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Brunetta fa 10 scomode domande a Frau Merkel: perchè il potere politico non supera il dualismo destra-sinistra e mette in primo piano l’interesse nazionale chiedendo risposte alla Germania?

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Prendo spunto dalle considerazioni fatte dal prof. Brunetta con le dieci domande da fare alla Germania e dunque sulla genesi e sullo stato della crisi europea , vedasi l’articolo del 18 Novembre su Il Giornale. Ho letto ieri con interesse e – non lo nego – un pizzico di scetticismo i contenuti , si sa quando c’è la politica di mezzo le conclusioni rischiano sempre di essere parziali. Dunque, scorrendo i punti mi sono dovuto ricredere: 10 domande da fare alla Germania di Angela Merkel su aspetti prettamente economici legati all’euro ed ai problemi europei, 10 ottime domande. In detto intervento, il prof. Brunetta ha presentato numerose e condivisibili considerazioni, che spaziavano dalla richiesta delle ragioni della vendita dei bond sud europei da parte di Deutsche Bank appena prima che la crisi dello spread esplodesse, al fatto che la BCE non sia messa in condizione di supportare l’economia con tassi bassi in presenza di inflazione inesistente, ai voti contrari dei membri tedeschi in relazione al recente taglio dei tassi europei, al fatto che il meccanismo ESM, pur dovendo i vari Stati contribuire pesantemente, di fatto non sia operativo. Oltre a svariate e utili considerazioni sul vantaggio competitivo tedesco ottenuto dall’euro, oltre che interrogativi sulla supposta difesa delle Landesbanken da parte del Governo teutonico. Eccezionale, mi sono detto! Ma vuoi vedere che abbiamo trovato una persona che sta seriamente centrando il problema dei paesi periferici e dell’Italia in particolare? Mancava solo una citazione sulle mire egemoniche tedesche stile 70 anni or sono e mi sembrava di leggere un mio articolo!! Mi sono incuriosito ed ho approfondito la prima lettura fatta. In effetti tutte le domande fatte dal professore calzano a pennello con la situazione attuale, sono assolutamente precise e concordanti nelle deduzioni e sembrano mirate ad una difesa degli interessi nazionali, cosa non comune da parte dei governi tecnici. Poi, mi sono concesso un attimo di meditazione.

Dunque, ricapitolando, il dilemma di molti dei lettori dei miei articoli è capire se esiste qualcuno che voglia prendersi finalmente la responsabilità di fare le pulci alla Germania, od anche fare domande scomode all’Europa tedesca come quelle presentate nell’articolo, nell’interesse nazionale. Possibile che Brunetta, il falco dell’impenitente Cavaliere possa impersonificare lo spirito di sfida allo status quo europeo ed alla Germania in particolare? Possibile che il paladino degli interessi economici nazionali, tanto cercato e mai trovato, fosse così vicino a noi?

