Conti pubblici
Analisi del DEFAULT di uno Stato: cerchiamo di capire perche’ e quando accade, e cosa accade dopo
PREMESSA:
Vorrei, insieme a voi, capire il perche’ del Default. Spesso sentiamo opinionisti e media dirci che sta arrivando il defaut e che dopo moriamo tutti di fame. Ci dicono che cio’ e’ causato dal Lupo Cattivo esterno (la grande speculazione, il grande complotto internazionale, il Soros di turno, etc) oppure dal Lupo Cattivo interno (lo Stato, le Banche, la spesa pubblica eccessiva, etc). Ovviamente, generalmente, ci dipingono un futuro disastroso, in cui la popolazione deve “espiare” le proprie colpe. Ci dicono inoltre che il default arrivera’ in un tempo X, anche se quasi sempre tali previsioni sono regolarmente smentite.
Onestamente, non voglio dire che costoro non hanno delle ragioni, ma che, dipingono scenari che semplicemente non hanno un riscontro nella realta’ successiva. Vorrei partire dal presupposto di voler cercare di “capire le cose”, e non di “tirare una riga morale dividendo il mondo in buoni e cattivi”, e credo che cio’ sara’ gia’ un passo avanti notevole.
1) FINANZA, CRISI, DEFAULT: COSA SONO?
La Finanza, senza usare i paroloni tipici dei sapientoni, altro non e’ che una “promessa”, la promessa di un debitore di restituire denaro, remunerando opportunamente un creditore. Per cui, le “aspettative” di un evento spesso sono piu’ importanti dell’evento stesso. Dunque la finanza si basa sulla “fiducia”. La finanza non ha morale: accaduto l’evento, si riadatta alla situazione, e cerca nuovamente il business e la remunerazione.
Le Crisi, altro non sono che momenti di tensione, generati da squilibri tra il soggetto in crisi ed il resto del mondo, che a loro volta generano il timore di non mantenimento della promessa.
Il Default di uno Stato e’ la condizione in cui il governo di un paese non è in grado o si rifiuta di pagare in tutto o in parte il proprio debito. Solitamente il fatto non è improvviso, ma è preceduto da un periodo di difficoltà (una crisi del debito) come quello che vede protagonista la Grecia. Durante le crisi del debito aumenta la pressione dei creditori per prendere misure economiche adeguate, ed in passato il default di uno stato nazionale ha causato anche l’invasione da parte del paese creditore: così ha fatto il Regno Unito nel 1876 e nel 1882 con Turchia ed Egitto. Nella storia, i fallimenti hanno avuto cause apparenti molto varie, come guerre, crollo improvviso dei prezzi dei beni, o un accumulo troppo alto di debito nel corso del tempo. Dal punto di vista finanziario, invece, i segnali d’allarme sono un rialzo eccessivo dei tassi di interesse, ovvero degli interessi che un paese deve promettere per farsi prestare i soldi, oppure l’improvvisa scomparsa della domanda per i titoli di stato di un paese. Altri ancora sono un crollo del valore della moneta nazionale, che rende troppo costoso pagare i debiti espressi in valuta estera.
2) CONSEGUENZE ECONOMICHE DEL DEFAUT
Spesso le conseguenze economiche di un default sono recuperabili in pochi anni, almeno dal punto di vista della ricchezza complessiva dello Stato. Più difficile è recuperare la fiducia degli investitori, soprattutto stranieri, e un default ha comunque conseguenze molto pesanti sui meccanismi del credito e sul sistema bancario. L’impossibilità di pagare i propri debiti rende molto difficile per uno Stato, per molti anni a venire, piazzare titoli sui mercati internazionali senza il sostegno di istituzioni internazionali come la Banca Mondiale o il Fondo Monetario Internazionale.
Solo negli ultimi cinquant’anni ci sono stati 126 casi di default di stati nazionali, alcuni dei quali hanno dichiarato bancarotta più volte: il Venezuela, un caso piuttosto limite, nel 1982, 1990, 1995-1997, 1998 e 2004. Nel 1983 fallirono 17 diversi stati del mondo. I default tendono ad avvenire “a gruppi”, e questo viene spiegato solitamente con il fatto che gli investitori colpiti da un fallimento hanno spesso altri investimenti in altri paesi a rischio, e cercano di venderli per limitare le perdite. Un esempio di fallimenti “a gruppo” sono le prolungate crisi del debito nei paesi sudamericani negli anni Ottanta e Novanta.
