianti italiani a e soprattutto alla componentistica. Comunque l’operazione pone enormi punti interrogativi e necessita un’intervento non tanto in un’azienda privata, quanto per far si che altre aziende possano avvalersi della nostra componentistica, sia anche una riconversione il meno dolorosa possibile del settore.

 


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