Balotelli-Italia-Germania

In effetti, pensandoci bene, le circostanze che hanno generato questo enorme pasticcio euro-italico fanno pensare: la caduta del Governo di centro destra e la possibile incarcerazione del Cavaliere sono la conseguenza di numerosi eventi che si sono succeduti negli ultimi tre anni, dalla nomina a Roma dell’ambasciatore britannico proveniente da Bagdad a fine 2010 fino alla guerra contro Gheddafi – guerra che ha chiaramente leso forti interessi italiani – coordinata per il lato anglosassone appunto dall’ambasciata UK a Roma, la caduta del Rais, la vendita dei bond periferici da parte di Deutsche bank, la debacle greca, l’inizio della crisi dello spread, la caduta dei governo eletto, la nomina di Monti, le elezioni inconcludenti di febbraio 2013, il governo Letta, a seguire il probabile carcere per l’impenitente….. In effetti un filo lega tutti gli accadimenti ed il finale a questo punto è scontato. Dunque, è lecito pensare che ci sia da parte di una frangia del vecchio PDL una certa acrimonia nei confronti dei poteri oserei dire “sovranazionali” che hanno contribuito a concretizzare quanto oggi abbiamo davanti agli occhi. E, ricordando i trascorsi italiani fatto di ingerenze internazionali, certamente gli alleati d’oltreoceano non possono essere considerati immuni da responsabilità “morali” relativamente all’evoluzione della crisi odierna per quanto riguarda il Belpaese, un piccolo disastro economico (gli USA stanno sostituendo un medio alleato fedele come l’Italia con un grande ipotetico alleato sulla cui fedeltà tutto resta da dimostrare). In termini macro un fatto è certo, l’Italia è cresciuta molto fino alla riunificazione tedesca, poi quindici anni di stasi e poi la discesa all’inferno, dovendo necessariamente stigmatizzare il rapporto privilegiato tra Italia ed USA da dopo la seconda guerra mondiale e per tutta la guerra fredda (iniziando con il piano Marshall, che ha permesso all’Italia di risorgere). Certamente correlare la decadenza italica con l’avvento del Cavaliere è molto comodo, tanto comodo quanto ingiusto: ho dimostrato in precedenti interventi come ci siano numerose prove a supporto della tesi che la Germania ha completato la propria riunificazione grazie all’euro, il rischio è che oggi si senta in dovere di fare giustizia dei 50 e più anni persi a curare le ferite di una guerra drammaticamente persa dopo averla già vinta – non avesse commesso l’errore di andare in Russia, ndr -. E’ opinione di chi scrive che in tutto questo pasticcio il Cavaliere c’entri poco, sarebbe successo comunquei, vedasi il caso della Spagna caduta all’inferno pur dopo essere stata la darling dell’eurocrazia economica europea ed internazionale – di fatto si era venduta praticamente quasi tutto quel che c’era di manifatturiero, ad esempio Endesa finì in Italia dopo una guerra a colpi di OPA iniziata in Germania solo dopo uno scontro tra titani energetici italiani e tedeschi, ed il Belpaese prevalse solo perchè si preferì permettere di controllare il settore energia – strategico – spagnolo da un’azienda con una cultura affine piuttosto che optare per il pragmatismo più inflessibile, scelta corretta visto cosa sta succedendo oggi -. In soldoni, semplicemente la Germania dopo 70 anni sta recuperando lo spazio che le compete in Europa e lo sta facendo a spintoni, partendo dai Paesi più deboli (e, aggiungo io, con l’indispensabile “sdoganamento” statunitense)

Dunque oggi l’Italia vive un momento estremamente difficile delle propria esistenza a seguito di una crisi economica epocale, coincidente con la prima messa in discussione del potere degli USA dopo la seconda guerra mondiale, oltre che in coincidenza della vera rinascita tedesca post seconda guerra mondiale. Or dunque, le domande di Brunetta alla Germania capitano a fagiuolo. Ma quello che mi preme sottolineare con questo intervento è un fatto molto più semplice: le domande del professore, piccolo – per quello che importa, ossia nulla – solo in statura, dovrebbero essere questioni che qualsiasi politico, qualsiasi cittadino dovrebbe fare proprie. In un paese civile e con un minimo di ambizione a restare indipendente tutto il Paese dovrebbe fare sue queste domande e riproporle con forza all’ingombrante partner europeo. Il Governo Letta in particolare dovrebbe riprendere le considerazioni di Renato Brunetta e richiedere alla Germania di rispondere, rapidamente: il perchè questo non venga fatto è un mistero, non voglio pensare che Enrico Letta stia mandando lentamente a ramengo un paese solo per la sua carriera politica visto che le voci di un suo accordo con la Cancelliera per una posizione europea di estremo rilievo il prossimo anno circolano ormai con estrema insistenza in rete.

Quello che resta possibile fare per i cittadini italiani, molto poco per altro, è ricordarsi i nomi di coloro che stanno affossando se non svendendo l’Italia e le proprie aziende nazionali (non sono il solo a fare queste considerazioni, sebbene sia forse quello con più anzianità nel farle…ii), e parimenti attaccando il risparmio privato, invece che sfidare la Germania a rispondere alle domande contestualizzate fatte dal Prof Brunetta: Evitare di chiedere risposta alla Germania significa evitare accuratamente l’allentamento dell’austerity! Può darsi che in un futuro il vento cambi e tali persone possano essere messe sotto inchiesta al fine di ben comprendere se il loro operato abbia leso o meno gli interessi nazionali.