Gli effetti di un default vengono spesso recuperati rapidamente sul fronte del PIL dalle economie dei paesi che dichiarano fallimento. Il grafico mostra l’andamento in percentuale del prodotto interno lordo prima (barre azzurre) e dopo il default (barre blu) sulla base di cinque anni. L’Argentina, per esempio, vide ridursi il proprio PIL del 10,9 per cento nell’anno seguente al default del dicembre 2001. Ma le cose iniziarono a migliorare già negli anni seguenti portando a una importante crescita del PIL. Qualcosa di analogo accadde anche a Russia, Uruguay e Indonesia.
In questo nostro viaggio nella Comprensione del Default, possiamo pensare che i default producono generalmente molti disastri prima che l’evento si verifichi, o nell’immediato futuro, ma a medio termine e’ elevata la probabilita’ che la nazione che dichiara il default si riprenda. Insomma, a fare piu’ danni e’ la “promessa di rompere un fidanzamento”, piu’ della rottura dello stesso.
3) COSA HANNO IN COMUNE LE GRANDI CRISI DEGLI STATI CHE POTREBBERO PORTARE O CHE HANNO PORTATO A DEFAULT ?
Le grandi crisi degli Stati che potrebbero portare a default o che hanno portato a Default di una nazione, hanno in comune generalmente alcuni ben precisi elementi:
a) Squilibri dello Stato in questione col resto del mondo (possono essere di vario tipo)
b) Una bilancia dei pagamenti persistentemente passiva (non s’e’ mai verificato un default in una nazione con bilancia dei pagamenti in equilibrio o in attivo), cosa che porta ad un deflusso di capitali. Un conto corrente passivo e’ condizione necessaria ma non sufficiente ad una crisi degli stati.
c) Una “miccia” (magari una causa contingenete interna o esterna, che innesca la crisi generata da quanto ai punti a) e b) di cui sopra)
Quanto sopra implica un imponente deflusso di capitali che ovviamente fa schizzare verso l’alto la “sfiducia” ed ovviamente i Tassi. Non ci credete? Controlliamo.
Notate niente? Quali sono i paesi in crisi, quelli che hanno aumentato il debito o quelli che hanno accumulato persistenti passivi nella Bilancia dei Pagamenti? Lo vedete da voi.
Prendiamo la recente crisi dei Debiti sovrani nell’area Euro e cerchiamo di capirne le cause. L’interpretazione delle cause della crisi data dai Media e passata nell’opinione pubblica e’ connessa all’incremento dei Debiti Pubblici ed all’irresponsabilita’ fiscale. Peccato che facendo una foto nel 1999 ed alcune piu’ recenti, nel 2007, 2011 e 2012, si vede in modo evidente che la spiegazione legata al debito pubblico ed all’irresponsabilita’ fiscale non regge. I paesi colpiti, invece, coincidono perfettamente con gli squilibri cumulati nel conto corrente della bilancia dei pagamenti. L’interpretazione della crisi europea come crisi fortemente connessa agli squilibri nella bilancia dei pagamenti è inoltre suffragata dall’elevato volume di prestiti bancari erogati dai paesi in surplus ai paesi in deficit prima del dispiegarsi della crisi, dalla successiva interruzione di questi flussi finanziari e, quindi, dagli squilibri crescenti del sistema Target 2. Sono stati gli squilibri reali all’interno dell’eurozona ad aver dato origine a flussi di capitale privati che, tuttavia, non hanno contribuito a stimolare un processo di convergenza all’interno dell’eurozona. Con l’ampliarsi degli squilibri e con il successivo manifestarsi della crisi, gli interventi di salvataggio dei governi hanno poi trasformato i debiti da privati a pubblici.
Se invece ci si concentra esclusivamente sulla crisi europea iniziata nel Gennaio 2010, il ruolo del debito pubblico diventa trascurabile, mentre i differenziali di produttività del lavoro emergono come il secondo fattore chiave, insieme alla liquidità del mercato, per spiegare l’ampliarsi degli spread. In sintesi, se è vero che l’irresponsabilità fiscale dei paesi periferici ha certamente contribuito ad aggravare la vulnerabilità dell’UEM, quest’ultima non può essere interpretata unicamente come il risultato di una mancata disciplina fiscale. L’interpretazione della fragilità dell’eurozona come crisi di bilancia dei pagamenti non è necessariamente incompatibile con l’interpretazione fiscale. Pur riconoscendo l’importanza risanamento dei conti pubblici, da perseguire nel lungo periodo, si identifica l’origine della crisi sovrana in un adeguamento insufficiente (e un’inadeguata ripartizione degli oneri dell’aggiustamento) tra paesi in surplus e in deficit nel conto corrente della bilancia dei pagamenti all’interno dell’unione monetaria.
