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«Belt and road» e dominio cinese dopo il COVID-19. La scelta fra scontro e perdite finanziarie

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La Belt and Road Initiative, (BRI); l’iniziativa di espansione economica e politica della Cina verso i paesi in via di sviluppo che si è sviluppato attraverso un insieme di investimenti finanziati  o cofinanziati da governo cinese viene a richiamare una serie di grossi problemi legati sia ai rapporti internazionali, sia allo sviluppo delle industrie interne.

La Cina a partire dal 2015, come indicato in un discorso ufficiale dallo stesso Xi Jinping, si è trovata nella necessità di affrontare una “Supply Side Structural Reform” (SSSR), cioè la necessità di riformare il proprio sistema produttivo per renderlo più efficiente ed orientato al mercato, perchè non era possibile supportare una crescita a colpi di aumento del debito interno del 10% all’anno. Le finalità  principali dell’SSSR sarebbero  migliorare la qualità e l’efficienza dell’approvvigionamento; promuovere adeguamenti strutturali; correggere la distorsione dell’allocazione dei fattori di produzione; migliorare l’adattabilità e la flessibilità della struttura dell’offerta ai cambiamenti della domanda; e migliorare la produttività totale dei fattori (People’s Daily, 4 gennaio 2016). Praticamente un programma che appare scritto da Mario Monti.  Più concretamente, l’SSSR comprende cinque obiettivi strategici fondamentali:

  1. ridurre la capacità industriale in eccesso;
  2. ridurre la leva finanziaria nel settore aziendale;
  3. riduzione delle proprietà immobiliari inutilizzate;
  4. riduzione dei costi per le imprese
  5. affrontare gli “anelli deboli” dell’economia (un eufemismo per la riduzione della povertà).

La BRI è stata di grande aiuto per  l’implementazione di questa nuova politica industriale cinese. Infatti ha permesso di scaricare l’eccesso di capacità industriale all’estero (punto 1) ed anche di ridurre la povertà complessiva con l’esportazione della forza lavoro (punto 4), il cui eccesso non è un problema per la Cina per il progressivo calo della forza del lavoro. Però un altro risultato importante è stato quello di permettere la prosecuzione del finanziamento statale della grandi imprese parastatali in modo indiretto, attraver so i progetti della BRI: Pechino ed il PCC concludevano accordi per la realizzazione di infrastrutture in paesi in via di sviluppo che erano finanziate dalla Cina e poi realizzate da grandi aziende cinesi.

Però la Covid-19 ha messo in crisi questa politica che, sinora, aveva permesso di evitare una dolorosa ristrutturazione del sistema produttivo cinese interno. Il Covid inoltre si trova a coincidere con un peggioramento molto significativo della posizione internazionale di Pechino: la sua presenza è sempre meno gradita nei paesi in via di sviluppo anche per quello che è successo quando un paese non è stato in grado di ripagare un debito, cioè la perdita  del possesso di importanti asset infrastrutturali a favore di conglomerati cinesi. In   generale poi lo scontro con Washington vede molti paesi non più positivamente inclinati all’accoglienza di questo espansionismo economico. Quindi le Società parastatali cinesi si trovano da un lato a non essere più competitive sul mercato interno, dove si cerca di applicare la SSSR, e neppure su quello esterno. Che fare?

Il Rhodium Group ha previsto che Pechino possa mantenere il prestito rafforzato sulle iniziative della BRI perché le banche cinesi, altamente politicizzate e sotto il controllo diretto o indiretto del PCC, sono in grado di mantenere il ritmo del prestito del 2015-2019 (Rhodium Group, 15 aprile). I prestiti BRI costituiscono una parte minore del portafoglio prestiti complessivo cinese e la China Development Bank e la China Export-Import Bank hanno un ampio sostegno politico per coprire i costi, ma è improbabile che Pechino aumenti i suoi prestiti ai paesi partecipanti alla BRI a breve termine. A causa della pandemia, alcuni stati potrebbero non essere in grado di effettuare i rimborsi in tempo e la BRI potrebbe subire perdite finanziarie. Un rapporto di giugno del Ministero degli Affari Esteri ha rilevato che COVID-19 aveva “gravemente colpito” quasi un quinto dei progetti lungo la BRI (SCMP, 28 giugno). Pechino può scegliere di ridurre gli obblighi di debito o cercare di posticipare i pagamenti e estendere i termini, come spesso fanno i prestatori sovrani in risposta a una crisi finanziaria. Rinegoziare i termini del debito legato alla BRI comporterà rischi politici ed economici e potrebbe sollevare lo spettro della diplomazia della trappola del debito, danneggiando il prestigio internazionale della Cina. Il rinvio dei pagamenti aumenterebbe anche il debito totale del settore finanziario, minando i principi dell’SSSR.

Fortunatamente, dopo diversi anni di implementazione, il BRI definito in modo ambiguo e in continua evoluzione ha mostrato una flessibilità ed adattabilità prima non immaginabili. All’indomani del COVID-19, la Repubblica Popolare Cinese ha promosso concetti un tempo trascurati come la Via della Seta Digitale e la Via della Seta della Salute per stimolare la ripresa economica globale, oltre a enfatizzare gli aspetti “verdi” della BRI che sono paralleli al ruolo guida della Cina nel dialoghi internazionali sui cambiamenti climatici (IIGF ,Pechino, 30 maggio), facendo un bel po’ di “Green Washing ” delle sue misure, ma alleggerendole anche dal punto di vista finanziario.  La leadership cinese sta anche riformulando la BRI per allinearsi alle politiche di alto livello per ridurre la leva finanziaria e attuare l’SSSR. In un discorso al Second Belt and Road Forum for International Cooperation nel 2019, il presidente Xi Jinping ha affermato che “accogliamo con favore la partecipazione delle istituzioni finanziarie multilaterali e nazionali agli investimenti e ai finanziamenti BRI e incoraggiamo la cooperazione sul terzo mercato” (PRC Ministry of Foreign Affairs, 26 aprile 2019).

La recente testimonianza alla Conferenza consultiva politica del popolo cinese (CPPCC) ha anche sottolineato l’affermazione di Xi secondo cui i futuri finanziamenti per la BRI non daranno più priorità alle Società parastatali cinesi , ma apriranno il campo di gioco ad attori privati ​​e società straniere. (Focus Cina-USA, 30 luglio). Gli organi statali dei media e gli economisti di spicco stanno progressivamente distaccandosi dalla difesa di queste società  “Zombi” cinesi, ma lasciando spazio agli sviluppi verso un sistema di finanziamento multilivello e orientato al mercato che sosterrà meglio la priorità interna cinese della SSSR. Il problema per Pechino però rimane: che fine faranno queste enormi conglomerate con decine di migliaia di dipendenti? Avranno il coraggio di farle fallire?


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