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ATTENZIONE! La riforma costituzionale tradisce anche l’art. 138 della Costituzione. L’analisi di Giuseppe PALMA

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ATTENZIONE! La riforma costituzionale tradisce anche l’art. 138 della Costituzione. L’analisi di Giuseppe PALMA

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L’art. 138 della Costituzione (cioè quello che detta la procedura di revisione costituzionale) fu scritto, come tutta la Costituzione del resto, negli anni 1946-47, pertanto il procedimento aggravato da esso previsto, quindi le maggioranze richieste perché il Parlamento potesse procedere a riformare la Costituzione, trovavano inquadramento all’interno di un ben più ampio sistema democratico che prevedeva – tra le altre cose –  una legislazione elettorale con sistema proporzionale puro (tanti seggi quanti sono i voti ottenuti in percentuale), quindi la maggioranza richiesta nella seconda votazione (assoluta con eventuale successivo referendum e dei 2/3 dei componenti senza referendum) era da inquadrarsi esclusivamente all’interno di quel tipo di meccanismo elettorale (tanto più che i Padri Costituenti definirono il voto come “eguale” – art. 48 Cost.). Ciò detto, con l’adozione da parte del Parlamento della legge n. 270 del 2005 (il cosiddetto porcellum) con la quale si sono svolte le elezioni politiche del 2006, 2008 e 2013 (quindi la stessa con la quale è stata eletta anche la XVIIa Legislatura che oggi riforma la Costituzione), è stato introdotto un sistema elettorale maggioritario (nello specifico si trattava di un proporzionale con premio di maggioranza), per cui un numero elevatissimo di deputati e senatori sono risultati eletti in Parlamento non in proporzione ai voti regolarmente ottenuti, bensì grazie ad un regalo (premio di maggioranza) scaturito dal sistema elettorale maggioritario. Nello specifico, a seguito della consultazione elettorale del febbraio 2013 (che è quella che ha determinato la composizione dell’attuale compagine parlamentare),  la coalizione di centro-sinistra all’epoca guidata da Pier Luigi Bersani ottenne alla Camera solo il 29,55% dei voti, appena lo 0,37% in più della coalizione di centro-destra arrivata seconda (guidata da Silvio Berlusconi), mentre il Movimento 5 Stelle – guidato da Beppe Grillo e non coalizzatosi con nessun’altra lista – si affermò come primo partito con il 25,56% dei voti (il Partito Democratico, che ha dettato la riforma, ottenne solo il 25,43% dei consensi). Ciò detto, per effetto del meccanismo elettorale maggioritario previsto dal porcellum, la composizione parlamentare (nello specifico quella relativa alla Camera dei deputati, dove il premio di maggioranza era nazionale) risulta gravemente falsata, infatti la coalizione di centro-sinistra ha ottenuto ben 340 seggi su 630 (cioè il 55%), quando avrebbe dovuto ottenerne – proporzionalmente ai voti ottenuti – solo 186. E’ dunque facile comprendere che, quando nel 1946-47 i Padri Costituenti scrivevano l’art. 138 della Costituzione, mai avrebbero pensato che nel corso dei decenni futuri si sarebbero potute verificare simili distorsioni del voto popolare, altrimenti non si sarebbero fermati – per quanto concerne la tipizzazione delle maggioranze richieste nella seconda votazione – a prevedere la maggioranza assoluta come condizione necessaria e sufficiente, ma avrebbero certamente richiesto quantomeno quella qualificata dei 3/5 dei componenti di ciascuna camera (in luogo di quella assoluta). Le intenzioni dell’Assemblea Costituente in tema di revisione costituzionale erano infatti volte al raggiungimento – in seconda deliberazione – di almeno il 50% più uno dei voti di deputati e senatori, che col sistema proporzionale puro significa(va) 50% più uno della volontà popolare! Ciò premesso, se al posto del porcellum vi fosse stata una legge elettorale come quella vigente negli anni in cui veniva scritta e approvata la Costituzione (proporzionale puro), l’attuale revisione costituzionale avrebbe necessitato non solo dei voti provenienti dai parlamentari della formazione vincente (in tal caso del tutto insufficienti), ma anche di gran parte di quelli della formazione arrivata seconda, oppure di quelli del primo partito. E ciò avrebbe quantomeno garantito – nell’intero percorso della riforma – una necessaria partecipazione politico-parlamentare molto più ampia, esattamente com’era nelle intenzioni della Costituente. Nella situazione reale, invece, con il sistema elettorale maggioritario previsto dal porcellum, la Costituzione è stata riformata grazie ad un numero di voti provenienti da parlamentari eletti non per effetto dell’esatta traduzione in seggi della volontà popolare (com’era nelle intenzioni dei Padri Costituenti), bensì quale conseguenza dell’applicazione di un premio di maggioranza sproporzionato (dal 29,55% al 55%) e per di più dichiarato incostituzionale. Non è dunque l’esatta traduzione in Parlamento della sovranità popolare a riformare la Costituzione, bensì un fantasma di dimensioni sproporzionate privo della irrinunciabile ed esatta corrispondenza con la volontà popolare. Anche su questo punto le intenzioni dell’Assemblea Costituente non sono state in alcun modo rispettate, con l’aggravante che tutti i deputati e i senatori di questa Legislatura (e delle due precedenti) non sono stati neppure scelti direttamente dai cittadini ma nominati dalle segreterie di partito ed eletti in Parlamento sulla base della posizione di ciascun candidato nelle liste elettorali, i cui nomi non erano neppure indicati sulla scheda elettorale.

Il tutto contornato dalla Sentenza della Corte Costituzionale n. 1/2014 che ha dichiarato l’incostituzionalità del porcellum sia nella parte in cui questo non prevedeva la possibilità per l’elettore di esprimere le preferenze per i candidati, sia nella parte in cui era prevista l’applicazione di un premio di maggioranza senza prevedere una soglia minima di voti.

Ad ottobre, se si vuole bene alla nostra Costituzione, è necessario votare NO!

 

Giuseppe PALMA

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Io voto NO!

Giuseppe PALMA

avvocato giuseppe palma

 


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