Non è più possibile rinviare la discussione su come impostare una riforma fiscale in ambito europeo. Aggiustamenti redistributivi all’interno dell’eurozona sono stati finora impediti dall’assenza di un meccanismo di trasferimento che sarebbe normalmente presente in Stati sovrani, da tassi di cambio reali che non convergono, e da una bassa crescita economica. Si tratta di problemi annosi, già trattati dai rapporti MacDougall e Delors, che auspicavano la creazione di un considerevole budget fiscale centralizzato per l’eurozona, al fine di stabilizzare shock regionali attraverso la redistribuzione delle risorse tra le regioni. L’alternativa e’ “tana libera tutti”: ognuno per la sua strada ed Euro bye bye.
4) LA QUALITA’ E LA SOSTENIBILITA’ DEI DEBITI PUBBLICI
Ho gia’ affrontato ampiamente l’argomento. Vi invito a leggere l’articolo Analisi di Sostenibilita’ dei DEBITI PUBBLICI dell’Italia, Germania, Francia, Spagna, UK, USA e Giappone
In sintesi l’articolo spiega che non conta in se’ l’ammontare del Debito Pubblico per giudicarne l’affidabilita’ ed il rischio default, ma una moltitudine di parametri ad esso connesso o semplicemente del Paese. Sentir dire che il Paese X finira’ in Default in tempi brevi solamente perche’ ha un ampio debito, quando lo stesso paese ha una “Cassa e Liquidita’ enorme” ed un flusso di cassa positivo generato da costanti attivi della Bilancia dei Pagamenti, mi fa sorridere, francamente.
5) SMONTIAMO UN PO’ DI LUOGHI COMUNI
L’invito ai lettori e’ quello di usare il buon senso. Continueranno ad imbottirvi il cervello di queste robe :
- Da 15 anni in Europa si parla di Rapporto Debito/PIL al 60% e Rapporto Deficit/PIL al 3% che dividono i buoni dai cattivi (ste robe per capirsi le ha imposte qualcuno che aveva un preciso interesse a farlo): che senso hanno tali parametri? Nessuno. Alcuni dei PIIGS sotto attacco nel 2007 erano ben sotto a tali parametri, ma sono stati attaccati, mentre altre nazioni stavano sopra, ma non le ha attaccate nessuno.
- “I debiti sono una cosa brutta, oscena“. Anche questa e’ una roba senza senso. Il Capitalismo si basa sul “credito e sul debito”. La cosa oscena non e’ il debito, senza il quale saremo ancora all’eta’ della pietra (e senza il quale non esisterebbe il credito, per capirsi). Essenziale e’ la sostenibilita’ del debito stesso, ancor piu’ del suo ammontare, e quindi la fiducia sull’emettitore.
- “Il Default e’ la FINE“. Abbiamo visto sopra che non e’ esattamente cosi’: spesso il Default e’ anche un INIZIO. Il Default e’ un evento previsto nelle regole di base del Capitalismo stesso: d’altronde se cosi’ non fosse perche’ a seconda degli emettitori vi sono interessi diversi? Il Default altro non e’ che una possibilita’, un rischio, e come tale non va letto in termini morali, ma come un evento che in particolari condizioni puo’ avvenire.
- “Il Default va evitato in tutti i modi“. Abbiamo visto che il periodo che precede i Default e’ quello piu’ devastante per un paese, spesso un’agonia che distrugge ampie risorse impegnate per difendere uno squilibrio non correggibile o un deflusso di capitali cui non si puo’ far fronte ne’ con la cassa disponibile, ne’ con svalutazioni, ne’ con altri strumenti. E’ preciso interesse di una nazione, agire e fare default, nel caso l’agonia sia eccessivamente lunga.