Per sgombrare il campo da equivoci, in queste faccende secondo me non deve esistere destra o sinistra, deve esistere invece l’interesse nazionale. Smettiamo di accanirci con il ministro Cancellieri o con il Cavaliere: il governo è prima di tutto tenuto a richiedere rispetto ai partner europei, Germania in primis, anche mettendo a rischio la partecipazione all’euro del Belpaese se fosse necessario. Oltre a pensare al bene nazionale… Io spero che chi governa abbia chiaro il rischio che l’Italia sta correndo accettando supinamente tutte le richieste e critiche euro-tedesche, anche quando esse sono chiaramente azzardate o addirittura non applicabili al contesto, memento la de facto bocciatura della legge di stabilità – così l’Europa dice – anche a causa di un eccessivo numero di emendamenti (…).

La cosa buffa, mi fa davvero sorridere, è che avendo il sottoscritto annunciato che alle prossime elezioni voterà la coalizione che sarà più dichiaratamente anti-tedesca ed anti-Europa dell’euro austero (permettetemi, l’Europa di Kohl, Carli e Delors era un’altra cosa, basta leggere il Trattato di Roma per comprenderloiii) mi toccherà votare il Cavaliere, ossia fatti alla mano l’unica coalizione che sembra avere il coraggio di sfidare democraticamente il gigante teutonico……

Allego le 10 domande del prof Brunetta, per completezza. Buona lettura.

Mitt Dolcino

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Le 10 domande di Brunetta alla Merkel

Euro, spread e tassi: 10 domande alla Merkel, di Renato Brunetta, Il Giornale, 18.11.2013 h. 18:58

A Come risponde la Germania alla sanzione che la Commissione europea le ha inflitto per aver superato il limite, tra l’altro definito ad hoc nel Six Pack e nel Fiscal Compact, del 6% di surplus della bilancia dei pagamenti? Con l’unione monetaria, la Germania ha beneficiato di un tasso di cambio di fatto favorevole (euro sottovalutato rispetto al marco), che ha rilanciato il commercio con gli altri Paesi e le esportazioni, nella totale assenza di politiche redistributive e di riequilibrio. Squilibri crescenti nella bilancia dei pagamenti per cui l’euro tedesco, contro ogni volontà e sogno, ha di fatto distrutto le economie europee. Da qui la multa, sia pur a scoppio ritardato, della Commissione europea. Come commenta Angela Merkel?

B Come si pone il sistema bancario tedesco rispetto agli stress test cui la Bce si accinge a sottoporre gli istituti di credito dell’Eurozona? Ricordiamo come le banche tedesche abbiano al loro interno rilevanti componenti di debolezza, che derivano dai comportamenti spericolati (vedi il caso dei titoli greci) e da investimenti sbagliati (in titoli tossici), di cui, a dire il vero, mai si è conosciuta la reale consistenza.

C Perché la Germania non vuole l’unione bancaria? O meglio, perché la Germania vuole costruire l’unione bancaria a propria immagine (niente affatto virtuosa e piena di lati oscuri) e somiglianza? Perché Angela Merkel lavora per una vigilanza unica affidata alla Bce (come chiedono anche gli altri Stati), ma solo sulle banche di rilevanza sistemica, e assolutamente no sugli istituti regionali? Non sarà perché nelle Landesbanken o nelle casse di risparmio – le Sparkasse – si annida la più alta opacità e la più alta compromissorietà tra credito e potere politico locale?

D Come spiega, la Germania, l’andamento degli spread negli anni della crisi? Un dubbio sorge spontaneo. Che la finanza privata tedesca, con l’appoggio implicito del proprio governo, abbia trasferito la crisi potenziale del suo sistema bancario sui Paesi più deboli dell’Eurozona, per riportare i rendimenti dei Bund sotto il 3% e che poi l’operazione abbia finito per sfuggire di mano?

