Attualità
” Aporie o cul de sac? ” di R. SALOMONE-MEGNA
Il termine aporia deriva dal greco ἀπορία e letteralmente significa incertezza.
La situazione italiana è piena di aporie con un’ unica certezza: se i nostri politici continueranno a governare il paese in base ai dettami dell’Unione Europea, il disastro economico, sociale e democratico sarà inevitabile.
Ci troviamo in quello che i francesi definiscono in maniera molto colorita ma quanto mai efficace “cul de sac”.
Ci troviamo in un vicolo cieco.
Il motivo?
Sono le innumerevoli antinomie che ci vengono propinate per verità rilevate dai grandi pensatori autoctoni ed alloctoni.
In buona sostanza, da Bruxelles ci viene imposto non solo di ridurre il deficit annuale, anzi di azzerarlo, ma di eliminare anche l’indebitamento complessivo eccedente il 60% del rapporto debito/PIL in un periodo di vent’anni.
Il perseguimento di tali obbiettivi avrebbe sugli italiani gli stessi effetti dell’imposizione del pagamento dei danni della prima guerra mondiale alla Germania.
Vediamo di comprendere meglio di cosa stiamo parlando.
Per diminuire il quoto di un rapporto si può operare in due modi: o si diminuisce il numeratore, riducendo il debito, o si aumenta il denominatore e quindi si aumenta il PIL.
Da un punto di vista prettamente aritmetico non c’è alcuna differenza tra i due modi di procedere, da un punto di vista economico e sociale la differenza è invece enorme.
Analizziamo il primo modo di procedere ovvero la riduzione del debito così come fece illo tempore il prof. Mario Monti.
Per prima cosa si tagliano le spese dello stato e quindi si diminuiscono gli stipendi, le pensioni, non si eseguono o si procrastinano le opere pubbliche, non si fanno nuove assunzioni e successivamente si aumentano le imposte, le tasse, le accise ed altre gabelle varie.
Tuttavia, questo modo di procedere, che risponde ad una visione microeconomica dello stato, presenta un problema, un grosso problema, che si chiama moltiplicatore fiscale o moltiplicatore di Keynes.
In buona sostanza, se lo stato riduce le spese ed i trasferimenti anche il PIL, che misura la ricchezza prodotta al lordo degli ammortamenti nel paese, diminuirà.
Ma di quanto diminuirà?
Ed ecco che ci soccorre il moltiplicatore fiscale.
Secondo Monti, Cottarelli e gli altri sodali del F.M.I. che si sono basati sugli incerti studi eseguiti da due sedicenti ricercatori, tali Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, il moltiplicatore fiscale ammonterebbe a 0,5.
Per dirla molto semplicemente, se diminuisco il numeratore e quindi il debito di 100, il denominatore e quindi il PIL si ridurrà solamente di 100×0,5= 50 e pertanto si ridurrà anche il rapporto debito/PIL.
Così tutti vivono felici e contenti?
Purtroppo no.
Questa non è una favola che finisce bene, poiché il moltiplicatore fiscale è pari a 1,5 e quindi maggiore di 1 ( come ci insegna la storia è sempre maggiore di 1 nei periodi di crisi economica) e pertanto i sacrifici ed il dolore imposto al popolo italiano, al pari delle autentiche efferatezze perpetrate al popolo greco, a quello spagnolo e portoghese sono risultati vani.
Con il governo Monti la distruzione della domanda interna ha comportato un aumento del debito complessivo di 128 miliardi di euro in soli cinquecentoventi giorni di governo.
Il risultato è stato proprio l’opposto di quello che si intendeva ottenere: il rapporto debito/PIL è aumentato.
Ma esplicitiamo le antinomie di cui sopra.
Se è vero che non dobbiamo più fare deficit, poiché lo dobbiamo azzerare e, nel contempo, per ridurre il rapporto debito/PIL dobbiamo fare più deficit, ci troviamo di fronte a due palesi antinomie, per cui viene meno quello che secondo Aristotele è un principio cardine di ogni sistema logico, il principio di non contraddizione.
Per crescere sarebbe necessario aumentare il deficit annuale, cosa non consentita all’Italia, ma permessa alla Francia e alla Spagna e quindi rieccoci nel cul de sac.
Conclusioni: per uscire dalla terribile situazione in cui una classe politica imbelle e corrotta ha costretto, nei decenni scorsi, il popolo italiano, dobbiamo eliminare le inconciliabili antinomie del pensiero economico prevalente a Bruxelles.
Per fare questo non abbiamo bisogno di aporie, ma di seguire le indicazioni che ci vengono da Aristotele, uno dei padri del pensiero filosofico occidentale: non violare il principio di non contraddizione!!!
Raffaele SALOMONE-MEGNA
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