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Crisi

Bolle (o balle)

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bolla

 

 

I segnali arrivati dai dati macroeconomici rilasciati nelle ultime settimane, provenienti dalle maggiori economie planetarie (ad esclusione dei soli Stati Uniti), ci raccontano di un rallentamento globale della domanda.

Dappertutto stanno scendendo i prezzi alla produzione (PPI) e delle materie prime con conseguenze nefaste sulle produzioni industriali. Il petrolio sembra oramai diretto ai 50 dollari/barile e i Paesi esportatori devono rivedere tutti i loro conti che erano basati su di un prezzo che sino a 3 mesi fa era quasi doppio a quello odierno. I dati macro ci parlano di ribassi generalizzati in tutti i comparti, ben sotto le stime degli analisti, che vanno dall’€uropa all’India, dalla Cina al Sudamerica, dal Sudafrica alla Russia.

La settimana borsistica è finita come peggio non poteva: Wall Street ha chiuso con un ribasso settimanale del -3,7% e non accadeva dal 2011. Ovviamente le altre principali piazze hanno seguito a ruota.
È di questa mattina la notizia del declassamento del rating francese da parte di Fitch, passato da AA+ ad AA. Esso arriva dopo una settimana dal declassamento dell’Italia a BBB- ad un passettino da “Junk” (spazzatura). In Grecia tra qualche giorno si voterà e la borsa di Atene dopo la notizia diffusa la scorsa settimana ha totalizzato circa un -20%.

Sembra che gli storni di borsa siano frutto della brutta piega che sta prendendo l’economia. Non sono d’accordo, o almeno non del tutto.
Di certo gli ultimi brutti dati avranno avuto il loro peso ma faccio notare che erano altrettanto pessimi anche un anno fa, allorquando lo S&P 500 viaggiava intorno ai 1500 punti. In un anno, nonostante le condizioni andassero peggiorando esponenzialmente, è riuscito a crescere di un buon +40%, demolendo record quasi ogni giorno, ciò nonostante il P/E delle aziende andassero via-via peggiorando, offrendo aspettative di guadagno futuro impossibili da realizzarsi. Le motivazioni del repentino storno a cui siamo assistendo e continueremo ad assistere sono altre: esse vanno ricercate nei fatti geo-politici accaduti ultimamente e nei paper che escono dalle riunioni delle Banche Centrali. Ricordo che il “tapering” (chiusura progressiva del QE USA) è cominciato nella scorsa primavera e ha ridotto progressivamente, di $10 miliardi a botta, il riacquisto di titoli di debito statale in scadenza cominciato proprio nel 2011 e che vedeva l’impiego di ben $85 miliardi/mese, ovvero più di 1000 mld annui. Il QE fu fatto allo scopo di far uscire il Paese dalla recessione cominciata nel 2007 e che aveva portato la disoccupazione ufficiale vicina al 10% e sarebbe stato chiuso allorquando la stessa sarebbe scesa sotto al 7%.

L’operazione ha avuto il massimo successo poiché la disoccupazione USA è scesa parecchio di più del previsto, portandosi addirittura sotto al 6%. Le stesse ragioni hanno spinto il Regno Unito (375 miliardi di sterline/anno) e il Giappone (per iniziali $$75 miliardi/mese poi aumentati ancora) Ma i QE hanno avuto anche un effetto nefasto: il denaro “facile” ha ingrossato le borse oltremodo, gonfiando una bolla gigantesca che non tarderà a deflagrare. Come fanno a finire in borsa tutti quei miliardi? Chi sono i maggiori possessori di tit. di stato? Ovviamente banche, assicurazioni e istit. Finanziari in genere. Essi hanno impiegato l’enorme liquidità derivante dalla monetizzazione dei TdS in scadenza prestando denaro al grande pubblico e guidando un’enorme campagna mediatica nel “sano investimento in borsa”. In pratica è accaduto ciò che avvenne nella seconda metà degli anni ’20 e che creò il “grande crollo” del ’29. La popolazione ipotecò case e beni reali per farsi prestare denaro da detti soggetti che poi venne impiegato a Wall Street.

La ragione che crea periodicamente queste gigantesche bolle è sempre la stessa: l’UMANISSIMA ricerca di guadagni facili con il minimo sforzo.

Sempre per restare negli USA vi è un altro fattore che ha influenzato le decisioni prese negli ultimi 2 mesi in tema di politica monetaria: Obama e i democratici sono oramai in minoranza sia alla camera che al senato. I “più” conservatori repubblicani hanno deciso che il popolino ha avuto anche troppi aiuti ed è tempo di pensare al business (come se prima non ci pensassero), chiedendo un repentino innalzamento dei tassi atto a scongiurare un possibile “pericolo” inflattivo di cui io non vedo assolutamente le condizioni necessarie che possano generarlo.
Alla riunione ottobrina del FMOC della FED ben 9 membri sui 10 totali si sono espressi per la chiusura piena del QE e così è stato e come sappiamo ciò è l’anticamera di un rialzo dei tassi prossimo venturo.

La prossima riunione è per il 17 dicembre (per loro è il 13 il numero sfortunato) e penso fortemente che lo opereranno a sorpresa proprio quel giorno, come “augurio” di fine anno speciale e minaccioso a quella parte di pianeta non allineata o, almeno, non completamente, ai loro dogmi.

L’impatto che ha un rialzo dei tassi USA sul resto del mondo e sugli emergenti in particolare è molto rilevante: porterà un maggiore debito a chi è esposto in valuta pregiata semplicemente e solo perché il dollaro crescerà di valore. Le conseguenze saranno di un rialzo generalizzato dei tassi di interessi a cui potrebbe seguire il blocco dei capitali (la Russia l’ha già fatto e la Turchia più volte l’ha fatto intuire) onde evitarne la fuga.

L’altra ragione è insita nel comportamento attendista e ambiguo della BC€ che nonostante la persistente deflazione in diversi Paesi comunitari ancora non prende una decisione chiara in merito e anche se più di un membro del direttivo abbia lasciato intendere che ci sarà un QE di almeno €500 miliardi tutto e stato rimandato alla riunione del prossimo gennaio.

Ho idea che alla base del temporaneo lieve rialzo della moneta comune (salita di 2 centesimi negli ultimi 2 giorni) ci sia un’onda speculativa –composta dai soliti “ben informati”- che partirà con vendite short qualche ora prima che si sappia la decisione della FED.

Per come la penso i furbi sono già usciti dalle borse sui massimi e continueranno a farlo nei prossimi giorni.
Ciò che accadrà nelle prossime settimane sarà molto interessante: ne vedremo delle belle.

Roberto Nardella


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