E Perché all’inizio della crisi, in maniera del tutto inspiegabile, Deutsche Bank ha venduto titoli del debito sovrano greco e italiano, innescando un circolo vizioso sui mercati finanziari? Il rendimento dei Bund ha cominciato a ridursi proprio a giugno 2011, quando in Germania le banche hanno iniziato a vendere i titoli di Stato dei Paesi dell’area euro in portafoglio, creando un meccanismo che ha generato panico sui mercati. Ne è derivato un forte aumento della domanda di titoli decennali tedeschi, considerati l’unico bene rifugio in Europa.

F Come spiega, Angela Merkel, il fatto che le imprese del suo Paese si finanzino a tassi più bassi rispetto ai concorrenti degli altri Paesi? I livelli minimi dei rendimenti dei titoli di Stato tedeschi negli anni della crisi hanno di fatto consentito alla Germania di pagare il servizio del proprio debito pubblico a scapito degli altri partner europei. I rendimenti reali (tasso di rendimento nominale meno tasso di inflazione) di fatto negativi dei titoli di Stato tedeschi hanno altresì determinato una riduzione del costo dei finanziamenti del settore bancario alle imprese tedesche, rendendo queste ultime più competitive rispetto ai loro concorrenti operanti negli altri Paesi.

G Ricorda, la signora Merkel, la passeggiata con il presidente francese Sarkozy a Deauville il 18 ottobre 2010? Tutto il masochismo folle della crisi finanziaria che ha investito l’area euro è iniziato lì: tutto è partito dalla dichiarazione di Angela Merkel e Nicolas Sarkozy secondo cui, in caso di fallimento di un qualsiasi Paese europeo, le banche sarebbero dovute intervenire. Bella stupidaggine autolesionista del duo Merkozy! Uno: perché questa affermazione sottintendeva che gli Stati possono fallire. Due: perché con il coinvolgimento dei creditori privati si è creata di fatto la saldatura tra crisi finanziaria e crisi del debito sovrano.

H Perché la Germania blocca il funzionamento del Meccanismo Europeo di Stabilità? L’obiettivo del meccanismo era ed è quello di mobilitare risorse finanziarie a beneficio dei membri che si trovassero o rischiassero di trovarsi in situazioni di grave difficoltà. Ma il suo funzionamento è di fatto posto in stand-by dai veti di Germania, Finlandia e Olanda: il Mes per adesso resta inattivo, ma, paradosso dei paradossi, ha l’obbligo di investire comunque i versamenti effettuati dagli Stati (80 miliardi entro i primi mesi del 2014). E lo farà acquistando i titoli più sicuri dell’eurozona, vale a dire i titoli tedeschi, finlandesi, olandesi. L’esatto contrario di quello per cui è stato creato.

I Perché la Germania non vuole gli Eurobond? La Germania teme l’effetto «spiazzamento» che i titoli tedeschi si troverebbero a subire con l’introduzione degli Eurobond. Questi ultimi, infatti, diventerebbero i titoli pubblici più solidi dal punto di vista degli investitori, che correrebbero a comprarli. Di conseguenza, diminuirebbe la domanda di Bund tedeschi e i rendimenti tornerebbero a salire.

J Perché i due membri tedeschi del Consiglio direttivo della Bce hanno votato contro la riduzione dei tassi di interesse lo scorso 7 novembre? I tedeschi sono ossessionati dall’inflazione. Ma in Europa oggi l’inflazione è allo 0,7%, quando il target fissato dalla Bce è del 2%. Troppo basso. Per portare l’inflazione media europea attorno al 2% significa che quella tedesca potrebbe superare il 3%. Può sembrare ingiusto, ma è così che l’euro dovrebbe funzionare. Se si condivide una valuta con altri Paesi, le regole del gioco impongono solidarietà. La Germania è pronta ad accettare queste regole? Se no è la fine, della moneta unica e dell’Europa.
Un’ultima questione. Non alla Germania, ma al premier Letta. Condivide, il presidente del Consiglio, queste dieci domande? E se sì, perché non si impegna a proporle al prossimo Consiglio europeo? Questo sarebbe il miglior contributo alla pacificazione, in Europa e, perché no?, anche in Italia: fare chiarezza e fare giustizia del grande imbroglio che nel 2011 il nostro Paese e il suo presidente di allora Silvio Berlusconi ha dovuto subire. Con tutti i sacrifici che da quell’imbroglio sono derivati per tutti gli italiani.

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