- “L’Euro o l’adozione di una valuta forte e’ una barriera contro il Default”. E’ vero esattamente il contrario. Molti default sono legati per esempio all’adozione del dollaro, o all’introduzione di cambi fissi. Queste politiche sono l’antitesi del libero mercato, perche’ introducono elementi di rigidita’ artificiali, che col tempo, in presenza di sistemi diversi, necessariamente esplodono. L’Euro stesso (perlomeno la sua introduzione nell’assetto degli ultimi 15 anni in sistemi non armonizzati) e’ un generatore di squilibri, come abbiamo visto, ed e’ esso stesso la causa di crisi. Qui spesso sentir dire “l’Italia dovrebbe fare le riforme e cosi’ potrebbe stare nell’Euro e competere con la Germania“. Ovviamente l’Italia dovrebbe fare le riforme, ma non certo col fine di Germanizzarsi o di permenere in un sistema che necessariamente esplodera’. Pensare infatti che tutti e 17 i paesi dell’Euro diventino identici alla Germania e’ una scemenza colossale, o meglio Comunismo utopico (anche per il solo fatto che non me li vedo 17 paesi tutti con bilancia dei pagamenti attiva del 6% sul PIL): e’ ovvio che ci sara’ sempre qualcuno piu’ debole, ed e’ ovvio che quest’ultimo sara’ sempre attaccato. Il sistema alle spalle dell’Euro non e’ armonizzato e quindi semplicemente avra’ sempre squilibri, e come abbiamo visto le crisi colpiscono sempre le situazioni di squilibrio, con elementi di rigidita’.
6) COME CAPIRE QUANDO REALMENTE UNA NAZIONE PUO’ FARE DEFAULT?
Quando qualche “Intelligentone” vi dice che il Paese X fara’ default entro il tempo Y, controllate queste cosette:
- Conto corrente della Bilancia dei Pagamenti del Paese in questione (nell’ultimo anno e negli ultimi 5 anni). Se il Paese X ha bilancia dei pagamenti attiva o in equilibrio, la possibilita’ di default, e’ vicina allo zero. Il motivo e’ banale: l’economia reale, continua a far affluire denaro nel paese, ed un tale flusso e’ una difesa naturale a qualsiasi default.
- L’andamento dei Tassi di interesse e l’ammontare della Cassa del Paese in questione. Se il Paese X ha tassi molto bassi ed una cassa notevole, la possibilita’ di default, e’ vicina allo zero. Il motivo e’ banale: i mercati ancora non vedono il rischio (ed in genere i mercati sono informati) e la nazione ha parecchie cartucce da sparare.
- Il valore dei CDS
Se poi, il Paese X in questione vede tassi di interesse crescenti, non e’ detto che stia arrivando il Default. Per esempio nell’Eurozona, larga parte dell’aumento dei Tassi di alcuni periferici e’ connesso piu’ alla possibilita’ di rottura dell’Euro, che non al default dello stato stesso.
CONCLUSIONI
Invito i lettori ad un sano pragmatismo. Non credete ai “fantasmi” e siate razionali. Il default non e’ il male, ma e’ semplicemente un evento che puo’ capitare (in certe condizioni, che abbiamo visto) e dopo il quale cambia lo scenario, non necessariamente in peggio. Ovviamente per una nazione come l’Italia, meglio cercare di evitare il default, ma ancor piu’ importante sarebbe evitare un’agonia infinita che precede il default stesso. Il nostro paese, per ridurre drasticamente il rischio default ed agonia, dovrebbe fare cose semplici e di buon senso e tornare al Libero Mercato ed a condizioni di equilibrio. Cio’ significa 3 cose per l’Italia:
– Avere come priorita’ nazionale l’avere una Bilancia dei Pagnamenti equilibrata o attiva
– Eliminare i vincoli di rigidita’ sui cambi, tornando ad una valuta nazionale, senza inserimento in sistema di cambi fissi.
– Lavorare per rendere il sistema pubblico e privato piu’ efficienti e competitivi. In sintesi fare tutte quelle cose di buon senso di cui abbiamo parlato innumerevoli volte sul fronte di spesa pubblica, tasse e riforme.
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Articolo pubblicato il 3 Aprile2013 al 12esimo posto dei 20 Articoli TOP di Scenarieconomici.it degli ultimi 3 mesi. Sono articoli spesso finiti al primo posto nella classifica ebuzzing nella sezione economia.
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By GPG Imperatrice
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