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Analisi e studi

Bene Matteo! Ora serve comunque il decreto legge che avevamo proposto (di G. PALMA e P. BECCHI)

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Il pugno di ferro di Matteo Salvini sui migranti a bordo della nave Diciotti della guardia costiera ci era sembrato, sì, un atto sovrano condivisibile, ma senza un adeguato paracadute giuridico. Tanto è vero che avevamo proposto al vicepremier e ministro dell’interno di far sbarcare i migranti in Italia, ma per l’ultima volta. Infatti la nostra proposta era ed è quella che il governo italiano adotti al più presto un decreto legge, quindi con effetti immediati, che preveda il divieto di attracco – senza l’autorizzazione del governo – di tutte le navi militari, mercantili o delle Ong che abbiano a bordo migranti, pena il licenziamento per i militari (con connesso processo secondo il codice militare in tempo di pace) e il sequestro, cui dovrà seguire la confisca, di tutte le altre tipologie di imbarcazioni. Proposta sempre valida.
Ma ora c’è un fatto nuovo che spariglia le carte e dà ragione alla strategia di Salvini. Oggi si riunisce la Commissione europea, che discuterà anche sul caso della nave Diciotti. Ieri sera il vicepremier e ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio, dopo aver confermato che sulla questione migranti il governo è compatto, ha affermato che “se l’Unione europea si ostina con questo atteggiamento, se domani dalla riunione della Commissione europea non esce nulla e non decidono nulla sulla nave Diciotti e sulla redistribuzione dei migranti, io e tutto il Movimento 5 stelle non siamo più disposti a dare 20 miliardi all’ Unione europea”.
Un fatto nuovo che mette la Ue con le spalle al muro. Se la Commissione europea non prenderà una decisione immediata sulla redistribuzione, i circa 150 migranti ancora a bordo della Diciotti (i bambini sono già scesi) verranno molto probabilmente fatti sbarcare a Catania dal governo italiano ma, a partire dal 2019, il nostro Paese non verserà più i 20 miliardi di euro che ogni anno elargisce all’Unione europea.
Il punto merita una precisazione. Noi versiamo al bilancio della Ue 20 miliardi di euro l’anno, ma ce ne ritornano indietro solo 12, quindi siamo un contribuente netto dell’Unione. Perdiamo 8 miliardi l’anno che, se fossero nella nostra disponibilità, potremmo – ad esempio – ridurre l’aliquota Iva di due punti percentuali ogni anno, rilanciando la domanda interna, cioè consumi privati e investimenti, il sale dell’economia reale. E invece l’Unione europea ci frega. E quando abbiamo bisogno ci lascia completamente soli ad affrontare problemi gravosi come quello dell’immigrazione. Ma non solo. Proprio ieri il commissario Ue Moscovici ha detto che, per far fronte alle conseguenze causate dal crollo di Ponte Morandi a Genova, dovremo comunque rispettare i vincoli europei di bilancio. Una vigliaccata degna dei peggiori strozzini e non di partners che collaborano tra di loro. Se dunque dobbiamo essere lasciati soli, meglio fare con l’Ue pari e patta. Le diamo 12 miliardi e ce ne riprendiamo altrettanti, così sull’immigrazione e sul resto ce la vediamo da soli, da Paese sovrano.
Ma il problema migranti non sarebbe comunque risolto. Per questo la nostra proposta di un decreto legge è ancora valida. Il governo ci pensi; un nuovo caso Diciotti è sempre alle porte.

di Giuseppe PALMA e Paolo BECCHI 

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