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BOMBA PENSIONI A SAN MARINO

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Chiunque pensi che San Marino stia vivendo il più atroce dei drammi della terra, quello del sistema bancario, non ha fatto i conti con la vera bomba atomica in grado di distruggere i TITANS: Il suo sistema pensionistico.

Non è nostro interesse risalire alle origini di tale sistema e soffermarci sulla correttezza o meno delle decisioni del passato, ci limiteremo a porre l’accento su quali problemi manageriali tale sistema determinerà oggi, periodo in cui le regole le detta la corrente neoliberista.

La gestione delle pensioni è oggi sorretta prevalentemente dai contributi versati dalle imprese, lo stato immette una cifra assai modesta nel fondo previdenziale:

2017

CONTRIBUTI: 136,2 milioni di euro;

STATO: 25,3 milioni di euro.

TOTALE PRESTAZIONI DA EROGARE: 161,5 milioni di euro.

 

Il problema si pone però in prospettiva poiché per il 2050 si prevedono i seguenti valori:

2050

CONTRIBUTI: 348,6 milioni di euro (ossia un incremento del 156% rispetto al valore 2017)

STATO: 413,3 milioni di euro (per un incremento previsivo del 1.533%)

TOTALE PRESTAZIONI DA EROGARE: 761,9 milioni di euro.

 

Già immagino i commenti: “vi sarà sicuramente una strategia dietro no?”. 

Forse si, ma è anche vero che bisogna essere più realisti del re nel fare le previsioni, e per quanto concerne San Marino possiamo avere pochissimi spazi di manovra:

  1. 1400 disoccupati da riassorbire;
  2. circa 2.000 case vuote da poter riempire con emigrati (a cui andrebbe trovato impiego) e/o imprenditori/autonomi/artigiani.

Ecco la tabella dei disoccupati (tratta dal PROGRAMMA ECONOMICO 2018 della SEGRETERIA DI STATO FINANZE E BILANCIO):

Ora, ipotizzando un tasso di inflazione dell’1% l’anno e un carico contributivo, di circa 4 euro l’ora, per ognuno dei 3.400 soggetti reimpiegati o impiegati ex novo dal sistema economico Sammarinese, potremmo avere un incremento di entrate previdenziali come di seguito riportato (e messo in relazione con i valori ad oggi previsti nei loro contratti collettivi di lavoro):

  1. 9,5 milioni di euro nel 2017 dai disoccupati (che diventerebbero 12.900 nel 2050);
  2. 13,5 milioni di euro nel medesimo anno dai nuovi occupati o dai nuovi imprenditori (tali da diventare 18.500 nel 2050).

Di tal guisa, i valori dei contributi 2017, unitamente a quelli dei nuovi assunti e  dei nuovi artigiani/imprenditori/autonomi, farebbero lievitare gli incassi a 159,2 milioni nel 2018 e a 215,2 nel 2050, a fronte di prestazioni globali per 761,9 milioni di euro.

E gli altri chi ce li mette?

Se non vogliono dichiarare default del sistema pensionistico, sarà cura della fiscalità generale farsi carico del “buco” previdenziale, ma non per i 413,3 milioni previsti, bensì per 546,7!

Bene!

Sapete a quanto ammonta il loro PIL?

Il valore 2015 era 1.415 Milioni di euro che, assunto quale dato di partenza ipotetico del 2017, è tale per cui anche assumendo 3400 persone e facendole lavorare a (diciamo) 100 euro/ora tutto l’anno potrebbero spingere il PIL intorno ai 2 miliardi di euro che, all’incirca, potrebbero diventare 2,7 miliardi nel 2050:

Se adesso analizzassimo il valore delle uscite pubbliche per le pensioni oggi (25,3 milioni di euro su 1.400/1450 milioni di PIL) con il valore 2050 si capisce che la vera bomba NON è quella bancaria a San Marino, ma quella pensionistica:

Le tasse (in percentuale del PIL) dovranno costantemente aumentare sino al 20% del PIL solo per far fronte alla marea di pensionati da sostenere a lungo termine!

E non vi venga in mente di dire “si aumentino i contributi pensionistici” poiché dagli attuali 4 euro dovrebbero aumentare di ben 3-3,5 volte a più o meno 12/14 euro l’ora. Insostenibile per qualunque sistema economico manifatturiero o anche dei soli servizi.

Non vorrei proprio esser nei panni degli amministratori locali.

Cari amici, non vi invidio.

Comunque ci ricorderemo sempre di voi, vi abbiamo voluto bene.

Ad maiora.

 

 


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